Fa l'ingegnere, ha 39 anni. Era a Sumatra, nel 2004, quando l'onda anomala costò la vita a 168mila persone. E si trovava a Sendai durante il violento sisma che ha colpito il Giappone. Ora è tornato in Indonesia
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(in fondo al pezzo tutti i video dal Giappone)
Può davvero definirsi un miracolato Zahur Fuadi, ingegnere indonesiano di 39 anni originario di Aceh, provincia situata all'estremità settentrionale dell'isola di Sumatra: come lui stesso ha ammesso, infatti, ben poche persone al mondo hanno dovuto affrontare due 'tsunami', uno in patria e l'altro in Giappone, e sono poi state in grado di raccontarlo.
"Sono sopravvissuto a due disastri monumentali. Nutro una grande riconoscenza, non sono molti coloro che hanno sperimentato due catastrofi e ce l'hanno fatta", ha dichiarato.
Il primo tsunami, a Sumatra - Il 26 dicembre 2004 Fuadi si trovava con la sua famiglia nel natio villaggio di Simpang Mesra, alle porte del capoluogo Banda Aceh, quando vide arrivare la gigantesca valanga d'acqua sollevata da un terremoto di magnitudo 9,1, che soltanto nel suo Paese uccise 168.000 persone, per poi seminare morte e distruzione da un capo all'altro dell'Oceano Indiano.
Lui, la moglie e i loro due bambini riuscirono a cavarsela fuggendo in sella a una moto: "Siamo andati lontanissimo", ha ricordato l'uomo. "Avevamo una paura tremenda". La loro casa fu spazzata via.
Il secondo tsnuami, in Giappone - Qualche tempo dopo Fuadi ottenne però una borsa di studio presso l'Università 'Tohoku' di Sendai, in Giappone, e si trasferì là con i congiunti per completare un dottorato di ricerca.
Venerdì 11 marzo stava seguendo un seminario al terzo piano di un istituto di specializzazione, quando si scatenò il sisma di magnitudo 9.0 che avrebbe provocato la devastazione della città nipponica, tra le più colpite.
"Temevo che sarebbe crollato tutto", ha spiegato. "Invece danni significativi non ce ne sono stati, non si sono neppure rotti i vetri alle finestre".
Lo stesso è accaduto nel dormitorio dove abitava: "C'erano solo un po' di piatti spaccati, e libri sparsi per terra", ha minimizzato.
Quanto all'onda anomala, trovandosi l'ateneo a una ventina di chilometri dalla costa, lo lambì soltanto.
Martedì 15 marzo l'uomo è rientrato in Indonesia, ma vorrebbe tornare a Sendai "perché ho del lavoro da finire". Il problema è che, se in generale "mi fanno più paura i terremoti degli 'tsunami'", ha precisato, "adesso sono le radiazioni nucleari quello che temo di più". Auguri.
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Può davvero definirsi un miracolato Zahur Fuadi, ingegnere indonesiano di 39 anni originario di Aceh, provincia situata all'estremità settentrionale dell'isola di Sumatra: come lui stesso ha ammesso, infatti, ben poche persone al mondo hanno dovuto affrontare due 'tsunami', uno in patria e l'altro in Giappone, e sono poi state in grado di raccontarlo.
"Sono sopravvissuto a due disastri monumentali. Nutro una grande riconoscenza, non sono molti coloro che hanno sperimentato due catastrofi e ce l'hanno fatta", ha dichiarato.
Il primo tsunami, a Sumatra - Il 26 dicembre 2004 Fuadi si trovava con la sua famiglia nel natio villaggio di Simpang Mesra, alle porte del capoluogo Banda Aceh, quando vide arrivare la gigantesca valanga d'acqua sollevata da un terremoto di magnitudo 9,1, che soltanto nel suo Paese uccise 168.000 persone, per poi seminare morte e distruzione da un capo all'altro dell'Oceano Indiano.
Lui, la moglie e i loro due bambini riuscirono a cavarsela fuggendo in sella a una moto: "Siamo andati lontanissimo", ha ricordato l'uomo. "Avevamo una paura tremenda". La loro casa fu spazzata via.
Il secondo tsnuami, in Giappone - Qualche tempo dopo Fuadi ottenne però una borsa di studio presso l'Università 'Tohoku' di Sendai, in Giappone, e si trasferì là con i congiunti per completare un dottorato di ricerca.
Venerdì 11 marzo stava seguendo un seminario al terzo piano di un istituto di specializzazione, quando si scatenò il sisma di magnitudo 9.0 che avrebbe provocato la devastazione della città nipponica, tra le più colpite.
"Temevo che sarebbe crollato tutto", ha spiegato. "Invece danni significativi non ce ne sono stati, non si sono neppure rotti i vetri alle finestre".
Lo stesso è accaduto nel dormitorio dove abitava: "C'erano solo un po' di piatti spaccati, e libri sparsi per terra", ha minimizzato.
Quanto all'onda anomala, trovandosi l'ateneo a una ventina di chilometri dalla costa, lo lambì soltanto.
Martedì 15 marzo l'uomo è rientrato in Indonesia, ma vorrebbe tornare a Sendai "perché ho del lavoro da finire". Il problema è che, se in generale "mi fanno più paura i terremoti degli 'tsunami'", ha precisato, "adesso sono le radiazioni nucleari quello che temo di più". Auguri.