In una lettera congiunta, pubblicata su quotidiani internazionali, i tre leader lanciano il monito. Berlusconi: l'Italia non parteciperà ai bombardamenti. Il rais, intanto, torna tra le strade della capitale
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Il monito dei leader - I leader di Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti hanno promesso di continuare la campagna militare in Libia finché Muammar Gheddafi non lascerà il potere, mentre i ribelli hanno detto che le forze governative hanno colpito Misurata con missili.
In un articolo firmato congiuntamente e pubblicato su International Herald Tribune, Le Figaro e dal Times di Londra, con il titolo "Il percorso della Libia verso la pace", il presidente Usa Barack Obama, il primo ministro britannico David Cameron e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno detto che lasciare Gheddafi al potere sarebbe un "ingiustificabile tradimento" del popolo libico. "E' impensabile che qualcuno che abbia tentato di massacrare il suo stesso popolo possa far parte di un futuro governo", hanno scritto i leader. "Finché Gheddafi sarà al potere, la Nato e i partner della coalizione devono continuare le loro operazioni così che i civili siano protetti e continui la pressione sul regime", hanno detto i tre leader mondiali. "In seguito potrà cominciare davvero una genuina transizione dalla dittatura verso un processo costituzionale aperto, guidato da una nuova generazione di leader. Affinché questa transizione abbia successo, il colonnello Gheddafi deve andarsene e andarsene per sempre".
La difesa del Colonnello - La reazione da parte della fazione di Gheddafi non si è fatta attendere e la figlia del leader libico Aisha ha detto, durante una manifestazione nell'edificio bombardato dagli americani nel 1986, che chiedere l'uscita di scena del padre è un insulto al popolo libico. "Parlare delle dimissioni di Gheddafi è un insulto a tutti i libici perché Gheddafi non è in Libia, ma nei cuori di tutti i libici", ha detto Aisha in un discorso trasmesso dalla tv libica per commemorare il 25esimo anniversario del bombardamento americano.
Berlusconi: l'Italia non bombarderà - L'Italia, intanto, mantiene la linea sulla Libia che non prevede partecipazioni dirette ai bombardamenti. E' quanto è emerso durante il Consiglio dei ministri di venerdì 15 aprile, nel corso del quale, secondo quanto riferito da fonti di governo, il premier Silvio Berlusconi ha detto: "Facciamo già abbastanza".
"Proseguiamo come abbiamo fatto finora - dichiara inoltre il ministro della Difesa Ignazio La Russa - L'intero governo è stato concorde nel ritenere che l'attuale linea dell'Italia sia quella giusta e non pensiamo di modificare il nostro apporto alle operazioni militari in
Libia":
Libia, cronaca del conflitto - Sul campo continua l'azione della Nato sulla Libia. Nella giornata di giovedì 14 aprile la coalizione ha bombardato la capitale Tripoli. La risposta del raìs è stata quella di apparire nuovamente in pubblico per mostrare che la situazione è ancora sotto il suo controllo. Il Colonnello, infatti, ha sfilato per le strade dlla sua città a bordo di una decapottabile, accolto dalla folla.
Diversa, invece, la situazione nell'altra principale città del paese, Misurata. Il centro libico, infatti, può essere a tutti gli effetti considerato centro martire del conflitto.
I ribelli libici hanno infatti denunciato che l'attacco delle forze lealiste a un quartiere
residenziale di Misurata ha causato giovedì 14 aprile 23 vittime civili e che il pesante bombardamento sulla città portuale ha portato alla chiusura del porto. Secondo un portavoce, le truppe fedeli a Muammar Gheddafi sembrano aver deliberatamente aver preso di mira i civili; e la maggior parte delle vittime sono donne e bambini, insieme a tre migranti egiziani che attendevano di essere evacuati. "Ci sarà un massacro se la Nato non interverrà con forza", ha detto un portavoce, identificatosi come Abdelsalam.
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In un articolo firmato congiuntamente e pubblicato su International Herald Tribune, Le Figaro e dal Times di Londra, con il titolo "Il percorso della Libia verso la pace", il presidente Usa Barack Obama, il primo ministro britannico David Cameron e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno detto che lasciare Gheddafi al potere sarebbe un "ingiustificabile tradimento" del popolo libico. "E' impensabile che qualcuno che abbia tentato di massacrare il suo stesso popolo possa far parte di un futuro governo", hanno scritto i leader. "Finché Gheddafi sarà al potere, la Nato e i partner della coalizione devono continuare le loro operazioni così che i civili siano protetti e continui la pressione sul regime", hanno detto i tre leader mondiali. "In seguito potrà cominciare davvero una genuina transizione dalla dittatura verso un processo costituzionale aperto, guidato da una nuova generazione di leader. Affinché questa transizione abbia successo, il colonnello Gheddafi deve andarsene e andarsene per sempre".
La difesa del Colonnello - La reazione da parte della fazione di Gheddafi non si è fatta attendere e la figlia del leader libico Aisha ha detto, durante una manifestazione nell'edificio bombardato dagli americani nel 1986, che chiedere l'uscita di scena del padre è un insulto al popolo libico. "Parlare delle dimissioni di Gheddafi è un insulto a tutti i libici perché Gheddafi non è in Libia, ma nei cuori di tutti i libici", ha detto Aisha in un discorso trasmesso dalla tv libica per commemorare il 25esimo anniversario del bombardamento americano.
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Diversa, invece, la situazione nell'altra principale città del paese, Misurata. Il centro libico, infatti, può essere a tutti gli effetti considerato centro martire del conflitto.
I ribelli libici hanno infatti denunciato che l'attacco delle forze lealiste a un quartiere
residenziale di Misurata ha causato giovedì 14 aprile 23 vittime civili e che il pesante bombardamento sulla città portuale ha portato alla chiusura del porto. Secondo un portavoce, le truppe fedeli a Muammar Gheddafi sembrano aver deliberatamente aver preso di mira i civili; e la maggior parte delle vittime sono donne e bambini, insieme a tre migranti egiziani che attendevano di essere evacuati. "Ci sarà un massacro se la Nato non interverrà con forza", ha detto un portavoce, identificatosi come Abdelsalam.