Un ragazzo inglese “cinguetta” una battuta sull’aeroporto locale e viene scambiato per un terrorista. Interrogato per 7 ore e rinchiuso per un'ora è stato rilasciato in attesa che il giudice decida se incriminarlo per procurato allarme
di Carola Frediani
Doveva solo partire per le vacanze. Prendere un aereo da Doncaster, in Gran Bretagna, per sbarcare in Irlanda. Ma lo scorso 6 gennaio l’aeroporto locale era bloccato per la neve e Paul Chambers, un ragazzo di 26 anni, non ha resistito. Un po’ indispettito dal rischio di rimanere a terra, un po’ per far ridere gli amici, è andato sul proprio account di Twitter – il sito di microblogging che impone aggiornamenti concisi - e ha scritto: “L’aeroporto di Robin Hood (così si chiama lo scalo di Doncaster, ndr) è chiuso. Avete circa una settimana di tempo per mettere a posto le vostre cose, altrimenti lo faccio saltare in aria!”.
Avrà pensato che i propri followers, cioè gli utenti iscritti al suo profilo o anche solo i lettori capitati lì per caso si sarebbero messi a ridere. Non tutti però, perché qualcuno ha segnalato il messaggio alla polizia. Che il 13 gennaio si è presentata sul luogo dove lavora e lo ha arrestato in base alla legge sul terrorismo. “Il mio primo pensiero quando sono arrivati è che qualcuno in famiglia avesse avuto un incidente”, ha dichiarato Chambers all’Independent. E invece gli hanno mostrato un foglio su cui era stampato il suo tweet, il suo messaggio in 140 caratteri. “Ho dovuto spiegare loro che cos’era Twitter, perché non ne avevano la minima idea”, ha aggiunto il ragazzo, che è stato interrogato per sette ore, rinchiuso per un’ora e rilasciato in attesa che l’11 febbraio un giudice decida se verrà incriminato o meno per procurato allarme. Nel frattempo gli investigatori gli hanno confiscato il computer di casa, il laptop e l’iPhone, oltre ad aver cancellato l’infelice aggiornamento su Twitter.
Ma la vicenda non è per niente piaciuta ai difensori dei diritti civili e della libertà d’espressione, come Tessa Mayes: “Scherzare sul terrorismo è considerato un crimine, si fraintendono le battute come se fossero un atto reale o una vera intenzione di commettere un reato. Le azioni della polizia sono ridicole e mostrano la disperazione degli sforzi di combattere il terrorismo; ciò nonostante hanno serie ripercussioni su tutti noi. In una democrazia il nostro diritto di dire quello che ci pare ad altri non dovrebbe essere negoziabile, neppure su Twitter”. Intanto Chambers è stato sospeso dal lavoro.
ALTRI CASI - Non è la prima volta che l’uso spensierato dei media sociali da parte degli utenti si ritorce contro gli stessi, anche se il caso inglese ha certamente a che fare anche con il clima di tensione successivo al fallito attentato sul volo Amsterdam-Detroit del 25 dicembre. Negli Stati Uniti poco tempo fa il dipendente di una scuola del Missouri ha perso il posto dopo aver lasciato un commento volgare sul sito del St. Louis Post- Dispatch. Il community manager ha infatti deciso di vendicarsi dell’utente rintracciando il suo Ip e ha quindi telefonato alla scuola cui corrispondeva. Risalire a quel punto all’identità del dipendente è stato un attimo. Mentre in Canada a una donna è stato tolto l’assegno di malattia ottenuto in seguito a una forte depressione dopo che gli ispettori dell’assicurazione avevano visto alcune sue foto sorridenti e ridanciane sulla sua pagina di Facebook. Come nota la webzine CounterPunch, quest’ultimo episodio è inquietante non solo perché rivela che le assicurazioni e i datori di lavoro scandagliano i social network, ma anche per l’idea che qualcuno veda una correlazione diretta tra il profilo pubblico di una persona su Facebook e la sua vita interiore.
Doveva solo partire per le vacanze. Prendere un aereo da Doncaster, in Gran Bretagna, per sbarcare in Irlanda. Ma lo scorso 6 gennaio l’aeroporto locale era bloccato per la neve e Paul Chambers, un ragazzo di 26 anni, non ha resistito. Un po’ indispettito dal rischio di rimanere a terra, un po’ per far ridere gli amici, è andato sul proprio account di Twitter – il sito di microblogging che impone aggiornamenti concisi - e ha scritto: “L’aeroporto di Robin Hood (così si chiama lo scalo di Doncaster, ndr) è chiuso. Avete circa una settimana di tempo per mettere a posto le vostre cose, altrimenti lo faccio saltare in aria!”.
Avrà pensato che i propri followers, cioè gli utenti iscritti al suo profilo o anche solo i lettori capitati lì per caso si sarebbero messi a ridere. Non tutti però, perché qualcuno ha segnalato il messaggio alla polizia. Che il 13 gennaio si è presentata sul luogo dove lavora e lo ha arrestato in base alla legge sul terrorismo. “Il mio primo pensiero quando sono arrivati è che qualcuno in famiglia avesse avuto un incidente”, ha dichiarato Chambers all’Independent. E invece gli hanno mostrato un foglio su cui era stampato il suo tweet, il suo messaggio in 140 caratteri. “Ho dovuto spiegare loro che cos’era Twitter, perché non ne avevano la minima idea”, ha aggiunto il ragazzo, che è stato interrogato per sette ore, rinchiuso per un’ora e rilasciato in attesa che l’11 febbraio un giudice decida se verrà incriminato o meno per procurato allarme. Nel frattempo gli investigatori gli hanno confiscato il computer di casa, il laptop e l’iPhone, oltre ad aver cancellato l’infelice aggiornamento su Twitter.
Ma la vicenda non è per niente piaciuta ai difensori dei diritti civili e della libertà d’espressione, come Tessa Mayes: “Scherzare sul terrorismo è considerato un crimine, si fraintendono le battute come se fossero un atto reale o una vera intenzione di commettere un reato. Le azioni della polizia sono ridicole e mostrano la disperazione degli sforzi di combattere il terrorismo; ciò nonostante hanno serie ripercussioni su tutti noi. In una democrazia il nostro diritto di dire quello che ci pare ad altri non dovrebbe essere negoziabile, neppure su Twitter”. Intanto Chambers è stato sospeso dal lavoro.
ALTRI CASI - Non è la prima volta che l’uso spensierato dei media sociali da parte degli utenti si ritorce contro gli stessi, anche se il caso inglese ha certamente a che fare anche con il clima di tensione successivo al fallito attentato sul volo Amsterdam-Detroit del 25 dicembre. Negli Stati Uniti poco tempo fa il dipendente di una scuola del Missouri ha perso il posto dopo aver lasciato un commento volgare sul sito del St. Louis Post- Dispatch. Il community manager ha infatti deciso di vendicarsi dell’utente rintracciando il suo Ip e ha quindi telefonato alla scuola cui corrispondeva. Risalire a quel punto all’identità del dipendente è stato un attimo. Mentre in Canada a una donna è stato tolto l’assegno di malattia ottenuto in seguito a una forte depressione dopo che gli ispettori dell’assicurazione avevano visto alcune sue foto sorridenti e ridanciane sulla sua pagina di Facebook. Come nota la webzine CounterPunch, quest’ultimo episodio è inquietante non solo perché rivela che le assicurazioni e i datori di lavoro scandagliano i social network, ma anche per l’idea che qualcuno veda una correlazione diretta tra il profilo pubblico di una persona su Facebook e la sua vita interiore.