Lo ha detto in aula il vicepresidente del Csm, sentito come teste al processo nei confronti di Pier Camillo Davigo, ex componente del Csm imputato per il casso dei verbali di Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria
"Parlai al presidente della Repubblica. Riferii tutto quello che mi disse Davigo e lui non fece commenti". Lo ha detto in aula a Brescia David Ermini, vicepresidente del Csm sentito come teste al processo nei confronti di Piercamillo Davigo (LE DICHIARAZIONI IN AULA), ex componente del Csm imputato per il caso dei verbali di Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria.
La versione di Ermini
Ermini ha raccontato di essere andato al Quirinale, per una visita già programmata, nella quale parlò anche del caso Milano e delle dichiarazioni rese ai pm da Amara. "Secondo me - ha spiegato ancora - fu una confidenza che il consigliere Davigo volle farmi. Mi consegnò quei verbali, li presi per fargli una cortesia ma li cestinai perché erano irricevibili". Ermini ha aggiunto che dopo un primo incontro il 4 maggio 2020 in cui Davigo gli chiese "di avvisare il presidente Mattarella, e io concordai", ci fu un secondo colloquio qualche giorno dopo in cui Davigo gli consegnò una cartelletta con dentro copia dei verbali stampati sulla presunta loggia Ungheria, "tutti fogli non firmati, solo alcuni con intestazione Procura della Repubblica", ritenuti "atti informali e inutilizzabili", che quindi non potevano far ingresso al Csm. Ermini ha sostenuto che questo secondo incontro fu in sostanza confidenziale.
"Davigo non mi chiese di formalizzare"
"Davigo non mi chiese di formalizzare - ha proseguito Ermini - Non mi chiese di veicolare quei verbali al comitato di presidenza, sennò gli avrei detto che erano irricevibili. Me li ha consegnati perché li leggessi. Mi ha detto che della vicenda se ne occupava il pg della cassazione Salvi, e per me la questione era chiusa". Ermini ha poi aggiunto di aver cestinato e stracciato quei verbali "informali. Non sapevo fossero secretati".
Davigo: "Fui cauto per dubbi sulla tenuta del Csm"
"Una delle ragioni per cui non ho formalizzato immediatamente è perché, una volta protocollato, il plico viene visto da quella struttura", ossia l'intero Csm con i componenti delle varie commissioni compresi i funzionari, che "secondo il comitato di presidenza non è affidabile". Lo ha spiegato in aula a Brescia Piercamillo Davigo, imputato per il caso dei verbali di Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria. Replicando alla deposizione di David Ermini, che ha negato di aver ricevuto da lui una richiesta di "formalizzare" la vicenda, Davigo, con una dichiarazione spontanea, ha precisato che dopo la fuga di notizia sull'ex consigliere Luca Palamara, c'erano dubbi sulla "tenuta della struttura" "Quando il pm Storari viene da me" per chiedere tutela nei confronti degli allora vertici della procura di Milano che, a suo dire, avevano messo un freno alle indagini dopo le dichiarazioni di Amara, "io ricevo una notizia di reato - ha proseguito -. Io sono un pubblico ufficiale ho l'obbligo di denunciare, cosa che feci al pg Giovanni Salvi". "Dovevo segnalarlo - ha aggiunto - senza però recare danno alle indagini. La mia finalità principale era che quel processo", quello sulla fantomatica loggia, "tornasse sui binari di legalità". L'udienza riprenderà il 13 ottobre.