Milano, violenza sessuale: arrestato imprenditore farmaceutico 50enne

Lombardia
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L’uomo è stato ammanettato dai carabinieri. Le indagini sono partite dalla denuncia di una studentessa universitaria 21enne che aveva raccontato di essere stata invitata ad un incontro di lavoro tra imprenditori e di aver perso i sensi dopo aver bevuto un caffè, risvegliandosi a casa stordita e con addosso i vestiti indossati la sera precedente

Antonio Di Fazio, 50enne amministratore unico di una nota azienda farmaceutica milanese, è stato arrestato con l'accusa di violenza sessuale aggravata, sequestro di persona e lesioni personali aggravate. A eseguire l'ordinanza di custodia cautelare in carcere sono stati i carabinieri della Compagnia Milano Porta Monforte. Secondo l'accusa l'uomo avrebbe sedato una ragazza di 21 anni e avrebbe abusato di lei. Nel telefono cellulare dell'imprenditore gli investigatori hanno trovato le foto della giovane, incosciente per via dei tranquillanti che le aveva somministrato e ciò, per gli inquirenti, non ha una spiegazione alternativa se non quella di "documentare il trofeo conquistato", si legge negli atti dell'inchiesta visionati dall'Ansa. Nell'apparecchio sono presenti immagini di altre ragazze "dello stesso tenore" di quelle che riprendevano la 21enne "scattate dall'ottobre 2020". Una galleria fotografica - è scritto nell'ordinanza di misura cautelare del gip - "degna di un novello Barbablù".

Le indagini

Le indagini sono partite dalla denuncia di una studentessa universitaria di 21 anni che aveva raccontato di essere stata invitata ad un incontro di lavoro tra imprenditori per uno stage e di aver perso completamente i sensi dopo aver bevuto un caffè. Si era risvegliata a casa stordita e con addosso i vestiti indossati la sera precedente. Secondo la ricostruzione, è stata attirata nell'azienda dell'uomo e poi, col pretesto di incontrare altri imprenditori, nella casa, poco distante, dell'imprenditore dove è avvenuta la violenza. Le indagini dei militari sono state coordinate dal Dipartimento "Tutela della famiglia, dei minori e di altri soggetti deboli" della Procura di Milano, in particolare dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo. Nel corso della perquisizione in casa dell'uomo erano state trovate, nascoste in una nicchia a scomparsa della cucina, due confezioni di "Bromazepam", un ansiolitico della famiglia delle benzodiazepine. Sono in corso altri accertamenti per identificare altre donne che, in passato, potrebbero aver subito abusi sessuali da parte dell'indagato con lo stesso modus operandi. Per questo, i carabinieri invitano coloro che abbiano incontrato l'imprenditore, accusando poi uno stato d'incoscienza, a contattare immediatamente i carabinieri della Compagnia Milano Porta Monforte. Nel frattempo, a quanto si apprende da investigatori e inquirenti, sono almeno quattro - oltre a quella che ha denunciato la violenza che ha portato in carcere l'uomo - le vittime, non ancora identificate, di Di Fazio.

L'imprenditore

L'imprenditore - secondo quanto ricostruito dalle indagini in corso - è ritenuto un violentatore seriale. Amante della bella vita e di auto lussuose e ritenuto un millantatore, sulla scorta di un contratto di forniture di mascherine alla Regione si spacciava come alto commissario per l'emergenza Covid. Nella sua abitazione vi sarebbero indizi di altre violenze ai danni di ragazze altrettanto giovani. In casa aveva anche una pistola finta, un lampeggiante e un tesserino del Ministero dell'Interno. Secondo l'accusa, millantava anche rapporti con imprenditori internazionali.

La ricostruzione della dinamica

I carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Porta Monforte in collaborazione con quelli del Nucleo Investigativo di Milano, hanno accertato, grazie all'analisi dei tabulati telefonici, delle immagini estrapolate dagli impianti di videosorveglianza e dei dati gps registrati dallo smartwatch della ragazza e con accertamenti su vari telefoni e computer utilizzati dall'imprenditore, che l'uomo il 26 marzo dopo aver invitato la vittima a una finta riunione di lavoro, le aveva somministrato, mescolandola con un caffè e un succo d'arancia, un'elevata dose di benzodiazepine, provocandole un'intossicazione con avvelenamento. Questo, spiegano i militari, "per privarla della libertà personale, trattenendola presso la propria abitazione contro la sua volontà fino al mattino seguente, porla in uno stato di incapacità di volere e di agire per abusarne e fotografarla". L'uomo, preoccupato dall'esito della perquisizione e dalle indagini, aveva addirittura tentato di crearsi un alibi, consigliando familiari e amici a rendere dichiarazioni compiacenti e accusando la studentessa e la sua famiglia di tentare un'estorsione ai suoi danni. 

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