Coronavirus, Fondazione Gimbe: “Lombardia sottostima dati”. La Regione querela

Lombardia

Durante un'intervista al presidente della Fondazione è stato chiesto se la Lombardia sia tra le Regioni che "aggiustano i numeri per paura di essere fermate". Alla domanda è stato risposto in modo affermativo, "anche perchè in Lombardia si sono verificate troppe stranezze negli ultimi tre mesi", ha aggiunto il presidente

In una nota, a cui poi è seguita una querela, la Regione Lombardia definisce "gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero" le parole del presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta che, a Radio 24, parlando della Lombardia, ha sostenuto che "si combinano anche magheggi sui numeri" riguardanti l'emergenza Coronavirus (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - L'EMERGENZA IN LOMBARDIA). Secondo la Regione, invece, "in Lombardia i dati sono pubblicati in modo trasparente. Nessuno, a partire dall'Iss, ha mai messo in dubbio la qualità del nostro lavoro. È inaccettabile ascoltare simili affermazioni che ci auguriamo siano rettificate da chi le ha pronunciate". Su Twitter poi il presidente ha scritto, in risposta alla nota: "Fondazione Gimbe riporta numeri veri ma scomodi".

La querela

"Regione Lombardia, attraverso il proprio ufficio legale, ha deciso di presentare una querela contro la Fondazione Gimbe e il suo presidente Nino Cartabellotta", ha comunicato la Regione Lombardia, spiegando che si tratta di "un atto inevitabile, il nostro, dopo quanto affermato dal presidente della fondazione che, parlando dei dati sanitari della Lombardia, ha dichiarato, fra l'altro, che 'si combinano anche dei magheggi sui numeri'". Si tratta di "accuse intollerabili e prive di ogni fondamento - si legge nella nota - per le quali il presidente di Gimbe dovrà risponderne personalmente. I nostri dati, come da protocollo condiviso da tutte le Regioni, vengono trasmessi quotidianamente e con la massima trasparenza all'Istituto Superiore Sanita'".

Cartabellotta: "Troppe stranezze negli ultimi tre mesi"

Durante l'intervista a Radio 24 al presidente della Fondazione è stato chiesto se la Lombardia sia tra le Regioni che "aggiustano i numeri per paura di essere fermate" e Cartabellotta ha dichiarato che "la risposta è affermativa, anche perchè in Lombardia si sono verificate troppe stranezze negli ultimi tre mesi: soggetti dimessi che venivano comunicati come guariti alla Protezione civile e andavano ad alimentare il cosiddetto silos dei guariti, alternanza e ritardi nella comunicazione e trasmissione dei dati che sarebbe stata giustificata nella prima fase e molto meno ora. Come se ci fosse la necessità di mantenere sotto un certo livello il numero dei casi diagnosticati".
Dalla Lombardia vediamo una "smania quasi ossessiva nel riaprire perché è il motore economico d'Italia. Però la nostra grossa preoccupazione è che la Regione Lombardia sarà quella che uscirà per ultima da questa tragedia nazionale perché è ovvio che la volontà politica non è quella di dominare l'epidemia, ma di ripartire al più presto con tutte le attività e questo non lascia tranquilli", ha detto il presidente durante l'Intervista. La Lombardia, ha aggiunto, "ha avuto probabilmente una enorme diffusione del contagio prima del caso di Codogno e probabilmente le misure del lockdown dovevano essere più rigorose e intensive. Avevamo chiesto ad esempio, la chiusura della Lombardia come successo a Wuhan, perché quel livello di estensione dei contagi così alto non poteva che essere la testimonianza che il virus serpeggiava in modo molto diffuso già a febbraio". Questo, ha concluso Cartabellotta, "non è stato fatto, sono state prese una serie di non decisioni, come la mancata chiusura di Alzano e Nembro, che ha determinato la diffusione incontrollata nella bergamasca".

"Lombardia metta dati in formato open come fanno altre regioni"

"Da tempo abbiamo denunciato che la Lombardia comunica in un unico dato dimessi e guariti, e se i guariti sono sovrastimati Rt si abbassa", afferma Cartabellotta dopo la replica della Regione Lombardia, invitando la Regione a rendere disponibile tutti i dati in formato open "come fanno altre Regioni. Per i dimessi non si conosce il loro status di guarigione clinica o virologica e, come 'casi attivi' devono restare in isolamento domiciliare. Oltre alla distorsione del quadro epidemiologico nazionale (la Lombardia in alcune fasi dell'epidemia riportava oltre il 50% dei guariti), l'indice Rt utilizzato dal ministero della Salute è condizionato dai casi chiusi, decessi e guariti. Di conseguenza, se i guariti sono sovrastimati l'Rt si abbassa. A questo va aggiunta - conclude il presidente - la mancata disponibilità dei decessi su base provinciale e comunale. Infine, è impossibile verificare i dati come per altre Regioni visto che non sono disponibili in formato open".

La Fondazione: "Lombardia non è pronta per la riapertura tra regioni"

Secondo un'analisi della Fondazione Gimbe, le regioni Lombardia, Piemonte e Liguria, non sono pronte, dal punto di vista epidemiologico, alla riapertura tra Regioni di cui si discute per il 3 giugno. "Le analisi post lockdown della fondazione Gimbe dimostrano che in queste tre Regioni si registra la percentuale più elevata di tamponi diagnostici positivi e il maggior incremento di nuovi casi", si legge in una nota, diffusa dopo l'intervento del presidente del Gimbe Nino Cartabellotta a Radio 24, che ha provocato lo scontro con la Regione Lombardia. La Fondazione Gimbe, per arrivare alle sue conclusioni, ha valutato tre elementi nel periodo 4-27 maggio: percentuale di tamponi diagnostici positivi, tamponi diagnostici per 100mila abitanti, incidenza di nuovi casi per 100mila abitanti.

L'analisi

Lombardia, Piemonte, Liguria, Puglia ed Emilia-Romagna risultano superiori alla media nazionale per quanto riguarda la percentuale di tamponi diagnostici positivi, ma anche per l'incidenza di nuovi casi per 100.000 abitanti: rispetto alla media nazionale, la Lombardia ne ha 96, la Liguria 76 e il Piemonte 63. Negli ultimi 20 giorni la Lombardia ha avuto il 6% di tamponi diagnostici positivi, termine che indica i tamponi fatti per la diagnosi del Sars-Cov-2 ed esclude quelli eseguiti per confermare la guarigione virologica o per la necessità di ripetere il test. Un numero "particolarmente rilevante", insieme a quello della Liguria, pari al 5,8%. A fronte di una media nazionale del 2,4% di tamponi diagnostici positivi, le altre regioni che ne hanno una percentuale più alta della media sono il Piemonte (con il 3,8%), la Puglia (3,7%) e l'Emilia Romagna (2,7%). "Il governo - commenta Cartabellotta - a seguito delle valutazioni del Comitato Tecnico-Scientifico si troverà di fronte a tre possibili scenari: il primo, più rischioso, di riaprire la mobilità su tutto il territorio nazionale; il secondo, un ragionevole compromesso, di mantenere le limitazioni solo nelle tre Regioni più a rischio, con l'opzione di consentire la mobilità tra di esse; il terzo, più prudente, di prolungare il blocco totale della mobilità interregionale, fatte salve le debite eccezioni attualmente in vigore".
 

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