Secondo un'analisi della task-force sanitaria di Regione Lombardia citata dal Corriere della Sera, il 26 gennaio almeno 160 persone avevano già contratto il virus tra Milano e provincia, 1.200 in tutta la Lombardia
Covid-19 circolava a Milano già il 26 gennaio, quasi un mese prima della scoperta del paziente 1 a Codogno (Lodi), il 21 febbraio. Secondo il Corriere della Sera il 26 gennaio almeno 160 persone avrebbero già contratto il virus tra Milano e provincia, 1.200 in tutta la Lombardia. I dati sono contenuti in un'analisi della task-force sanitaria di Regione Lombardia che dà conto di quello che il quotidiano definisce "mese oscuro", nel quale la catena di contagio s'era già innescata e in cui all'inizio i suoi sintomi vennero scambiati per la coda dell'influenza e la malattia si diffondeva senza essere intercettata. (DIRETTA - GLI AGGIORNAMENTI IN LOMBARDIA)
Il “Giorno 0”
Secondo Il Corriere, che riporta anche i grafici dell'analisi della task force della Regione Lombardia, è "altamente probabile che già il 26 gennaio, una sorta di "Giorno 0", solo a Milano ci fossero già i primi 46 casi di Covid-19 (su 543 in tutta la Lombardia). L'analisi è contenuta in un grafico che analizza la "distribuzione della curva di inizio dei sintomi per i casi positivi".
Lo studio sul contagio
I tamponi per la ricerca del coronavirus iniziano a registrare casi "positivi" dal 21 febbraio, quando in Italia si realizza che l'epidemia è arrivata. Se si guarda dunque al progressivo aumento dei contagiati, la curva comincia a salire appunto dal 21 febbraio e s'impenna fino ai 74.348 infettati in Lombardia al 28 aprile. Mano a mano che i pazienti 'positivi' sono stati scoperti e certificati con i tamponi, è stato chiesto loro quando avessero avuto primi sintomi e il fatto che i tecnici della Regione Lombardia collochino proprio in quel singolo giorno l'inizio dei sintomi per un numero di pazienti molto alto rispetto alle tre settimane successive è probabilmente frutto di un 'arrotondamento'. "Per tutti i pazienti certificati Covid-positivi a fine febbraio e che, nella loro memoria, collocavano l'inizio dei sintomi molto indietro nel tempo, sarebbe stata identificata quella data come termine massimo oltre il quale non era possibile retrocedere i primi sintomi", conclude il quotidiano.