Milano, 'ndrangheta: la polizia esegue 49 misure cautelari

Lombardia
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Provvedimenti eseguiti per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, minacce, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa

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Coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, la polizia ha eseguito 49 misure cautelari per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, minacce, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa. L'indagine ha svelato la ricostituzione di una struttura territoriale di 'ndrangheta, la "Locale di Rho", già oggetto dell'indagine "Infinito" della Dda di Milano nel 2010, da parte del promotore, condannato in via definitiva per associazione mafiosa, una volta scontata la sua pena. "La legge è tornata, la 'ndrangheta è tornata a Rho", sono le parole intercettate di Gaetano Bandiera, al vertice, assieme al figlio, della 'locale" di 'ndrangheta di Rho, nel Milanese. Parole pronunciate dopo aver espiato la condanna definitiva a lui inflitta nel maxi processo milanese seguito allo storico blitz 'Infinito' del 2010. 

Pm: "Prima volta in Lombardia di una donna tra i capi"

E c'era una donna tra i capi del clan della 'ndrangheta di Rho, anche "più spietata degli uomini". Lo ha detto il pm della Dda di Milano Alessandra Cerretti nella conferenza stampa. "Uno degli elementi di novità è il ruolo delle donne - ha spiegato - abbiamo cinque donne tra le arrestate e a una donna è stato contestato il ruolo di capo e promotore dell'associazione mafiosa". Ed è "il braccio destro di Cristian Bandiera, figlio di Gaetano, lo sostituisce in una serie di attività, ha sotto di sé due associati ai quali da direttive". Ed è la "prima volta che in Lombardia verifichiamo il ruolo operativo e organizzativo di un donna" nei clan.

"Gruppo Bandiera voleva recuperare terreno in parte perduto"

"L'interesse del gruppo Bandiera (...) è quello di recuperare il terreno in parte perduto a causa della detenzione in carcere e di riaffermare la propria supremazia in quel territorio dimostrando a tutti che nulla è cambiato". Lo scrive il gip di Milano Stefania Donadeo del provvedimento di custodia cautelare. Il boss, già arrestato nel 2010 nell'operazione Infinito, lo "dice chiaramente ed espressamente 'la ndrangheta è tornata'; e con ciò dimostra tutta la sua volontà di riaffermare il suo predominio nella 'locale di Rho' e di non lasciarla nelle mani di qualcun altro". "Questo suo progetto è condiviso innanzitutto dal figlio Cristian, anche lui in semidetenzione - annota il giudice - e poi da tutti gli altri associati (...) che ben conoscono il potere e la caratura criminale dei Bandiera e che perciò lavorano con e per loro".

Le dichiarazioni del Prefetto

 "L'operazione testimonia che l'agire mafioso della 'ndrangheta in Nord Italia ha assunto da tempo caratteristiche assolutamente sovrapponibili a quelle che ne caratterizzano l'azione nei territori in cui il fenomeno è endemico", ha spiegato il prefetto Francesco Messina, Direttore centrale Anticrimine della polizia di Stato. Ed è contestata anche l'associazione fittizia di beni "La narrazione, talvolta sostenuta, di una 'ndrangheta evolutasi al punto da abbandonare l'aspetto militare in favore di strategie criminali più sofisticate non è del tutto precisa. A Milano la polizia di Stato e la magistratura continuano ad affrontare la minaccia mafiosa ben consapevoli che il contrasto dell'ala militare della ndrangheta deve continuare ancora a lungo e deve essere affiancato da una sistematica aggressione all'accumulo dei patrimoni illeciti, che ne costituiscono la linfa vitale. Peraltro, gli esiti investigativi odierni attestano ancora una volta come sovente la detenzione carceraria non riesca a recidere il legame tra affiliato e struttura mafiosa di appartenenza". Molti i dialoghi, che dimostrano la forza e la violenza delle intimidazioni e delle minacce estorsive, intercettati nell'inchiesta.

