Tra retromarcia sul nucleare e isolamento sulla guerra in Libia la Cancelliera tedesca si trova ad affrontare i giorni più duri della sua carriera politica. Sul piatto le elezioni regionali del 27 marzo, che potrebbero segnare l'inizio della sua fine
di David Saltuari
Angela Merkel si trova ad affrontare forse il momento più buio della sua carriera politica. Non ha fatto in tempo a uscire, con fatica, dallo scandalo della tesi copiata del suo ministro della Difesa Guttenberg, che si è trovata, nell'arco di una settimana, a dover gestire gli effetti nazionali di due tra le più importanti crisi internazionali degli ultimi dieci anni: il disastro di Fukushima e la crisi libica. E tutto questo in vista delle importanti elezioni locali in Renania Palatinato e nel Baden Wurttenberg, dove la Cdu rischierà di uscire sconfitta nonostante l'inarrestabile crisi decennale della Spd. Una serie di eventi che sono costati al governo tedesco decisioni bocciate sia dalla stampa che dall'opinione pubblica.
Retromarcia sul nucleare - Il momento di difficoltà di Frau Merkel ha inizio il 14 marzo quando, nel momento in cui la tragedia di Fukushima diventa chiara a tutto il mondo, la Cancelliera annuncia al Bundestag (qui il video) l'intenzione di sospendere l'attività delle centrali nucleari tedesche più vecchie. Una giravolta che stupisce, se si pensa che neanche un anno fa il suo Governo si era duramente battuto per la decisione opposta. Contro le critiche di Verdi e di buona parte dell'opinione pubblica lo scorso settembre la Merkel aveva deciso di prolungare di circa una dozzina di anni la vita degli impianti tedeschi (costruiti quasi tutti negli anni Settanta). Una battaglia particolarmente dura che aveva visto centinaia di manifestanti scendere per le strade delle città tedesche e bloccare i convogli con le scorie radioattive. Il governo si è rimangiata la scelta nell'arco di pochissimi giorni. Un cambio di strategia troppo repentino, secondo la Sueddeutsche Zeitung, per non sollevare qualche sospetto. Le immagini del Giappone stavano sconvolgendo il mondo, tanto che anche il settimanale Der Spiegel scriveva che l'incidente di Fukushima sarebbe stato l'undici settembre dell'era atomica. Ma nei calcoli politici della Cancelliera pesano soprattutto le centrali di Neckarwestheim, nel Baden Wurttenberg, land nel quale si voterà domenica e dove il sessantennale dominio della Cdu è in crisi e dove si trovano ben due centrali nucleari. I motivi elettorali della svolta, vengono confermati con una gaffe dal ministro dell'economia Bruderle che, in un incontro con la confindustria tedesca, per tranquillizzare gli imprenditori, si è lasciato sfuggire che "la moratoria è solo tattica elettorale". L'opinione pubblica in Germania, infatti, nonostante il paese sia una delle potenze europee del nucleare (terza per numero di impianti dopo Francia e Gran Bretagna) ha sempre guardato con sospetto all'atomo. Una tattica sul breve periodo, però, che alla Cancelliera non sembra aver portato benefici nei sondaggi e che le ha procurato una tirata d'orecchie dal suo mentore Helmut Kohl.
Sulla Libia la Germania resta sola - Come se non bastasse è arrivata la crisi libica, e poi la guerra. Il governo Merkel ha inizialmente lodato e guardato con favore alle rivolte del mondo arabo. Guido Westerwelle, ministro degli Esteri ed esponente del partito liberale, era anche andato, appena caduto Mubarak, al Cairo per un bagno di folla in piazza Tahrir. E sulla Libia, intervistato da Der Spiegel il ministro era stato chiaro: "Gheddafi deve andarsene". Ma quando è diventato evidente che la rivolta nel paese nordafricano necessitava di un intervento armato delle forze occidentali, alla maggioranza del governo tedesco si deve essere presentata l'immagine delle elezioni federali del 2002: quando grazie a una scelta di non intervento nella guerra in Iraq la Spd risalì nei sondaggi e battè i favoriti cristiano democratici di Edmund Stoiber. Così, chiamato a dare il suo voto sulla risoluzione Onu 1973, Westerwelle decide di astenersi allineandosi con paesi come la Russia e la Cina. Non solo, secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung il ministro degli Esteri aveva addirittura intenzione di votare contro e si sarebbe lasciato convincere all'astensione solo all'ultimo momento. "La politica estera tedesca è diventata una farsa" ha scritto senza pietà l'ex ministro degli Esteri Joskha Fisher, secondo cui i miopi disegni elettorali della Merkel sarebbero costati, per sempre, l'ipotesi di un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Ma non è solo l'ex politico verde a mettersi le mani nei capelli. Malumori e maldipancia sono ormai evidenti anche tra molti esponenti della Cdu e della Fdp.
