In Libia è guerra civile. Voci su Gheddafi in fuga

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Il colonnello Muammar Gheddafi, al potere in Libia dal 1 settembre 1969
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Manifestazioni represse nel sangue a Bengasi, la protesta arriva nella Capitale. Al Jazeera: il Rais potrebbe essere scappato in Venezuela. In tv il figlio Saif El Islam: "I media manipolano le informazioni, è un complotto, ma vinceremo". IL VIDEO

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Scontri violenti fra migliaia di manifestanti dell'opposizione e sostenitori del regime di Muammar Gheddafi si sono verificati nella serata di domenica a Tripoli. Lo ha annunciato  la tv Al Jazeera che ha anche riportato la vce secondo cui il colonnello sarebbe fuggito all'estero.
A mezzanotte è apparso in tv Saif El islam Gheddafi, il figlio del Rais (guarda il video). Accreditato come incarnazione dell'ala "riformista" del regime, Seif, 38 anni, ha studiato a Londra alla London School of Economics ed è stato considerato il promotore della normalizzazione dei rapporti fra Tripoli e l'Occidente.
In tv ha dichiarato: "La gente sta solo copiando la rivolta egiziana e tunisina rilanciata dai social network. Nel Paese ci sono infiltrati stranieri. Ma se la gente ha ragione di arrabbiarsi per le vittime, i media stanno esagerando il bilancio e manipolando l'informazione". E ha attaccato: "C'è un complotto per frammentare il Paese e i fratelli arabi stanno seduti a guardare mentre la Libia brucia". Puntando il dito contro la telecamera ha avvertito: "Siamo a  un punto di svolta, dobbiamo prendere importanti decisioni. La crisi della Libia può avere conseguenze gravi per tutti" e ha elencato gli impatti sull'ordine politico di tutta la regione, i flussi migratori, l'estrazione del petrolio.

Come Mubarak nel suo ultimo dscorso, anche il figlio di Gheddafi ha promesso una road map di riforme, la stesura di una Costituzione e una immediata riunione del consiglio per attuare delle riforme, ma ha ribadito: "Il petrolio è l'unica cosa che unisce i libici: se si divide il Paese, si perde tutto". E ha aggiunto: "Paesi europei e Usa hanno solo interessi imperialistici".  Infine ha assicurato che il padre-rais "dirige la battaglia a Tripoli": "vinceremo" contro il nemico, ha detto, e "non cederemo un pollice del territorio libico"

Intanto nelle strade di Tripoli la polizia è intervenuta lanciando lacrimogeni sui manifestanti nel quartiere di Gurgi. Secondo al Jazeera il confronto  tra i filo-Gheddafi e gli oppositori si è concentrato  nella piazza Verde. "Ci sono delle manifestazioni. Si sentono slogan contro il regime e degli spari. I gas lacrimogeni hanno invaso la mia casa", ha dichiarato all'Afp un testimone che ha chiesto l'anonimato. Un altro testimone racconta all'agenzia di aver visto all' inizio della serata pneumatici bruciare in un quartiere occidentale della capitale libica.

Con la rete internet bloccata e i giornalisti stranieri tenuti fuori dal Paese, è attraverso queste frammentarie testimonianze e le comunicazioni che faticosamente superano la censura online che l'Europa e il mondo intero seguono gli effetti dell'ondata di protesta che - dopo Tunisia ed Egitto - sta adesso mettendo in discussione il regime libico nelle mani di Gheddafi dal 1 settembre 1969, quando l'allora 27enne colonnello guidò un colpo di stato.

Lo scontro si sposta dunque ora nel cuore del potere libico, nella Capitale, dopo che le proteste si erano sviluppate soprattutto a Est. Le repressione  è stata durissima nella città di Bengasi dove si sono contate quasi 300 vittime, ma la proclamata liberazione della città della Cirenaica, annunciata da unità militari passate dalle parte dei manifestanti, deve aver incoraggiato anche i residenti della capitale.
Non mancano in rete testimonianze video molto crude dei linciaggi contro i "mercenari africani" arruolati dal regime che, catturati dai manifestanti, vengono torturati e uccisi. La tensione nel Paese è altissima.

Mentre emissari della diplomazia fedele a Gheddafi hanno ricattato l'Europa invitandola a non appoggiare la rivolta se non avesse voluto avere impatti disastrosi sul fronte dei flussi migratori, l'impressione è che il potere del Rais si stia sgretolando: uno dei capi tribali del Paese ha minacciato di far sospendere le esportazioni di petrolio se il regime continua a soffocare la rivolta nella violenza.
Il rappresentante libico alla Lega Araba, Abdel Moneim al-Honi, ha rinunciato al suo incarico annunciando ai giornalisti, al Cairo, di volersi "unire ai rivoltosi" per protestare contro "gli atti di repressione e di violenza contro i manifestanti". Altri capi tribali hanno condannato le violenze.
Mentre la folla nelle strade di Tripoli si faceva sempre più numerosa, la rete satellitare Al Jazeera ha trasmesso un collegamento con il suo corrispondente da Tripoli che ha riportato lavoce secondo cui Gheddafi avrebbe lasciato il Paese per rifugiarsi in Venezuela. Un'ipotesi rilanciata poi anche da Al Arabiya e Bbc.

Evidentemente la situazione è precipitata. Dalle corrispondenze frammentarie che le tv arabe riescono a raccogliere emergerebbero anche uccisioni tra la cerchia più stretta del potere libico. Una sorta di resa dei conti finale, anche se al momento mancano conferme e la possibilità di verifiche a qualsiasi livello.

Dall'inizio della crisi libica il leader del Paese, Muammar Gheddafi, non ha fatto alcuna dichiarazione pubblica ufficiale.

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