Berlusconi: “Israele restituisca le alture del Golan”

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Foto di gruppo tra i leader presenti in Libia
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Si è aperta in Libia la 22ma edizione dell’assemblea della Lega Araba. Il Leader libico Gheddafi, presidente di turno, ha invitato il Premier italiano nel ruolo di “osservatore”. Ma Berlusconi è apparso stanco e distratto. GUARDA LA FOTOGALLERY

La pacificazione del Medio Oriente come fattore essenziale per la stabilità e la prosperità dell'area del Mediterraneo ma anche per la distensione del quadro internazionale, è stata al centro dell'intervento che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha pronunciato oggi a Sirte, in Libia, alla 22ma assemblea della Lega araba.

Berlusconi ha partecipato alla riunione in qualità di ''osservatore'' su invito del leader libico Gheddafi, presidente di turno della Lega araba.

Nella sostanza del suo intervento, Berlusconi ha chiesto una convergenza degli sforzi per la fine del conflitto israelo-palestinese. Da una parte ha chiesto a Israele di fermare gli insediamenti, in particolare a Gerusalemme est ed anche di restituire alla Siria le alture di Golan. Ai paesi arabi, Berlusconi ha chiesto di proseguire nella linea moderata isolando le spinte estremiste ed integraliste.

In questo, Berlusconi, si è dichiarato completamente d'accordo con la strategia del Quartetto e in particolare con l'iniziativa a favore della ripresa del dialogo e delle trattative portata avanti dal presidente Usa Obama. In concreto Berlusconi ha dichiarato di ''non vedere alternative alla soluzione dei due Stati''.

Nel suo intervento Berlusconi non ha risparmiato parole severe a Israele esprimendo ''profonda preoccupazione'' per il deterioramento della situazione nella Striscia di Gaza e dicendo che ''non possiamo tollerare oltre la situazione di crisi umanitaria nella Striscia di Gaza''.

E rivolgendosi al premier israeliano Netanyahu ha formulato un appello ad ascoltare la comunità internazionale e in particolare le sollecitazioni del presidente Usa.

Berlusconi ha anche rivolto un ammonimento: ''Nessun paese -nemmeno Israele - può vivere in isolamento. La porta della trattativa deve rimanere aperta. Chiuderla adesso significherebbe condannare –  nuoavamente -  un'intera generazione di giovani allo scontro, anziché alla pacifica convivenza''.


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