Coronavirus, la testimonianza: mia madre morta all’istituto Redaelli di Milano. VIDEO

Lombardia
Il figlio

Tra chiamate senza risposta e informazioni sporadiche e vaghe, il racconto del figlio di un'anziana deceduta nella Rsa milanese, nella quale sarebbero morte 76 persone dal 12 marzo al 9 aprile secondo il sindacato Usb 

Era il 22 febbraio quando per l’ultima volta hanno potuto vedere fisicamente la “nonnina”, come affettuosamente la chiamavano. Dopodiché, per due settimane, è stato concesso a una persona sola di farle visita, fino a quando la nipote, il 9 marzo, ha trovato i cancelli dell'istituto Golgi Redaelli di Milano chiusi. Poi, il 14 marzo, la chiamata da parte del medico per avvisare che la paziente era caduta dalla sedia a rotelle. “Quando ho saputo della caduta di mia madre, ho avuto solo il tempo di tornare a casa, cambiarmi e prendere la macchina per arrivare in struttura. Ho parlato col medico per capire com’è successo, cosa che ancora adesso non abbiamo capito, non ci è stato detto”, racconta il figlio dell’anziana. Da quel momento si sono succedute chiamate senza risposta, una sola videochiamata via tablet con lei e soprattutto la notizia che anche in quella struttura era entrato il Covid. Infine, venerdì scorso, la fatidica telefonata, nella quale veniva detto che la donna non ce l’aveva fatta. (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - MAPPE E GRAFICI)

La ricostruzione della vicenda

"Il 14 marzo è stata l’ultima volta che ho potuto vedere mia mamma", prosegue il figlio. "Le settimane successive sono state molte difficili, siamo riusciti a vederla una volta sola sull’iPad - continua la testimonianza - ma non avevamo alcuna contezza di quanto stava succedendo all’interno”. Dopo qualche giorno senza riuscire a mettersi in contatto con la struttura, la dura notizia: "Ci hanno detto che anche lì era entrato il Covid".
"Ci siamo preoccupati. Non abbiamo saputo più niente fino a quando, dopo due settimane, ci hanno detto che nonna Tina aveva la febbre. A metà settimana abbiamo quindi saputo che la compagna di stanza era morta di Covid. Tutte le informazioni le abbiamo avute solo dietro nostro sollecito, fino al venerdì santo, quando abbiamo ricevuto la fatidica chiamata che non ce l’aveva fatta. A parte dire che la paziente era stabile, che le stavano somministrando cura Covid, per il resto non abbiamo saputo nulla".
"Ormai attendiamo solo l'ok delle pompe funebri. Era possibile fare diversamente. Hanno chiuso gabbie quando ormai era troppo tardi", conclude il figlio.

Il racconto di un infermiere della struttura

Una testimonianza di quanto accaduto e sta accadendo in questi giorni nella Rsa milanese giunge anche dall’interno. È quella di un infermiere in servizio nella struttura, nella quale sarebbero morte 76 persone dal 12 marzo al 9 aprile, secondo l'esposto presentato alla procura di Milano dai sindacati di base Usb. "Avevamo subito denunciato il problema dei dispositivi di protezione individuale che assolutamente mancavano ed eravamo sguarniti. La cosa che ci faceva più paura, più rabbia era che i nostri dirigenti sottovalutavano pesantemente la situazione, etichettandoci come delle persone che volevano creare allarmismi", racconta.
Anche due operatori della Rsa hanno perso la vita. I colleghi hanno appreso della morte di una di loro dalla famiglia. "Ora il personale è ridotto", spiega. "Il problema adesso, all'interno della struttura, non è tanto dei dispositivi di protezione, ma del personale. Infatti si rasenta quasi l'abbandono dei pazienti. È come stare in guerra, al fronte".

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