Il presidente socialista Raffael Correa, tenuto in custodia per dodici ore da poliziotti ribelli, è stato liberato da un blitz delle forze speciali. Dietro al fallito colpo di stato potrebbe esserci l'ex presidente ed ex colonnello Lucio Guitierrez
Dopo dodici ore in cui è stato bloccato in un ospedale da poliziotti ribelli, il presidente dell'Ecuador, il socialista Rafael Correa, è finalmente stato messo in salvo dopo il blitz di questa notte e riportato nel palazzo presidenziale a Quito, al termine di una sparatoria tra militari e poliziotti a lui leali e un gruppo di agenti della 'policia'. Nella sparatoria due poliziotti sono rimasti uccisi e altre 37 persone risultano ferite.
"La rivoluzione dei cittadini non la ferma nessuno, 'hasta la victoria siempre'. Qui da noi non finirà come in Honduras", ha detto Correa durante la notte nel discorso fatto ai suoi sostenitori, subito dopo essere stato liberato, precisando che quello di ieri è stato il "giorno piu' duro del mio governo". All'irruzione nell'ospedale che ha permesso di mettere in salvo il presidente hanno preso parte circa 500 militari del 'gruppo operazioni speciali' di Quito, hanno precisato fonti del governo. La liberazione di Correa èriuscita al termine di una sparatoria tra i due gruppi fuori dall'ospedale che si è trascinata a tratti anche all'interno della struttura sanitaria.
Nel gruppo che lo ha tenuto sotto "sequestro non tutti erano poliziotti, c'erano infiltrati di partiti politici", ha aggiunto nel suo discorso Correa, mentre fin dalle prime ore di quello che lo stesso presidente dell'Ecuador aveva definito "un tentativo di golpe" più fonti avevano parlato di 'moventi' politici che hanno spinto l'azione dei poliziotti sollevati. Con queste parole, il presidente ha voluto accusare alcuni dei suoi avversari politici di aver diffuso tra i membri dei servizi dati falsi su una legge approvata dal Parlamento e riferita alle condizioni economiche e altri provvedimenti riguardanti la polizia.
Di fatto, il governo Correa è rimasto ieri in bilico per buona parte della giornata, mentre il presidente rimaneva rinchiuso in ospedale. Molti dei sostenitori che attendevano Correa di fronte al palazzo presidenziale hanno puntato il dito soprattutto contro il principale avversario politico del capo dello Stato, l'ex presidente ed ex colonnello Lucio Guitierrez. "Non ci sarà perdono e non dimenticheremo", ha d'altra parte sottolineato Correa, poco prima chiedere ai suoi sostenitori un minuto di silenzio per le vittime della rivolta. Il presidente ha d'altra parte rilevato che non intende revocare la 'Ley de servicios publicos', che secondo la polizia riduceva i salari della polizia, fatto smentito dal presidente. La rivolta dei poliziotti ha subito innescato un'ondata di condanne nel mondo, dall'Ue agli Usa, oltre ai Paesi latinoamericani. In nottata, si è aperta a Buenos Aires una riunione d'emergenza dell'Unione delle nazioni sudamericane, alla presenza di diversi leader della regione.
"La rivoluzione dei cittadini non la ferma nessuno, 'hasta la victoria siempre'. Qui da noi non finirà come in Honduras", ha detto Correa durante la notte nel discorso fatto ai suoi sostenitori, subito dopo essere stato liberato, precisando che quello di ieri è stato il "giorno piu' duro del mio governo". All'irruzione nell'ospedale che ha permesso di mettere in salvo il presidente hanno preso parte circa 500 militari del 'gruppo operazioni speciali' di Quito, hanno precisato fonti del governo. La liberazione di Correa èriuscita al termine di una sparatoria tra i due gruppi fuori dall'ospedale che si è trascinata a tratti anche all'interno della struttura sanitaria.
Nel gruppo che lo ha tenuto sotto "sequestro non tutti erano poliziotti, c'erano infiltrati di partiti politici", ha aggiunto nel suo discorso Correa, mentre fin dalle prime ore di quello che lo stesso presidente dell'Ecuador aveva definito "un tentativo di golpe" più fonti avevano parlato di 'moventi' politici che hanno spinto l'azione dei poliziotti sollevati. Con queste parole, il presidente ha voluto accusare alcuni dei suoi avversari politici di aver diffuso tra i membri dei servizi dati falsi su una legge approvata dal Parlamento e riferita alle condizioni economiche e altri provvedimenti riguardanti la polizia.
Di fatto, il governo Correa è rimasto ieri in bilico per buona parte della giornata, mentre il presidente rimaneva rinchiuso in ospedale. Molti dei sostenitori che attendevano Correa di fronte al palazzo presidenziale hanno puntato il dito soprattutto contro il principale avversario politico del capo dello Stato, l'ex presidente ed ex colonnello Lucio Guitierrez. "Non ci sarà perdono e non dimenticheremo", ha d'altra parte sottolineato Correa, poco prima chiedere ai suoi sostenitori un minuto di silenzio per le vittime della rivolta. Il presidente ha d'altra parte rilevato che non intende revocare la 'Ley de servicios publicos', che secondo la polizia riduceva i salari della polizia, fatto smentito dal presidente. La rivolta dei poliziotti ha subito innescato un'ondata di condanne nel mondo, dall'Ue agli Usa, oltre ai Paesi latinoamericani. In nottata, si è aperta a Buenos Aires una riunione d'emergenza dell'Unione delle nazioni sudamericane, alla presenza di diversi leader della regione.