Di lui si sa pochissimo: portava una benda nera sopra l’occhio destro. La guida del movimento islamico integralista è ricercato dal 2001, da quando riuscì a scappare dall’assedio di Kandahar. Sul suo capo, una taglia di 25 milioni di dollari
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Profilo aquilino, barba nera e il viso deturpato dalla perdita dell'occhio destro, che egli stesso si strappò - così raccontano - dopo essere stato colpito da una granata: se non fosse per le poche immagini fatte circolare ad arte, il duro e puro mullah Omar, capo indiscusso dei talebani, leader carismatico e inafferrabile, sarebbe poco più di una leggenda. Nessun giornalista occidentale lo ha mai incontrato, ma i suoi "studenti del Corano", che seminarono terrore e morte durante gli anni dell'emirato islamico in Afghanistan, lo venerano quasi come un dio. In effetti, su quest'uomo alto, nato nei pressi di Kandahar nel 1959 da una povera famiglia pashtun e fondatore di una scuola islamica, nel tempo si sono accavallate notizie e storie di ogni tipo.
Innanzitutto, l'inossidabile fratellanza con Osama Bin Laden, compagno di battaglie nei duri anni della resistenza all'invasore sovietico (si dice che l'ex primula rossa abbia dato in sposa ad Omar la sua figlia maggiore e che abbia preso in moglie una delle figlie del mullah). Fu appunto sulle brulle montagne afghane che Omar venne ferito al volto e, sentito il sangue colargli sulle guance, si cavò l'occhio per continuare il corpo al corpo col nemico rosso. Da allora, era solito coprire l'orbita vuota con una benda nera.
Dopo che i sovietici abbandonarono il Paese, le azioni del Mullah crebbero in patria, fino a farlo acclamare come "il comandante dei fedeli". E quando i suoi uomini si impossessarono dell'Afghanistan nel 1996, il Mullah Omar mostrò a una folla ipnotizzata un mantello chiuso in un baule, indicandolo come quello appartenuto al profeta Maometto. Un gesto che gli valse l'investitura di presidente de facto dei cinque, lunghi anni di dittatura talebana, durante i quali il religioso-combattente si distinse per l'applicazione radicale della sharia e per alcuni scempi culturali, come l'abbattimento delle statue di Budda scavate nella valle di Bamyan.
Anche la fuga dalla sua Kandahar, quando gli americani sferrarono l'operazione Enduring Freedom nel 2001, si tinse di leggenda: il mullah sarebbe riuscito a beffare gli americani scappando in sella a un motocicletta dall'assedio di Baghran. Da allora, nascosto tra le montagne del Pakistan o dell'Afghanistan, ha fatto perdere ogni sua traccia, malgrado la taglia di 25 milioni di dollari posta dagli Stati Uniti sulla sua testa. A parlare per lui i messaggi diffusi dai suoi seguaci e in cui esportava alla resistenza e rendeva onore ai "martiri" qaedisti.
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Dopo che i sovietici abbandonarono il Paese, le azioni del Mullah crebbero in patria, fino a farlo acclamare come "il comandante dei fedeli". E quando i suoi uomini si impossessarono dell'Afghanistan nel 1996, il Mullah Omar mostrò a una folla ipnotizzata un mantello chiuso in un baule, indicandolo come quello appartenuto al profeta Maometto. Un gesto che gli valse l'investitura di presidente de facto dei cinque, lunghi anni di dittatura talebana, durante i quali il religioso-combattente si distinse per l'applicazione radicale della sharia e per alcuni scempi culturali, come l'abbattimento delle statue di Budda scavate nella valle di Bamyan.
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