Bin Laden, le reazioni online dal mondo arabo e dal Pakistan

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Rabbia e desiderio di vendetta nei forum jihadisti. Ma nella gran parte dei commenti provenienti dai paesi dell’Islam moderato prevale un cauto ottimismo insieme alla consapevolezza che per l’Afghanistan e il Pakistan cambierà davvero poco

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di Nicola Bruno


“O Allah, fa’ che non sia vero”. “La Jihad non si fermerà con la morte dello Sceicco. Continuerà fino alla vittoria”. “Se è vero allora dobbiamo ringraziare Allah che l’America non è riuscita a catturarlo vivo. Altrimenti lo avrebbe umiliato come ha fatto con Saddam Hussein”.

Sono questi alcuni dei messaggi pubblicati sui più noti forum jihadisti, come As-ansar, Al-Jahad e Islamic Awakening in reazione alla morte di Osama bin Laden. A raccoglierli e tradurli ci ha pensato lo studioso Aaron Y. Zelin, offrendo così uno spaccato in tempo reale di quali sono le reazioni tra le fila più vicine al movimento di Osama bin Laden.

Se all’inizio in molti hanno messo in dubbio la morte del leader di al-Qaeda (anche in base ad un’analisi della foto poi rivelatasi falsa), col passare delle ore a farla da padrone è stata la rabbia (“Spero che Allah mandi un terremoto (negli Stati Uniti, NdR)”) e il desiderio di vendetta (“Possa Allah darci altri mille Osama”).
E se negli Stati Uniti la notizia è stata accolta come la giusta ricompensa per un terrorista “degno di andare all’inferno”, sui forum dell’islam radicale è la sua natura di “martire” ad essere esaltata: “Possa Allah far crescere il tuo rango in Jannah (l’equivalente del Paradiso cristiano, NdR)”.

Su altri forum, riporta AdnKronos, è poi “aperto il dibattito sull'opportunità di svolgere una preghiera funebre in suo onore, prima che al-Qaeda confermi ufficialmente la sua morte”.
La rabbia presente sui forum jihadisti fa il paio con quella espressa da Hamas, il "Movimento di Resistenza" palestinese che ha apertamente condannato l’assassinio di un “santo combattente arabo”.

Eppure, se solo si sposta lo sguardo dai forum jihadisti, negli ambienti arabi più moderati a prevalere sono tutt’altri sentimenti: “Un momento agrodolce - scrive The Arabist, uno dei più influenti blog egiziani - Meritava di morire, ma ci è voluto troppo tempo per prenderlo, nonostante i miliardi spesi in servizi di intelligence e gadget di difesa hi-tech. La sua morte è però arrivata in un momento in cui è del tutto irrilevante per i problemi della regione (...). Io credo nel desiderio di vendetta. Simbolicamente è importante per gli Stati Uniti e le famiglie delle vittime dell’11 Settembre 2011. Speriamo che sia un’occasione per far voltare pagina alla politica estera statunitense”. Molti problemi, però, restano all’ordine del giorno, secondo The Arabist: “Innanzitutto, dov’è Ayman Zawahiri? E poi, la complicità tra bin Laden e il Pakistan è davvero indecente...”.

Un’interpretazione dei fatti che è in linea con le prime testimonianze dal mondo arabo raccolte a Cairo da The Guardian: “Spero che la notizia sia vera, ma se anche lo è mica questo significa che Al Qaeda è finita? Ci sono un milione di persone come loro. Probabilmente sono già qui tra di noi”, ha spiegato al quotidiano inglese un impiegato egiziano.

Le ripercussioni dell’omicidio di bin Laden sulla sicurezza del Pakistan sono al centro dell’analisi di Ahsan Butt, giornalista di Asian Correspondent: “Per il nostro paese significa solo più attacchi suicida. Ogni qual volta c’è un cosiddetto ‘successo’ in questa guerra, dalla ‘liberazione’ di Lal Msjid all’uccisione di Baitullah Mehsud, c’è sempre stato un aumento della violenza, dal momento che i gruppi militanti cercano di dimostrare che loro ci sono sempre e non scompariranno facilmente. Non ho nessun motivo per credere che questo cambierà”.

Altri blogger pakistani rilanciati da Global Voices Online sollevano il problema delle collusioni tra le proprie gerarchie militari e al-Qaeda: “Osama Bin Laden si trovava vicino all’Accademia Militare Pakistana. Era lì perché protetto dai nostri servizi segreti (ISI)? Oppure i militari sapevano che si trovava lì e hanno aiutato gli Stati Uniti a monitorare la sua presenza? (...) Le domande sono infinite, così come la speculazione”, scrive Changing Up Pakistan.

Ad ogni modo, visto dall’altra parte degli Stati Uniti, l’evento dell’anno non sembra infervorare più di tanto gli animi: “Cambierà qualcosa per noi? Per l’Afghanistan, il Pakistan? Fermeranno tutto il sangue causato dai attacchi dei droni? No, no e no”, scrive su Twitter l’attivista pakistana Mehreen Kasana.

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