Vaccino Covid, il San Gerardo di Monza ne sperimenterà uno italiano. Video

Lombardia

A metà gennaio il centro di ricerca lombardo, assieme allo Spallanzani di Roma e il Pascale di Napoli, dovrebbe iniziare la sperimentazione su un campione di 80 volontari

Un vaccino tutto made in Italy che per la prima volta nel nostro Paese utilizza il Dna contro il Covid. L'orizzonte è quello di metà gennaio, quando presso il centro di ricerca dell'ospedale San Gerardo di Monza, insieme allo Spallanzani di Roma e Pascale di Napoli, dovrebbe partire la sperimentazione di fase uno di un vaccino anti-Covid italiano su un campione di 80 volontari al termine della quale, dopo circa 3 mesi, sarà possibile stabilire la dose ottimale da somministrare per poi procedere alle fasi due e tre. (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - MAPPE E GRAFICI DEI CONTAGI)

Come funziona il nuovo vaccino

Un vaccino, quello a Dna, che per essere inoculato si avvarrà della tecnica dell'elettroporazione. “Viene praticamente applicato uno strumento con quattro elettrodi piccolissimi, viene data una piccola scossa al muscolo deltoideo, dopo aver somministrato il vaccino a Dna. L'elettroporazione permette fondamentalmente due cose. La prima è la creazione di pori e quindi l'entrata del DNA nelle cellule e la seconda è la frammentazione del Dna”, spiegano i ricercatori. Ideato dall'italiana Takis, il vaccino è ancora alle battute iniziali della sperimentazione è stato sviluppato dalla Rottapharm Biotech, piccola azienda farmaceutica brianzola che ha compiuto gli studi di tossicologia, che sarà responsabile dello studio clinico. Un'azienda che finora ha finanziato con le proprie risorse un vaccino che utilizza una tecnologia diversa da quella delle altre case farmaceutiche in dirittura d'arrivo e che proprio in questa sua diversità, vede un potenziale punto di forza. “È possibile che un vaccino a Dna abbia una durata superiore agli altri, va verificata sperimentalmente. In termini di ripetibilità, quindi è giusto investire anche in piattaforme tecnologiche diverse rispetto a quelle che sono arrivate prima”, concludono i ricercatori.

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