Wael Ghonim aveva creato il gruppo su Facebook per coordinare la manifestazione del 25 febbraio. E' stato arrestato e tenuto bendato per 12 giorni. Celebrato in piazza e su Internet è scoppiato in lacrime durante un'intervista in tv. GUARDA IL VIDEO
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Leader in piazza, leader in tv. Wael Ghonim, dirigente locale di Google è diventato il nuovo simbolo della rivolta egiziana contro il presidente Hosni Mubarak. Arrestato dalla polizia e rilasciato dopo 12 giorni di prigionia Ghonim ha potuto fare, martedì 8, il suo ingresso da eroe sulla piazza Tahrir, dove nel pomeriggio si sono radunate molte centinaia di migliaia di persone. Di sicuro oltre mezzo milione, secondo alcune stime, probabilmente una delle più massicce manifestazioni sin dall'inizio della rivolta. "Non sono io l'eroe. Siete voi gli eroi, che siete rimasti qui in piazza", ha risposto Ghonim alla folla che lo acclamava urlando "Viva l'Egitto".
Il manager ha concesso poi un'intervista a una tv indipendente egiziana confermando di aver creato su Facebook il gruppo che coordinava il corteo del 25 febbraio. E sempre sul social network sono nate delle pagine con migliaia di iscritti che celebrano l'attivista.
Durante l'intervista però Ghonim, che per diversi giorni è rimasto bendato, è anche scoppiato a piangere appena gli è stato comunicato il numero delle vittime della rivolta (guarda il video in alto).
Secondo la ong Human Rights Watch sono almeno 297 le persone uccise durante le manifestazioni antigovernative cominciate dal 25 gennaio: 232 morti al Cairo, 52 a Alessandria (nord) e 13 a Suez (est). La gran parte hanno perso la vita il 28 e il 29 gennaio, colpiti da proiettili.
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Durante l'intervista però Ghonim, che per diversi giorni è rimasto bendato, è anche scoppiato a piangere appena gli è stato comunicato il numero delle vittime della rivolta (guarda il video in alto).
Secondo la ong Human Rights Watch sono almeno 297 le persone uccise durante le manifestazioni antigovernative cominciate dal 25 gennaio: 232 morti al Cairo, 52 a Alessandria (nord) e 13 a Suez (est). La gran parte hanno perso la vita il 28 e il 29 gennaio, colpiti da proiettili.
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