Coronavirus, medico del San Matteo di Pavia: “Per fase 2 serve diagnosi precoce”. Video

Lombardia

“Sarà fondamentale fare diagnosi quasi immediate”, ha detto Raffaele Bruno, medico dell'ospedale San Matteo di Pavia che ha condotto uno studio in collaborazione con l'università di Trento, l'università di Udine e l'università di Milano 

Raffaele Bruno, medico dell'ospedale San Matteo di Pavia, ha spiegato, come emerso dalla studio pubblicato su Nature Medicine, l'importanza di effettuare durante la fase 2 diagnosi tempestive. Il lavoro di ricerca è stato svolto in collaborazione con l'università di Trento, in particolare con Giulia Giordano, l'università di Udine e l'università di Milano. (DIRETTA)

Lo studio

“Lo studio è stato fatto producendo un modello matematico per capire quale sarà la possibilità di riammissione nella comunità delle persone – ha spiegato Bruno – Sono stati presi in considerazione vari scenari, partendo dal lockdown totale, e varie misure di contenimento, fino al tracciamento dei contatti e ovviamente una massiva diagnostica su tutta la popolazione”.

Bruno: “Fase 2 è un momento delicato della pandemia”

"La fase 2 è un momento molto delicato della pandemia, difficilmente si coniugano le esigenze epidemiologiche con quelle politiche – ha sottolineato Bruno - Il punto di incontro può essere un progressivo reintegro nella società di tutte le figure, ma resta fondamentale fare diagnosi molto precoci, quasi immediate. Questo limita la possibilità che si sviluppino focolai. L'appello è che chi avverte una sintomatologia riconducibile al coronavirus avverta immediatamente i sanitari”.

Tamponi e test sierologici

“Il tampone è uno dei metodi di diagnosi fondamentale per capire se il virus è presente ancora nelle vie respiratorie – ha spiegato Bruno – Poi abbiamo i test sierologici che tracciano gli anticorpi che permettono di capire se una persona è venuta in contatto con il virus. L'integrazione di diversi strumenti ci permette di avere una diagnostica avanzata. Aver contratto il virus e sviluppato gli anticorpi non dà la sicurezza che una persona non si possa infettare di nuovo”, ha concluso il medico.

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