Traffico droga tra Milano e Spagna: ordinanza a carico di 17 persone

Lombardia
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Sette sono finiti in carcere, uno ai domiciliari e nove tra obblighi di dimora e firma. La rete di spaccio, in particolare di marijuana e hashish, portava a un giro d’affari di oltre 20 milioni di euro

Il Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Milano, nelle indagini della Dda e condotte anche dalla Polizia locale, ha eseguito un'ordinanza a carico di 17 persone, tra italiani e albanesi (7 in carcere, uno ai domiciliari e nove tra obblighi di dimora e di firma) per un maxi traffico di droga, tra Milano e la Spagna, in particolare di marijuana e hashish, per un giro di affari di oltre 20 milioni di euro.

L’inchiesta

L'ordinanza è stata firmata dal gip Raffaella Mascarino. In particolare, nell'inchiesta, come comunica il procuratore Francesco Greco in una nota, sono stati smantellati tre gruppi, uno dei quali voleva procacciare "nuovi clienti all'interno di noti locali esclusivi situati nel quartiere della “movida" milanese, "mediante l'offerta sul mercato non solo di cocaina ma anche di altri stupefacenti difficilmente reperibili, come marijuana del tipo amnesia ed hashish del tipo kritical". La marijuana veniva coltivata in Spagna, grazie anche ad un "esperto agronomo", e ciò permetteva di abbattere "i costi di produzione". Lo scorso luglio venne sequestrata una maxi piantagione proprio in Spagna. I gruppi avevano anche a disposizione armi e cellulari "criptati" con specifici software.

“Emersa ‘ristrutturazione’ business di spaccio”

Dall'indagine, coordinata dai pm Grazia Colacicco, Silvia Bonardi e dall'aggiunto Alessandra Dolci, tra l'altro, è emersa una "vera e propria operazione di 'ristrutturazione' del business dello spaccio della cocaina da parte del gruppo, dovuta alla poca remuneratività della piazza di Milano", dove i prezzi di vendita "risultavano diminuiti a causa di un eccesso di offerta". L'indagine, segnala la nota della Procura milanese, è l'ultimo sviluppo di una più complessa inchiesta ribattezzata "Royale" che da gennaio 2019 ha già portato all'arresto di altre 10 persone e al maxi sequestro di "quasi 6 tonnellate di cannabis".

I gruppi

La prima "cellula" smantellata era attiva soprattutto nell'hinterland milanese, tra Abbiategrasso e Rozzano, per lo spaccio di cocaina e marijuana e gli incontri per gestire il traffico avvenivano soprattutto vicino ad "un cimitero". Un secondo gruppo, composto da albanesi, era in contatto con un trafficante già in carcere (comunicava con un telefono nascosto). Il terzo gruppo aveva, invece, collegamenti anche in Germania e riciclava soldi anche con un meccanismo di sovrafatturazione degli incassi di una "barberia a Rozzano". Una "villa nella Provincia di Lerida" in Spagna, infine, sarebbe stata usata come "centro operativo e per l'essicazione e il confezionamento" della droga.

Le intercettazioni

"A Milano anche se hai la 'bianca', ce l'hanno tutti. Non si vende facilmente. Perché ce l'hanno gli altri (...) I soldi si fanno ma Milano è piena di roba". Così D.F., uno degli arrestati nel blitz, parlava intercettato del fatto "che il commercio di cocaina a Milano non fosse più economicamente conveniente come in passato, poiché, recentemente, si era registrato un eccesso di offerta rispetto alla domanda". Lo si legge nell'ordinanza. Secondo D.F. e un altro arrestato, come riassume il gip, "troppi soggetti erano contemporaneamente impegnati nello smercio" di 'bianca', ossia cocaina, a Milano: "Quando vendevo io la 'bianca' - si legge nell'intercettazione dello scorso giugno - normale si vendeva ... perché a noi appena ci arrivava la cedevamo direttamente perché non ce n'era tanta in giro, non trafficavano tutti, invece adesso anche le donne lo fanno". Sempre D.F. "ritiene - scrive il gip - che fare 500.000 euro con l'erba è fattibile, magari non si fanno milioni ma 500.000 si fanno, per di più in Spagna si fa subito perché si vende". E lo stesso arrestato e L.C., anche lui ora in carcere, "affermavano di essere stati costretti a custodire ed occultare per mesi in un'abitazione, a loro disposizione, ingenti quantitativi di cocaina, proprio a causa delle difficoltà a 'piazzarla'". Spiegavano di avere un guadagno dallo spaccio di cocaina "di circa 2.000 euro al chilogrammo (differenza tra il costo d'acquisto e quello di cessione), riuscendo così a ricavare un utile di circa 16.000 euro a settimana". Una "constatazione", si legge ancora, che ha "spinto" i due "a diversificare la loro attività, prevedendo di inserirsi nel mercato della marijuana". E a realizzare "vere e proprie coltivazioni nel territorio spagnolo". L.C. la pensava così: "Milano è finita, amico".

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