Genovese davanti ai pm. In chat scriveva: “Ho un range 16/20, è legale, tecnicamente”

Lombardia

L’imprenditore, arrestato lo scorso novembre, ha deciso di parlare ai pm, negando le due presunte violenze sessuali che i magistrati gli contestano: “Le ragazze venivano apposta per drogarsi”. Poi il racconto della sua dipendenza dagli stupefacenti dopo la fine di una relazione: “È stata l’anestesia della mia vita”

Di comune accordo con i suoi legali, Alberto Genovese, l'imprenditore arrestato lo scorso novembre con l'accusa di aver violentato a Milano e a Ibiza due ragazze di 18 e 23 anni dopo averle stordite con un mix di droghe, ha deciso di parlare ai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini e all'aggiunto Letizia Mannella. Come riporta l’edizione milanese del Corriere, lo scorso 8 ottobre, mentre i magistrati si apprestavano a rinviarlo a giudizio, il 44enne ha voluto fornire la sua versione dei fatti, negando i due abusi contestati.

Il racconto di Genovese

Genovese, da due mesi ai domiciliari in una clinica per disintossicarsi, ha ammesso di fronte ai pm che prediligeva ragazze molto giovani. “Io sono un porco pedofilo, ho un range 16/20, in Italia è legale, tecnicamente”, scrisse, senza mezzi termini, in una chat di amici, spiegando loro che la legge - a suo parere - permette, se “non sei un suo parente o un prof”, di avere rapporti con una minorenne consenziente purché abbia compiuto 16 anni: “Nel 2018 ho fatto tre sedicenni”. Per Genovese le ragazze dovevano poi essere disposte ad assumere stupefacenti: “Venivano apposta per drogarsi - ha detto ai pm - Io ero arrivato addirittura a pensare di non poter stare con una ragazza che non fosse drogata”. Quando i magistrati lo hanno interrogato su cosa ricordasse di quanto accaduto nel suo attico milanese con vista sul Duomo un anno fa, Genovese ha dichiarato solo che lui e la 18enne in camera da letto ci andarono “volontariamente, consensualmente” per “fare sesso e assumere sostanze”, in particolare Ketamina, richiesta a suo dire dalla ragazza. L’accaduto è stato registrato dalle videocamere disseminate nel lussuoso appartamento ma l’imprenditore 44enne ha fatto sapere di aver visto quei video soltanto parzialmente, in quanto gli causano “attacchi di panico”. Quindi ha spiegato che si trattò di un “incidente” dovuto al fatto che non avevano concordato una parola d’ordine che interrompesse il rapporto estremo. Stessa versione anche per l’episodio di Ibiza, dove avrebbe violentato insieme alla sua fidanzata dell’epoca, ora imputata, una 23enne, che secondo lui era “assolutamente e completamente consapevole di quello che stava facendo”.

Una immagine di Alberto Genovese, l'imprenditore delle start up in cella da venerdì scorso con l'accusa di aver stuprato, dopo averla stordita con un mix di droghe, una 18enne nel suo attico di Milano.
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La dipendenza dalla droga

Ai pm Genovese ha sottolineato più volte la sua dipendenza dalla droga, nata dalla fine di una relazione durata sette anni, mentre otteneva successi milionari sul lavoro: “Ero felice. Quando mi ha lasciato è finito tutto, poi ho trovato la medicina e quando ho trovato la medicina è stata una liberazione perché non pensavo più a niente. È stata l’anestesia della mia vita”. Una dipendenza che lo ha risucchiato in un “vortice in cui ho perso ogni forma di umanità. Mi sono allontanato dalle persone che erano i miei amici storici, sani” per circondarsi di persone che lo usavano solo “per il tenore di vita che offrivo, per i regali, per le cene, per le vacanze, per tutto quello che era il contorno intorno a me”. Tutti “sono spariti un secondo dopo” l’arresto.

Una immagine di Alberto Genovese, l'imprenditore delle start up in cella da venerdì scorso con l'accusa di aver stuprato, dopo averla stordita con un mix di droghe, una 18enne nel suo attico di Milano.
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