'Ndrangheta in Lombardia, 4 arresti. Il gip: boss "padrone" di un hotel a Finale Ligure

Lombardia
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L’uomo avrebbe anche imposto che la sua compagna "soggiornasse gratuitamente in una suite a lei riservata", si legge nell’ordinanza di arresto

Quattro persone sono state arrestate oggi in un blitz contro la 'ndrangheta in Lombardia. Tra loro anche A. P., 52enne figlio di D. P. e cugino di C. P, entrambi boss della 'locale' di Desio (Monza) e arrestati nella maxi inchiesta 'Infinito' del 2010. Il 52enne, si legge nell'ordinanza firmata dal gip di Milano Guido Salvini, emessa su richiesta dei pm Adriano Scudieri e Francesco Cajani, sarebbe diventato il "padrone" dell'Hotel del Golfo di Finale Ligure, in provincia di Savona. L’uomo avrebbe anche imposto che la sua compagna "soggiornasse gratuitamente in una suite a lei riservata". L'indagine è stata condotta dalla polizia postale e coordinata dalla Dda guidata dall'aggiunto Alessandra Dolci.

Le indagini

L'indagine, durata oltre un anno, ha portato anche "al sequestro di quote societarie" della società proprietaria del resort. L'inchiesta nasce dall'operazione 'Bruno', conclusa nel 2018 con l'arresto tra Italia e Romania di 21 persone (e altri 14 indagati) per associazione a delinquere transnazionale, frode informatica, accesso abusivo a sistema informatico e riciclaggio di proventi di campagne di 'phishing'. L'indagine "lasciava intravedere un interesse della ndrangheta verso il cybercrime", aspetto emerso anche nell'inchiesta odierna. 

Minacce per ottenere il controllo del resort

Tra le accuse a carico del 52enne anche l'estorsione aggravata dal metodo mafioso. L'uomo, assieme ad un altro degli arrestati, O. P., "con minacce" avrebbe costretto i soci della Confort Hotels & Resorts srl, "società proprietaria dell'Hotel del Golfo", a consegnare "i certificati cartacei attestanti la titolarità delle quote della società" in modo da "ottenere il controllo di quest'ultima, senza dar seguito al contratto preliminare di vendita delle medesime quote già stipulato" con un altro socio. Il 52enne avrebbe rimarcato la sua "appartenenza" alla 'ndrangheta per imporsi sulle "vittime", un fatto, si legge nell'ordinanza, che era stato sottolineato anche dall'arrestato O. P. "in alcuni colloqui" con uno dei soci della società dell'hotel. L'uomo diceva che il 52enne era una persona "difficile da far ragionare".

La vittima: "Tengo famiglia"

"Non posso venire ... tengo famiglia ... non posso venire". Così uno dei soci della società proprietaria dell'Hotel del Golfo parlava dell'impossibilità di presentarsi nell'aprile 2018 all'assemblea, dopo le presunte minacce ricevute. Anche in occasione di una successiva assemblea dei soci, il 12 giugno del 2018 a Milano - si legge nell'ordinanza del gip - A. P. "minacciava" lo stesso socio che, poi, gli avrebbe detto: "Questa è la seconda volta che io faccio saltare la riunione ... e mi piglio io le responsabilità ... ho fatto quello che volevate". A causa "dello stato di intimidazione" il socio e sua moglie, anche lei nella società, il 28 agosto 2018 avrebbero fatto consegnare gli "originali dei certificati azionari" a O. P., "che li esibiva all'assemblea del giorno seguente e se ne impossessava". Violenze sarebbero avvenute anche nei confronti dei dipendenti: "Str.... parla piano...faccia di mer... ti taglio la testa", diceva A. P., intercettato nel giugno 2018, a un dipendente dell'Hotel del Golfo.

La suite riservata alla compagna

Fin dal 2016, poi, il 52enne avrebbe imposto che la sua compagna N. G., detta Stella, "soggiornasse gratuitamente in una suite a lei riservata, sia nella stagione estiva che in quella invernale nonostante l'hotel fosse chiuso al pubblico da ottobre ad aprile". Uno dei soci della società titolare dell'albergo, si legge nell'ordinanza, aveva fatto notare che quel soggiorno "non era mai stato registrato in hotel" ed era "maturato un debito insoluto di oltre 124.000 euro". La donna, ha spiegato il socio, "si muoveva con padronanza negli ambienti riservati al personale", avendo anche "la disponibilità delle chiavi dell'hotel". Nel giugno 2018 A. P. avrebbe anche minacciato "di morte" un dipendente dell'hotel dicendogli "che Stella 'può prendere quello che vuole ... sono io il capo'" e il primo agosto 2018 lo avrebbe picchiato "impossessandosi dei contanti presenti in cassa".