Una sconfitta elettorale che sembra inevitabile - E i prezzi che la Merkel sta cercando pagare all'elettorato tedesco potrebbero non bastare. Domenica 27 marzo si voterà infatti in Renania Palatinato e nel Baden Wurttenberg. Il primo dei due lander è da sedici anni saldamente in mano ai socialdemocratici. Come già successo in vari altri parlamenti regionali anche qui la Spd si vede insidiata dall'ascesa dei verdi ed è probabile che Kurt Beck, dal 1991 governatore del Land, da lunedì sarà costretto a passare da un monocolore a una coalizione rosso-verde. La Cdu qui, si limita a fare da spettatore e, secondo i sondaggi, perderà a malapena un punto percentuale. A spaventare il partito della Merkel, però, è il Baden Wurttenberg, land meridionale vicino alla Baviera. Nonostante la retromarcia sul nucleare e l'isolamento dal resto dell'Europa sull'intervento in Libia, il futuro per la Cdu sembra nero. Verdi ed Spd potrebbero conquistare il 48 percento dei consensi, garantendosi così la maggioranza del Landstag, il parlamento locale. Una rivoluzione epocale in un land che vede i cristiano democratici al potere ininterrottamente dal dopoguerra ad oggi. Un risultato che, unito alle deludenti elezioni di Hannover e in Sassonia-Anhalt e alla luce dei sondaggi sempre più impietosi a livello federali, potrebbe segnare l'inizio della fine dell'era Merkel.
Angela Merkel si trova ad affrontare forse il momento più buio della sua carriera politica. Non ha fatto in tempo a uscire, con fatica, dallo scandalo della tesi copiata del suo ministro della Difesa Guttenberg, che si è trovata, nell'arco di una settimana, a dover gestire gli effetti nazionali di due tra le più importanti crisi internazionali degli ultimi dieci anni: il disastro di Fukushima e la crisi libica. E tutto questo in vista delle importanti elezioni locali in Renania Palatinato e nel Baden Wurttenberg, dove la Cdu rischierà di uscire sconfitta nonostante l'inarrestabile crisi decennale della Spd. Una serie di eventi che sono costati al governo tedesco decisioni bocciate sia dalla stampa che dall'opinione pubblica.
Retromarcia sul nucleare - Il momento di difficoltà di Frau Merkel ha inizio il 14 marzo quando, nel momento in cui la tragedia di Fukushima diventa chiara a tutto il mondo, la Cancelliera annuncia al Bundestag (qui il video) l'intenzione di sospendere l'attività delle centrali nucleari tedesche più vecchie. Una giravolta che stupisce, se si pensa che neanche un anno fa il suo Governo si era duramente battuto per la decisione opposta. Contro le critiche di Verdi e di buona parte dell'opinione pubblica lo scorso settembre la Merkel aveva deciso di prolungare di circa una dozzina di anni la vita degli impianti tedeschi (costruiti quasi tutti negli anni Settanta). Una battaglia particolarmente dura che aveva visto centinaia di manifestanti scendere per le strade delle città tedesche e bloccare i convogli con le scorie radioattive. Il governo si è rimangiata la scelta nell'arco di pochissimi giorni. Un cambio di strategia troppo repentino, secondo la Sueddeutsche Zeitung, per non sollevare qualche sospetto. Le immagini del Giappone stavano sconvolgendo il mondo, tanto che anche il settimanale Der Spiegel scriveva che l'incidente di Fukushima sarebbe stato l'undici settembre dell'era atomica. Ma nei calcoli politici della Cancelliera pesano soprattutto le centrali di Neckarwestheim, nel Baden Wurttenberg, land nel quale si voterà domenica e dove il sessantennale dominio della Cdu è in crisi e dove si trovano ben due centrali nucleari. I motivi elettorali della svolta, vengono confermati con una gaffe dal ministro dell'economia Bruderle che, in un incontro con la confindustria tedesca, per tranquillizzare gli imprenditori, si è lasciato sfuggire che "la moratoria è solo tattica elettorale". L'opinione pubblica in Germania, infatti, nonostante il paese sia una delle potenze europee del nucleare (terza per numero di impianti dopo Francia e Gran Bretagna) ha sempre guardato con sospetto all'atomo. Una tattica sul breve periodo, però, che alla Cancelliera non sembra aver portato benefici nei sondaggi e che le ha procurato una tirata d'orecchie dal suo mentore Helmut Kohl.
