Operazione tra Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna. Sequestrato un carico di rifiuti radioattivi. Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso e associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, frode fiscale, autoricilaggio, usura ed estorsione. Vedi nota sotto di ARREDOMANIA
Nell'ambito di una indagine della Dda di Milano, dieci persone sono state condotte in carcere e altre otto sono finite ai domiciliari per associazione per delinquere di tipo mafioso e associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, frode fiscale, autoricilaggio, usura ed estorsione. L’operazione, condotta tra Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna dal Gico, dalla guardia di finanza e dalla Squadra Mobile di Lecco, ha portato al sequestro di un carico di rifiuti radioattivi. La Procura ha ricostruito l'attività di un sodalizio mafioso nel Lecchese che, secondo gli investigatori, sarebbe stato guidato da Cosimo Vallelonga, 72 anni, ritenuto esponente di spicco della ‘ndrangheta e già condannato.
Il blitz
Durante l'operazione scattata questa mattina sono state effettuate numerose perquisizioni nelle quali sono stati rinvenuti beni di valore e armi detenute illegalmente. Inoltre è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo per equivalente di oltre 120 mila euro e di quote di società utilizzate per operazioni illecite. I provvedimenti firmati dal gip Alessandra Clemente su richiesta del pm della Dda Paola Biondolillo e Adriano Scudieri, come si legge in una nota firmata dal Procuratore della Repubblica Francesco Greco, sono lo sviluppo di un'attività investigativa che ha consentito di accertare come Vallelonga - già condannato per associazione di stampo mafioso in seguito alle inchieste di metà degli anni '90 'La notte dei fiori di San Vito' e del 2010 con il nome 'Infinito' - dopo aver scontato l'ultima condanna ha ripreso i contatti e "rivitalizzato il sodalizio mafioso". Un'attività che avrebbe portato avanti ricevendo anche nel suo ufficio all'interno del negozio "Arredo Mania" di La Valletta Brianza altri esponenti della 'ndrangheta per dirimere controversie e concordare nuove strategie ed eludere i controlli. Gli incontri sarebbero avvenuti anche con imprenditori locali, sia per erogare prestiti a tassi usurari sia per organizzare il reinvestimento di proventi di attività illecite in campo economico. Tra gli uomini di fiducia di Vallelonga c'è anche Vincenzo Marchio, figlio di Pierino altro affiliato e storicamente legato alla famiglia Coco Trovato.
Il traffico di rifiuti
“L'imponente" traffico illecito di rifiuti sarebbe stato organizzato, secondo le indagini, sempre da Vallelonga e i suoi coindagati, attraverso imprese che operano nel settore del commercio di metalli ferrosi e non ferrosi avrebbe portato a una movimentazione illegale di oltre 10 mila tonnellate di materiale anche con l'utilizzo di società cartiere che hanno annotato fatture false per circa 7 milioni di euro. Il denaro per gli acquisti in nero del materiale ferroso si aggira attorno a 30 milioni. Nel maggio del 2018 poi è stato pure sequestrato un "pericoloso carico di rifiuti radioattivi" di 16 tonnellate proveniente dalla provincia di Bergamo. Inoltre è stato riscontrato come i proventi illeciti siano stati reimpiegati anche in attività di ristorazione e del commercio di auto, oltre che nel settore sempre dei rifiuti. Infine sono stati ricostruiti episodi di usura, con tanto di condotte estorsive per il recupero crediti, in danno di almeno 8 persone in difficoltà economiche, tra cui diversi imprenditori lombardi: 750 mila euro di prestiti a tassi di interesse fino al 40 per cento.
L'intercettazione
"Un settanta milioni da girare, non so se in dollari o in euro, mi servirebbe fare delle fatture". Così intercettato un presunto appartenente della cosca della 'ndrangheta Morabito-Palamara-Bruzzaniti parlava con Cosimo Vallelonga, parlava nel 2018 di una "grossa ditta" che "aveva bisogno di far 'girare' un'enorme cifra di denaro" con un sistema di false fatturazioni. Il particolare emerge nelle oltre 500 pagine dell'ordinanza firmata dal gip. Stando agli atti, Vallelonga, una volta scarcerato, avrebbe ripreso a guidare il clan dal suo negozio. Dall'intercettazione sui "70 milioni" emerge, scrive il gip, la sua disponibilità "a mettere a disposizione la sua caratura criminale, le sue conoscenze e in definitiva" il suo "capitale mafioso". E Vallelonga, infatti, si sarebbe impegnato "per risolvere il problema" postogli dal presunto affiliato al clan calabrese.
Le minacce del boss: “Sparo come in Calabria”
"Vi faccio come facciamo in Calabria", con queste parole, stando alle intercettazioni, Vallelonga minacciava nel suo negozio di mobili nel Lecchese due vittime di usura, che dovevano restituire un "prestito", si legge nell'ordinanza firmata dal gip. Come risulta dagli atti, nell'ottobre 2018 Vallelonga avrebbe intimato ad una delle due vittime "di lasciare fuori dal locale il cellulare", dopo avergli anche "chiesto se avesse addosso dispositivi di registrazione". Un'altra delle vittime del clan, che, come si legge, agiva in vari settori e con i metodi 'classici' della mafia calabrese da anni ormai "pervasiva" in Lombardia, ha messo a verbale che nell'estate del 2017 "venne condotto in un capannone da Vallelonga" e da Vincenzo Marchio, altro arrestato e 'braccio destro' del boss. Vallelonga, stando al verbale, prese "una pistola" con silenziatore e gliela puntò "alla testa, all'altezza della bocca, ribadendo di esigere da me la restituzione del denaro". Lo stesso boss nel dicembre 2017 avrebbe detto anche di "aver pronta la borsa dei ferri e che non aveva problemi a tirarla fuori".
Vallelonga inoltre intrecciava rapporti con imprenditori professionisti "parte della cosiddetta società civile". Tra questi, come risulta in un'informativa della Gdf di Milano, anche Elena Ghezzi, nota imprenditrice non indagata, presidente di Confartigianato Donne Lecco dal 2012 e presidente di Donne impresa Lombardia. Come risulta dalle telefonate intercettate Elena Ghezzi, avrebbe svolto un ruolo di "intermediaria" per alcuni affari che non si sono però mai concretizzati, e inoltre perché nella primavera 2018 avrebbe cercato di procurare al 72enne un invito a un evento all'Ambasciata italiana del Principato di Monaco in quanto "poteva essere l'occasione per conoscere 'clienti importanti' (..) imprenditori di alto livello". Anche in questo caso nulla andò in porto.
La nota di Arredomania
“Il titolare di ARREDOMANIA ha contattato la Redazione per precisare che l’esercizio commerciale, la proprietà e i suoi collaboratori e dipendenti sono totalmente estranei alle vicende relative all’indagine di cui all’articolo e alle relative contestazioni, segnalando che l’attività commerciale del negozio sta proseguendo in modo assolutamente regolare, non essendo gli esercenti destinatari di alcun provvedimento da parte dell’Autorità Giudiziaria”.
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