Terrorismo, Alice Brignoli: “Isis non era posto idilliaco, è stato un grosso errore”

Lombardia

La foreign fighter italiana, arrestata in Siria dai carabinieri del Ros, è stata ascoltata dal gip Manuela Cannavale. Durante l’interrogatorio ha riferito di essere ancora di fede islamica, seppur non più “radicalizzata”, e che i suoi figli non sono stati addestrati

“È stato un grosso errore, lo Stato islamico in Siria non era il posto idilliaco che ci aspettavamo quando siamo partiti nel 2015, rispondendo al richiamo di al-Baghdadi, anzi volevamo tornare indietro". Questo, in sostanza, quanto riferito nell'interrogatorio davanti al gip Manuela Cannavale, da Alice Brignoli, la foreign fighter italiana arrestata in Siria dai carabinieri del Ros con l'accusa di terrorismo internazionale, e riportata in Italia assieme ai quattro figli. Proclamandosi sempre di fede islamica, la donna, 42 anni e moglie del deceduto militante dell'Isis di origni marocchine Mohamed Koraichi, ha sostenuto di non essere più "radicalizzata", pur ammettendo le responsabilità, e ha cercato di spiegare che i figli non sono stati addestrati. All'interrogatorio ha preso parte anche il capo del pool antiterrorismo milanese, Alberto Nobili. 

“Nessun posto idilliaco, abbiamo trovato la guerra”

Dopo aver ascoltato a metà 2014 il proclama con cui il califfo Abu Bakr al-Baghdadi annunciò la fondazione dello Stato islamico, Alice Brignoli e il marito decisero di partire per la Siria lasciando la loro casa a Bulciago, nel Lecchese, dove la famiglia - ha riferito la donna al gip - non si sentiva a proprio agio, anche perché "venivamo presi in giro in quanto islamici". Nel 2015 affrontarono quindi un "viaggio di cinque giorni in auto" fino alla Siria, dove hanno vissuto a Raqqa e in altre località. "Ci aspettavamo un posto idilliaco per gli islamici, con case e scuole, ma abbiamo trovato la guerra", ha detto la 42enne, aggiungendo che in più di un'occasione avrebbero tentato invano di tornare indietro.

“Felice che i miei figli siano tornati in Italia”

Di fronte alla foto del suo figlio maggiore, di appena sette anni all'epoca della partenza, che imbracciava un fucile, la donna ha tentato di sminuire, sostenendo che i bambini non sono stati addestrati. Era il marito, ha spiegato, che combatteva e che teneva i contatti con gli uomini dell'Isis. Brignoli si è anche detta “felice” che i suoi quattro figli (uno dei quali nato in Siria) siano tornati in Italia e che stiano bene. Venerdì verrà nuovamente interrogata, questa volta dai pm. L'indagine, coordinata anche dal pm Francesco Cajani, mira a comprendere nei dettagli l'organizzazione del viaggio verso la Siria compiuto dalla famiglia, per verificare anche se nell'area di Lecco e dintorni ci siano personaggi che ancora forniscono assistenza agli aspiranti foreign fighter.

La vicenda

La vicenda di Alice Brignoli e Mohamed Koraichi, i cui nomi erano finiti nell'elenco dei foreign fighters italiani, è emersa a maggio del 2015, quando la madre della donna ne aveva denunciato la scomparsa. "Aisha", come si faceva chiamare dopo la conversione, secondo quanto ricostruito aveva iniziato il percorso di radicalizzazione insieme al marito nel 2009, in concomitanza con la nascita del primo figlio. Con il passare del tempo i due hanno tagliato i ponti con le famiglie e a maggio del 2015 sono partiti verso la Siria, passando per la Turchia. "Sono partita, non mi cercate, non torno”, il biglietto che la donna aveva lasciato nella camera del suo appartamento. Dopo l'arresto e il rientro in Italia, Brignoli è stata portata nel carcere milanese di San Vittore mentre i suoi figli sono stati affidati ai Servizi Sociali.

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