Sulla Libia la Germania resta sola - Come se non bastasse è arrivata la crisi libica, e poi la guerra. Il governo Merkel ha inizialmente lodato e guardato con favore alle rivolte del mondo arabo. Guido Westerwelle, ministro degli Esteri ed esponente del partito liberale, era anche andato, appena caduto Mubarak, al Cairo per un bagno di folla in piazza Tahrir. E sulla Libia, intervistato da Der Spiegel il ministro era stato chiaro: "Gheddafi deve andarsene". Ma quando è diventato evidente che la rivolta nel paese nordafricano necessitava di un intervento armato delle forze occidentali, alla maggioranza del governo tedesco si deve essere presentata l'immagine delle elezioni federali del 2002: quando grazie a una scelta di non intervento nella guerra in Iraq la Spd risalì nei sondaggi e battè i favoriti cristiano democratici di Edmund Stoiber. Così, chiamato a dare il suo voto sulla risoluzione Onu 1973, Westerwelle decide di astenersi allineandosi con paesi come la Russia e la Cina. Non solo, secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung il ministro degli Esteri aveva addirittura intenzione di votare contro e si sarebbe lasciato convincere all'astensione solo all'ultimo momento. "La politica estera tedesca è diventata una farsa" ha scritto senza pietà l'ex ministro degli Esteri Joskha Fisher, secondo cui i miopi disegni elettorali della Merkel sarebbero costati, per sempre, l'ipotesi di un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Ma non è solo l'ex politico verde a mettersi le mani nei capelli. Malumori e maldipancia sono ormai evidenti anche tra molti esponenti della Cdu e della Fdp.
Una sconfitta elettorale che sembra inevitabile - E i prezzi che la Merkel sta cercando pagare all'elettorato tedesco potrebbero non bastare. Domenica 27 marzo si voterà infatti in Renania Palatinato e nel Baden Wurttenberg. Il primo dei due lander è da sedici anni saldamente in mano ai socialdemocratici. Come già successo in vari altri parlamenti regionali anche qui la Spd si vede insidiata dall'ascesa dei verdi ed è probabile che Kurt Beck, dal 1991 governatore del Land, da lunedì sarà costretto a passare da un monocolore a una coalizione rosso-verde. La Cdu qui, si limita a fare da spettatore e, secondo i sondaggi, perderà a malapena un punto percentuale. A spaventare il partito della Merkel, però, è il Baden Wurttenberg, land meridionale vicino alla Baviera. Nonostante la retromarcia sul nucleare e l'isolamento dal resto dell'Europa sull'intervento in Libia, il futuro per la Cdu sembra nero. Verdi ed Spd potrebbero conquistare il 48 percento dei consensi, garantendosi così la maggioranza del Landstag, il parlamento locale. Una rivoluzione epocale in un land che vede i cristiano democratici al potere ininterrottamente dal dopoguerra ad oggi. Un risultato che, unito alle deludenti elezioni di Hannover e in Sassonia-Anhalt e alla luce dei sondaggi sempre più impietosi a livello federali, potrebbe segnare l'inizio della fine dell'era Merkel.