Niente Facebook o Twitter, ma si può leggere il New York Times e visitare siti porno. Vanno alla grande anche i siti di dating online, chat per teenager e file-sharing illegale
di Nicola Bruno
Quando si pensa alla situazione di Internet in Cina, a noi occidentali viene subito in mente l'immagine della Grande Muraglia Digitale: ogni utente è spiato, ogni ricerca monitorata, interi siti sono del tutto inaccessibili. E questo in parte è vero: la Cina figura da anni nell'elenco dei paesi "nemici di Internet" stilato da Reporters Senza Frontiere.
Dopo aver abbassato la guardia nel corso delle Olimpiadi del 2008, il governo di Pechino è di nuovo tornato alla carica. I maggiori servizi 2.0 occidentali restano inaccessibili: è il caso di Twitter, Flickr e Facebook, temuti dal governo per le loro potenzialità virali e la difficoltà di controllo. La stessa Google, in occasione dell'addio alla Cina, ha reso pubblica una pagina in cui segnala tutti i servizi finiti sulla blacklist: da YouTube alla piattaforma Blogger, passando per funzionalità "parzialmente bloccate" come Google Docs e Picasa (condivisione di foto). Un elenco, questo, a cui vanno aggiunti decine di altri siti (). Se volete farvi un’idea più precisa di cosa significhi navigare nella rete censurata cinese, basta installare questo plugin per Firefox: si chiama China Channel e permette di navigare come un utente di Pechino.
Per quanto sofisticata e pervasiva, la censura cinese non è però totale: molti servizi vengono temporaneamente sospesi per poi essere riattivati (è il caso di Hotmail e Yahoo); la strategia più efficace resta sempre quella della intimidazione ex-post (i funzionari del ministero dell'Informazione chiedono la rimozione di singole pagine o post non graditi); spesso poi alcuni siti non sono raggiungibili in alcune zone di periferia, mentre sono accessibili senza problemi nella capitale. Insomma, non esiste affatto un'internet "privata" cinese diversa da quella che navighiamo noi: il governo cambia le carte in tavola di continuo, a seconda delle emergenze politiche del momento.
Ad esempio, nello Xinjiang (teatro di recenti proteste popolari) l'accesso a Internet è pesantemente ristretto. Si possono visualizzare solo le pagine di Xinhua (l'agenzia di stampa filogovernativa), del quotidiano People's Day e di altri due portali cinesi. Tutto il resto non esiste.
Ma nel resto del paese non c'è affatto la stessa situazione. A Pechino, spiega un inviato della Reuters, "molti siti web critici nei confronti del governo sono liberamente accessibili. E così pure i siti porno che le autorità affermano sistematicamente di voler bloccare". E' così possibile sfogliare le pagine del New York Times, che di certo non ha parole buone nei confronti del regime. E così pure altre testate più spinte, come l'Huffington Post (di nuovo accessibile dopo un blocco momentaneo). Anche il mito del paese culturalmente arretrato è da sfatare: vanno alla grande i siti di dating online, chat per teenager, gossip sulle celebrità e di file-sharing illegale. Così come in Occidente.
Quando si pensa alla situazione di Internet in Cina, a noi occidentali viene subito in mente l'immagine della Grande Muraglia Digitale: ogni utente è spiato, ogni ricerca monitorata, interi siti sono del tutto inaccessibili. E questo in parte è vero: la Cina figura da anni nell'elenco dei paesi "nemici di Internet" stilato da Reporters Senza Frontiere.
Dopo aver abbassato la guardia nel corso delle Olimpiadi del 2008, il governo di Pechino è di nuovo tornato alla carica. I maggiori servizi 2.0 occidentali restano inaccessibili: è il caso di Twitter, Flickr e Facebook, temuti dal governo per le loro potenzialità virali e la difficoltà di controllo. La stessa Google, in occasione dell'addio alla Cina, ha reso pubblica una pagina in cui segnala tutti i servizi finiti sulla blacklist: da YouTube alla piattaforma Blogger, passando per funzionalità "parzialmente bloccate" come Google Docs e Picasa (condivisione di foto). Un elenco, questo, a cui vanno aggiunti decine di altri siti (). Se volete farvi un’idea più precisa di cosa significhi navigare nella rete censurata cinese, basta installare questo plugin per Firefox: si chiama China Channel e permette di navigare come un utente di Pechino.
Per quanto sofisticata e pervasiva, la censura cinese non è però totale: molti servizi vengono temporaneamente sospesi per poi essere riattivati (è il caso di Hotmail e Yahoo); la strategia più efficace resta sempre quella della intimidazione ex-post (i funzionari del ministero dell'Informazione chiedono la rimozione di singole pagine o post non graditi); spesso poi alcuni siti non sono raggiungibili in alcune zone di periferia, mentre sono accessibili senza problemi nella capitale. Insomma, non esiste affatto un'internet "privata" cinese diversa da quella che navighiamo noi: il governo cambia le carte in tavola di continuo, a seconda delle emergenze politiche del momento.
Ad esempio, nello Xinjiang (teatro di recenti proteste popolari) l'accesso a Internet è pesantemente ristretto. Si possono visualizzare solo le pagine di Xinhua (l'agenzia di stampa filogovernativa), del quotidiano People's Day e di altri due portali cinesi. Tutto il resto non esiste.
Ma nel resto del paese non c'è affatto la stessa situazione. A Pechino, spiega un inviato della Reuters, "molti siti web critici nei confronti del governo sono liberamente accessibili. E così pure i siti porno che le autorità affermano sistematicamente di voler bloccare". E' così possibile sfogliare le pagine del New York Times, che di certo non ha parole buone nei confronti del regime. E così pure altre testate più spinte, come l'Huffington Post (di nuovo accessibile dopo un blocco momentaneo). Anche il mito del paese culturalmente arretrato è da sfatare: vanno alla grande i siti di dating online, chat per teenager, gossip sulle celebrità e di file-sharing illegale. Così come in Occidente.