Le intercettazioni

"Vuoi che divento cattiva ed io divento cattiva". "Non me ne frega un c.., se no ti taglia la testa". "Adesso mi sono rotta il c... (...) le regole le faccio uguali per tutti io". È questo il tenore delle minacce usate da Caterina Giancotti, 45 anni, finita in carcere oggi e accusata di avere avuto un "ruolo di organizzatore" nel clan della 'ndrangheta di Rho, stando a quanto emerge dalle intercettazioni contenute nelle oltre 1300 pagine di ordinanza cautelare eseguita dalla Squadra mobile e firmata dal gip Stefania Donadeo. La donna, stando agli atti, sarebbe stata "persona di estrema fiducia di Bandiera Cristian Leonardo", figlio dello storico boss Gaetano, e lo avrebbe aiutato "negli atti di intimidazione e nelle estorsioni, nel traffico di armi, nel commercio della sostanza stupefacente, sino a sostituirlo, in assenza di quest'ultimo, con potere decisionale". In particolare, nel recupero crediti e nel traffico di cocaina.

Il passaggio di potere

Il ruolo della donna è aumentato "nel periodo tra il 23 ottobre e l'1 novembre 2020" in occasione "dell'assenza" di Cristian Bandiera, "ristretto all'interno del carcere di Bollate, poiché posto dall'Amministrazione Penitenziaria in quarantena fiduciaria". A quel punto, la donna lo ha "sostituito" nella gestione "delle attività illecite, coordinando" anche "i sottoposti" Antonio Procopio e Alessandro Furno, che avevano in lei "il loro punto di riferimento". A un debitore, ad esempio, diceva: "io non ti lascio tranquillo, perché oggi li devi portare". Spesso, si legge ancora, assumeva "la parte di intermediario per evitare conseguenze negative da parte di Bandiera" e diceva a chi doveva pagare frasi come queste: "Poi va a finire che uno perde la pazienza e si finisce a litigare e io voglio evitare".

Membri del clan ottennero reddito di cittadinanza

Il "nucleo familiare Bandiera", ossia il vertice del clan della 'ndrangheta di Rho "ha richiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza". Un dettaglio che emerge dalle pagine dell'ordinanza di custodia cautelare. In particolare, Cristian Bandiera, arrestato nella maxi inchiesta e figlio dello storico boss Gaetano (che fa parte del "nucleo familiare"), "ha effettuato la domanda il 17 luglio 2020 ed è stata accolta il 14 agosto". Lo stesso Bandiera avrebbe dichiarato di non aver "prodotto alcun reddito", mentre "ha come principale fonte di reddito il denaro ottenuto dallo spaccio di sostanze stupefacenti da lui direttamente gestito". Anche un altro dei presunti sodali, Alessandro Furno, ha ottenuto il reddito di cittadinanza, così come Caterina Giancotti. Un altro dei presunti sodali, Antonio Procopio, ha "richiesto l'indennizzo allo Stato per il covid-19 in quanto titolare dell'omonima impresa individuale avente attività edile". E nell'aprile 2021 ha avuto un "rimborso pari a 1.000 euro".

Pm: "Boss erano punto di riferimento per gente comune"

Gaetano e Cristian Bandiera, i vertici della 'ricostituita' e di nuovo smantellata locale di 'ndrangheta di Rho "erano punti di riferimento sul territorio per la popolazione. La gente comune andava da loro per risolvere beghe di condominio, banali liti. E non siamo a Platì o a Rosarno, ma siamo in Lombardia". A parlare dell'organizzazione "mafiosa come punto di riferimento sul territorio", è stato il pm della Dda Alessandra Cerreti, che con l'aggiunto Alessandra Dolci ha coordinato l'inchiesta, nella conferenza stampa indetta stamane dal Procuratore della Repubblica Marcello Viola per illustrare l'operazione. Il pubblico ministero ha inoltre sottolineato che è stata riscontrata "un'omertà assoluta, la gente ha paura a parlare. Gli episodi estorsivi sono 10 e quelli di minaccia 5 per un totale di 15 vittime - ha aggiunto -. Nessuna ha denunciato". Il procuratore Viola, oltre ad aver evidenziato come gli arresti di oggi hanno "disarticolato anche una imponente attività di commercio di stupefacenti" legata a "sistemi complessi che portano alla ripulitura del denaro", ha sottolineato come questa indagine ha fatto emergere "da un lato il volto militare dell'organizzazione, con l'affermazione del metodo mafioso, la violenza e il controllo del territorio" attraverso la richiesta del 'pizzo' anche per qualche centinaia di euro, "dall'altra la sua vocazione imprenditoriale, manifestando un volto normale"

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