Haiti, a un anno dal terremoto l'emergenza si chiama colera

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Mentre iniziano le commemorazioni del sisma che dodici mesi fa ha distrutto il Paese, continua l'epidemia che ha già ucciso più 3000 persone. E finiscono sotto accusa anche le Ong

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Un anno fa, il terremoto. E ora una "normale" situazione di caos sociale, politico ed economico.
Ad Haiti, il Paese più povero delle Americhe, quasi nessuno si nasconde che tutto è destinato ad aggravarsi.
A un anno dal sisma che ha provocato 250.000 vittime, arrivano autorità varie, compresi l'ex presidente americano Bill Clinton ora inviato speciale dell'Onu e co-presidente della Commissione ad interim per la ricostruzione del Paese (Cirh) ed il cardinale Robert Sarah (in rappresentanza di Benedetto XVI): parteciperanno per due settimane alle cerimonie di commemorazione della tragedia.

Nel frattempo però balza in primo piano l'avvertimento dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), secondo la quale l'epidemia di colera che ha già ucciso 3.651 haitiani non ha ancora raggiunto il suo picco.
L'Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) ha invece denunciato che 810.000 persone, tra le quali 380.000 bambini, vivono tuttora in 1.150 accampamenti installati a Port-Au-Prince e nell'interno, in condizioni di sovraffollamento e malsani. Dal canto suo, il responsabile della missione Onu, Edmond Mulet ha sostenuto che "Haiti è una repubblica delle Ong" poiché, a suo dire, le almeno mille organizzazioni non governative arrivate dopo il terremoto, pur se spinte dalla solidarietà, operano più o meno ognuna per conto suo. In pratica con scarsa efficacia.

L'Oxfam International ha invece denunciato che "appena il 5 per cento delle macerie del sisma è stato rimosso" e, mentre la Fao, l'organizzazione dell'Onu per l'agricoltura, ha segnalato la necessità di sostenere il settore "per garantire la sicurezza alimentare ed eliminare fame e denutrizione", i media denunciano che ciò è impossibile perché la maggior parte delle terre "sono di proprietà di un pugno di famiglie".

"Ad essere ottimisti ci vorranno almeno vent'anni, forse trenta per ricostruire il Paese", ha ammesso l'ambasciatore haitiano a Madrid, Yolette Azor-Charles.

Come se tutto ciò non bastasse, il presidente René Preval si è finora rifiutato di ricevere il rapporto dei 15 esperti dell'Organizzazione degli stati americani (Osa), secondo i quali nelle elezioni presidenziali del 28 novembre scorso, il suo candidato Jude Celestin, giunto secondo, avrebbe commesso una grande quantità di brogli.
Proprio per questo si "raccomanda" al capo dello Stato che nel ballottaggio vadano a misurarsi la democristiana moderata Mirlande Manigat, arrivata prima, e il cantante pop Michel Martelly, giunto terzo.



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