La Corea del Nord sbarca su Twitter e YouTube

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Aperti i primi account 2.0 in Corea del Nord. Nessuna rivoluzione culturale in vista, però: Internet è riservata all'elite governativa, accusata dai cugini del Sud di usare le Rete per gli attacchi informatici

di Gabriele De Palma

“Uriminzokkiri è su Twitter”. Questo il primo messaggio cinguettato il 12 agosto scorso dall'account Twitter appena creato dalla Corea del Nord. Rivoluzione culturale a Pyongyang? Non proprio, anzi proprio no. A seguire, nei giorni successivi all'esordio, altri tweet in cui si rimanda a importanti documenti sull'unificazione e ai rapporti con i cugini del sud, scritti manco a dirlo dal presidentissimo, il “generale mandato dal cielo”, Kim Jong Il. La notizia ha destato comunque più di una curiosità.

Tutto è iniziato questa estate, a giugno, quando la Corea del Nord, aiutata da una azienda tailandese, decise di accettare i domini web riservati per il Paese e mai voluti.

Internet in Corea non è mai arrivata: al regime dittatoriale di Kim Jong Il la libertà di informazione non fa piacere, e la quasi totalità dei cittadini non può permettersi né un pc né un abbonamento. A Pyongyang è attiva tra le università e gli uffici della pubblica amministrazione e quelli dell'esercito una specie di intranet, molto chiusa, che non comunica con il resto del mondo e a cui comunque i cittadini non hanno acceso. La cosa che più si avvicina a un sito web, il portale Uriminzokkiri (La Nostra Nazione), è ospitato su server oltre confine. Insomma niente rivoluzione digitale. Se non per una ristrettissima elite di privilegiati – rigidamente governativi - che possono comunicare e ascoltare (tramite server installati in Giappone e in Cina e una connessione satellitare) quello che succede oltre confine. Kim Jong Il ad esempio chiese nel 2000 la email a Madleine Allbright, allora segretario di stato Usa in visita a Pyongyang.

Dopo questo primo passo, e prima dell'apertura dell'account Twitter, Uriminzokkiri ha aperto anche un canale ufficiale su YouTube, che è stato alimentato di una ottantina di video in un mese. I filmati sono ovviamente pura propaganda contro il ministro degli esteri della Corea del sud, e pro Kim Jong Il.

Sembra quindi che non ci si possa aspettare nulla di particolare per i nordcoreani dall'adozione degli strumenti del web 2.0 da parte del governo. Nulla per la popolazione locale, nonostante la risposta via Twitter di benvenuto da parte del portavoce del Dipartimento di Stato Usa Philip J. Crowlay, che plaude all'uso di un canale per “essere connessi, informare e discutere”.

Nulla di buono invece si attendono i vicini del Sud: conoscendo i propositi poco democratici e amichevoli di Kim Jong Il, temono che la rete venga usata per scopi tutt'altro che benefici. A luglio Seoul ha formalmente accusato i cugini del nord di essere autori di un attacco informatico ad alcuni siti sudcoreani e statunitensi, causandone l'inaccessibilità per qualche giorno. E da allora è stato alzato il livello di guardia sulla rete nazionale, visto che per portare un attacco informatico sono necessari molti meno mezzi che per offendere militarmente; ma altrettanto dannosi per l'economia.

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