Le intercettazioni

"Prendiamo in mano la situazione spiaggia e tutte cose! (...) Tanto li prendiamo 6-700 mila euro in tre mesi". Così parlava, intercettato nel giugno 2018, A. P. riferendosi all'operazione con la quale avrebbe assunto il controllo dell'hotel in Liguria. Il 52enne, emerge dalle intercettazioni, si comportava "come il proprietario dell'hotel" e diceva, riassume il gip, "che farà anche posizionare le sdraio sulla spiaggia". Un altro dei soci, parlando intercettato con il 52enne, diceva: "ho perso il lavoro ... ho perso l'albergo ... ho perso casa ... cioè sono distrutto". 

L'usura e le estorsioni

Ad A. P. e a E. M. S., altro arrestato, viene contestato anche un episodio di usura. Si sarebbero fatti "dare e promettere", tra il 2018 e il 2019, da un imprenditore in crisi, come corrispettivo di un prestito di 10mila euro, "interessi usurari pari a circa il 5% del capitale su base mensile". Inoltre ai due e a un terzo arrestato, il romeno F. K., viene contestata anche un'altra estorsione aggravata dal metodo mafioso: avrebbero cercato di costringere con minacce una persona a consegnare loro 300mila euro, che dovevano servire sulla carta per "un progetto in Africa". E avrebbero cercato di farsi restituire dalla stessa persona altri 135mila euro. Nel novembre del 2019, però, la vittima dell'estorsione aveva sporto denuncia. E. M. S., come emerso nell'inchiesta, avrebbe minacciato la vittima dicendo che "aveva conoscenze con mafiosi e in un modo o nell'altro dobbiamo risolvere". Inoltre avrebbe fatto recapitare nella casetta della posta dell'abitazione della vittima un biglietto anonimo con scritto "siamo passati a trovarti". Il romeno, poi, avrebbe inviato un messaggio WhatsApp sul telefono della moglie della vittima con scritto "Domani alle 13 sarò anche io al ristorante", locale dove si sarebbe tenuto il ricevimento per la comunione della figlia della coppia. E ancora telefonate anonime ai genitori della vittima con messaggi del tipo: "verranno a prenderlo e picchiarlo ed ammazzarlo di botte". 

Le infiltrazioni mafiose 

Secondo l'accusa inoltre E. M. S., professionista nel settore dell'intermediazione finanziaria, segnalava alla 'ndrangheta "le potenziali vittime" e pianificava le operazioni finanziarie in quello che è stato definito un "grave episodio di infiltrazione mafiosa nel contesto economico ed in particolare nel settore turistico - alberghiero". L'uomo, si legge nell'ordinanza del gip, sarebbe stato "propenso ad attività finanziarie di natura illecita potendo egli stesso contare sull'esperienza maturata all'interno della sua professione di promotore finanziario per la Banca Mediolanum". 

La Questura di Milano, in una nota, mette in guardia contro "il tentativo da parte di famiglie mafiose di mettere le mani su realtà imprenditoriali in crisi, mediante iniezione di capitali 'freschi' ed utilizzo, ove necessario, di metodi intimidatori per ottenere il controllo di attività economiche di rilievo". La polizia invita "sempre più e con maggiore forza, gli imprenditori a denunciare subito ogni forma di minaccia o semplici avvicinamenti esplorativi da parte di soggetti dotati di una certa 'liquidità', anche in cripto-valuta, segnalando siti internet e caselle di posta elettronica emerse in relazione a questi fenomeni criminali".

Nel cellulare foto di una torta 'decorata' con pallottole

Una torta con su scritto il numero 40 "formato da pallottole" e poi "una pistola, dei soldi e il volto del noto attore americano Al Pacino quando, nel film Scarface, interpretava il ruolo di un gangster mafioso, italiano, emigrato negli Usa". E' un'immagine trovata nel telefonino del figlio di A. P., "scattata - scrive il gip Guido Salvini nell'ordinanza in cui viene mostrata l'immagine - ad una torta in occasione del compleanno" del fratello di A. P., che "compiva 40 anni". Per restare "in tema di armi", si legge, dall'analisi del telefono di O. P. "risultano altre immagini che ritraggono A. P. e suo figlio" mentre "si addestrano al tiro imbracciando armi lunghe, in un luogo non individuato". Nell'ordinanza anche intercettazioni in cui il padre e il figlio parlano nell'ottobre 2018 di una scritta trovata dal figlio "su uno dei banchi" della scuola privata "da lui frequentata" e con la seguente frase: "ndrangheta ricicla denaro". Secondo il gip A. P. "è parte attiva nei prestiti di danaro, a tasso usuraio, verso imprenditori in difficoltà, sperimentando più volte la capacità di insidiarsi in attività economiche" ricorrendo anche a "intimidazioni, pur di trarne beneficio". Ed è "senza remora quando deve minacciare gravemente di morte chi non rispetta le sue disposizioni".

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