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Covid Lombardia, Fontana al governo: "Aprire ristoranti fino alle 22"

Lombardia

Per i vertici della Regione è "importante che tale decisione venga presa al di là della crisi politica in atto" e questo in relazione "alla situazione di estrema emergenza in cui versa un'intera categoria"

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Il presidente della Regione Attilio Fontana e l'assessore allo Sviluppo economico Guido Guidesi hanno inviato una lettera formale al Governo per chiedere di prolungare l'orario di apertura dei ristoranti e delle attività assimilabili fino alle ore 22. (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI MAPPE E GRAFICI DEI CONTAGI)

Per i vertici della Regione è "importante che tale decisione venga presa al di là della crisi politica in atto" e questo in relazione "alla situazione di estrema emergenza in cui versa un'intera categoria". Alla luce dei dati dell'andamento epidemiologico, della campagna vaccinale in atto e della necessità di scongiurare la crisi del settore dei pubblici esercizi, il governatore e l'assessore chiedono "di estendere il periodo di attività fino alle ore 22". Fontana e Guidesi sollecitano il Governo a "intraprendere ogni utile azione affinché sia concesso al mondo della ristorazione questa ulteriore facoltà, nel rispetto, ovviamente, delle misure di contrasto e contenimento dell'epidemia".

Fipe: "Bene sulle riaperture, è buon senso"

L'iniziativa di Regione Lombardia, una presa di posizione ufficiale e "autorevole", "legittima una richiesta fatta anche da noi con buon senso", spiega Lino Stoppani, presidente nazionale della Federazione Pubblici Esercizi e di Epam Milano. La Fipe  ora domanda "che il Governo che si sta costituendo in questi giorni provveda nel più breve tempo possibile all'emanazione di un nuovo Dpcm per consentire di aprire a cena fino alle 22 in fascia gialla e durante le ore diurne in fascia arancione a chi ha spazi con tavoli". Un modo per ripartire in un momento difficilissimo dopo che lo scorso anno "a livello nazionale abbiamo perso 37,7 miliardi di euro, senza considerare poi le chiusure successive". "Tanti colleghi - ha aggiunto - hanno rinunciato a ripartire: si parla di 50-60 mila ed è un quadro prudenziale. Il poco fieno che c'era è stato mangiato. Adesso le aziende hanno bisogno di sicurezza. Non possono riaprirci e richiuderci con l'interruttore".