Reddito di cittadinanza, maxi inchiesta a Milano: altri sei arresti

Lombardia
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Tra gli arresti anche una ex dipendente di un centro di assistenza fiscale. La banda era specializzata nel procurare documenti e nominativi di propri connazionali avvalendosi anche dell'ausilio di complici operanti all'estero

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La guardia di finanza di Novara e Cremona ha eseguito sei arresti nell'ambito di un'inchiesta della procura di Milano che aveva fatto scoprire 10mila domande di reddito di cittadinanza e di emergenza sprovviste dei requisiti previsti dalla legge, con un danno all'erario di oltre 21.5 milioni di euro. Contestati a vario titolo i reati di associazione per delinquere, truffa aggravata ed estorsione. Si tratta di una seconda tranche dell'indagine del pm di Milano Paolo Storari che aveva portato ai primi 16 arresti dello scorso novembre.

Gli arrestati

Cinque indagati sono finiti in carcere e una sesta, una donna italiana, ai domiciliari. Tra gli arresti anche una ex dipendente di un centro di assistenza fiscale. La banda, composta anche da cittadini di origini romene, era specializzata nel procurare documenti e nominativi di propri connazionali avvalendosi anche dell'ausilio di complici operanti all'estero. I documenti venivano poi consegnati, tramite persone di fiducia, ai titolari e dipendenti di Caf e patronati compiacenti, che predisponevano e compilavano la falsa documentazione di supporto alla domanda (DSU e codice fiscale). 

Documenti "a malloppi"

Gli indagati portavano documenti "a malloppi" per istruire le pratiche di reddito di cittadinanza nonostante i loro connazionali fossero privi dei requisiti. A ricostruire il "susseguirsi ininterrotto" dell'attività illegale del gruppo è il gip Teresa De Pascale nell'ordinanza eseguita oggi. La giudice, nel sottolineare che questo business illecito "si è rivelato una sorta di vero e proprio progetto di vita" con il quale incamerare ingenti somme sottratte dalle casse dell'Erario, ha riportato alcuni stralci degli interrogatori in cui alcuni dei precedenti arrestati, e anche la donna da stamane ai domiciliari, hanno ammesso descrivendo il sistema e parlando di domande "nell'ordine di qualche centinaio" alla volta, di documenti "a pacchi" e "a malloppi".

Il modus operandi

 

I cinque portati questa mattina in cella sono ritenuti, al pari di altri coindagati, "procacciatori di identità di concittadini romeni". La donna italiana agiva, invece, come dipendente della Nova Servizi, la società attorno a cui ruotava il meccanismo truffaldino con sede legale in centro a Milano e in convenzione sia con il Patronato Sias che con lo stesso Caf Mcl (Movimento Cristiano Lavoratori), e non si sarebbe solo "limitata all'istruzione di numerosissime domande di Rdc", ma si sarebbe adoperata "nel procurare", per 50 euro l'uno, codici fiscali fasulli a uno dei suoi complici. 

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