Netanyahu agli Usa: "Israele è pronto a sacrifici dolorosi"
MondoIl premier israeliano si è rivolto al Congresso americano dopo il duro scambio di battute con il presidente Obama. Spiegando però di non avere intenzione di tornare ai confini del '67. La reazione dei palestinesi: "Il suo discorso non porterà alla pace"
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La risposta di Netanyahu: "Impossibile"
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Israele è pronto a compiere "compromessi dolorosi", tra cui la cessione di territori, per giungere alla pace coi palestinesi. Lo ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu davanti al Congresso americano martedì 24 maggio. Rivolgendosi a Camera e Senato, bastioni del sostegno a Israele, dopo un duro scambio di battute la settimana scorsa col presidente americano Barack Obama sui confini di un futuro Stato palestinese, Netanyahu ha ribadito quali sono i suoi termini per arrivare alla pace.
Nelle condizioni poste, il riconoscimento da parte palestinese che Israele è la patria del popolo ebraico e l'annullamento dell'accordo siglato nelle scorse settimane tra il presidente palestinese Mahmoud Abbas, sostenuto dai Paesi occidentali, e i fondamentalisti islamici di Hamas. "Straccia il tuo patto con Hamas e siediti a trattare, fai la pace con lo Stato ebraico", ha detto il premier israeliano, rivolto ad Abbas.
"Sono pronto a fare compromessi dolorosi per raggiungere questa pace storica. Come leader di Israele, è mia responsabilità", ha detto ancora Netanyahu rivolgendosi al Congresso americano. "Al momento non è facile per me. Non lo è, perché capisco che nell'ambito di una vera pace ci verrà chiesto di cedere parti della nostra antica patria", ha aggiunto il leader di destra, facendo riferimento alla Cisgiordania.
Commentando il discorso tenuto da Netanyahu a Washington, un portavoce di Abbas ha detto che la visione del leader israeliano per arrivare alla fine del conflitto coi palestinesi pone "più ostacoli" di fronte al processo di pace per il Medio Oriente. "Ciò che giunge dal discorso di Netanyahu non porterà alla pace", ha commentato con Reuters Nabil Abu Rdainah, portavoce del presidente Mahmoud Abbas, parlando da Ramallah.
Leader dei coloni ebraici e membri del partito di Netanyahu hanno espresso la propria opposizione, la settimana scorsa, ai suoi accenni a un compromesso territoriale. Ma con i colloqui di pace israelo-palestinesi congelati e senza nessuna svolta in vista, la sua coalizione di governo non sembra minimamente in pericolo.
Sebbene davanti al Congresso Netanyahu abbia ammesso implicitamente che Israele cederà alcuni insediamenti ebraici in Cisgiordania, ha detto che altri verranno annessi in un eventuale futuro accordo di pace. "Questo compromesso deve riflettere i drammatici cambiamenti demografici che sono avvenuti dal 1967", ha detto il premier, riferendosi alla costruzione di centinaia di insediamenti da parte di Israele sulle terre che i palestinesi vogliono per il loro stato.
E ribadendo quel che già aveva detto a Obama, Netanyahu ha affermato che "Israele non ritornerà agli indifendibili confini del 1967", cioè quelli che esistevano prima della conquista della Cisgiordania nella guerra di 44 anni fa.
Giovedì scorso Obama aveva provocato la rabbia degli israeliani affermando che uno stato palestinese a Gaza e in Cisgiordania dovrà essere largamente tracciato invece proprio su quei confini.
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Israele è pronto a compiere "compromessi dolorosi", tra cui la cessione di territori, per giungere alla pace coi palestinesi. Lo ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu davanti al Congresso americano martedì 24 maggio. Rivolgendosi a Camera e Senato, bastioni del sostegno a Israele, dopo un duro scambio di battute la settimana scorsa col presidente americano Barack Obama sui confini di un futuro Stato palestinese, Netanyahu ha ribadito quali sono i suoi termini per arrivare alla pace.
Nelle condizioni poste, il riconoscimento da parte palestinese che Israele è la patria del popolo ebraico e l'annullamento dell'accordo siglato nelle scorse settimane tra il presidente palestinese Mahmoud Abbas, sostenuto dai Paesi occidentali, e i fondamentalisti islamici di Hamas. "Straccia il tuo patto con Hamas e siediti a trattare, fai la pace con lo Stato ebraico", ha detto il premier israeliano, rivolto ad Abbas.
"Sono pronto a fare compromessi dolorosi per raggiungere questa pace storica. Come leader di Israele, è mia responsabilità", ha detto ancora Netanyahu rivolgendosi al Congresso americano. "Al momento non è facile per me. Non lo è, perché capisco che nell'ambito di una vera pace ci verrà chiesto di cedere parti della nostra antica patria", ha aggiunto il leader di destra, facendo riferimento alla Cisgiordania.
Commentando il discorso tenuto da Netanyahu a Washington, un portavoce di Abbas ha detto che la visione del leader israeliano per arrivare alla fine del conflitto coi palestinesi pone "più ostacoli" di fronte al processo di pace per il Medio Oriente. "Ciò che giunge dal discorso di Netanyahu non porterà alla pace", ha commentato con Reuters Nabil Abu Rdainah, portavoce del presidente Mahmoud Abbas, parlando da Ramallah.
Leader dei coloni ebraici e membri del partito di Netanyahu hanno espresso la propria opposizione, la settimana scorsa, ai suoi accenni a un compromesso territoriale. Ma con i colloqui di pace israelo-palestinesi congelati e senza nessuna svolta in vista, la sua coalizione di governo non sembra minimamente in pericolo.
Sebbene davanti al Congresso Netanyahu abbia ammesso implicitamente che Israele cederà alcuni insediamenti ebraici in Cisgiordania, ha detto che altri verranno annessi in un eventuale futuro accordo di pace. "Questo compromesso deve riflettere i drammatici cambiamenti demografici che sono avvenuti dal 1967", ha detto il premier, riferendosi alla costruzione di centinaia di insediamenti da parte di Israele sulle terre che i palestinesi vogliono per il loro stato.
E ribadendo quel che già aveva detto a Obama, Netanyahu ha affermato che "Israele non ritornerà agli indifendibili confini del 1967", cioè quelli che esistevano prima della conquista della Cisgiordania nella guerra di 44 anni fa.
Giovedì scorso Obama aveva provocato la rabbia degli israeliani affermando che uno stato palestinese a Gaza e in Cisgiordania dovrà essere largamente tracciato invece proprio su quei confini.