Aiuto: Obama potrà “spegnere” Internet

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Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama
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Una legge presentata al Senato americano dà al presidente statunitense il potere di ordinare il blocco delle connessioni per ragioni di sicurezza nazionale. Così come avviene in Cina. Le preoccupazioni degli attivisti

di Raffaele Mastrolonardo

Tra i bottoni di emergenza – metaforici e no - che solo il presidente degli Stati Uniti può spingere, in futuro potrebbe essercene uno che preoccupa coloro che hanno a cuore la libertà di Internet. Una legge presentata al Senato americano questo mese propone infatti di dare all'inquilino della Casa Bianca il potere di ordinare il blocco degli accessi alla rete nel caso in cui fosse a rischio la sicurezza nazionale. Una prospettiva, questa del pulsante “spegni-rete”, che gli attivisti e le stesse lobby delle aziende tecnologiche guardano con sospetto: i primi perché temono per i diritti degli utenti, i secondi per il proprio business.

Ma cosa dice la legge promossa dal senatore democratico Joe Lieberman? La proposta, intitolata "Protecting Cyberspace as a National Asset Act” (PCNAA), conferisce a chi siede nello Studio Ovale l'autorità per mettere in atto “misure di emergenza a breve termine” per proteggere le reti internet americane  da possibili attacchi. Il Presidente avrà il potere di dichiarare lo stato di “cyber-emergenza nazionale” e di obbligare le aziende private che operano con la rete ad adeguarsi alle sue decisioni. Tra queste anche la richiesta di sospendere le connessioni fino a 30 giorni.

A chinare la testa per motivi patriottici saranno tutte quelle imprese che il dipartimento per la Sicurezza nazionale inserirà in un'apposita lista. Nell'elenco finiranno le società che per il proprio business, “dipendono” da Internet, dal sistema telefonico o altri componenti di quella che viene definita “infrastruttura informativa” degli Stati Uniti. In pratica, sia i fornitori di connettività che i motori di ricerca saranno soggetti agli ordini del National Center for Cybersecurity and Communications (NCCC), un nuovo ufficio creato per l'occasione.

Tra i primi ad essere preoccupati per le “conseguenze involontarie” della proposta c’è TechAmerica, il più grande gruppo di lobby dell'industria tecnologia a stelle e strisce. L'associazione teme per il “potenziale potere assoluto” che le norme darebbero al governo. Mentre il Center for Democracy and Technology, un gruppo che si batte per i diritti in rete, ha chiesto “ulteriori chiarificazioni” su “quali infrastrutture critiche e sistemi informativi correlati saranno soggette alla legge”.

Meno diplomatici blogger e testate online. Il magazine The Daily Beast si spinge fino a ipotizzare che la norma potrebbe utilizzare le ragioni della sicurezza nazionale per imporre un accesso selettivo alla rete e intraprendere azioni, per esempio, contro siti come Wikileaks che in passato ha pubblicato scottanti documenti riservati del governo americano e si appresta a renderne noti altri.

Quanto a Lieberman, il promotore della legge, di fronte alla reazione negativa delle rete e dei soggetti coinvolti ha bollato come “disinformazione” i sospetti su un possibile spegnimento della rete e si è affrettato a rassicurare i suoi critici. O meglio, ci ha provato: “Abbiamo bisogno che il presidente abbia la capacità di dire a un Internet service provider: 'dobbiamo disconnettere la rete americana dal traffico proveniente da questa nazione'”. Il modello a cui fa riferimento Lieberman è la Cina: “Al momento – ha detto – Pechino può disconnettere parti della sua Internet in tempo di guerra. Dobbiamo poterlo fare anche noi”. Un esempio che non fa certo impazzire di gioia gli attivisti che si occupano di rete.

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