L'operazione, ribattezzata "Iron Coin", è scattata alle prime luci dell'alba di questa mattina e ha smantellato un'associazione a delinquere transnazionale capeggiata da due imprenditori italo-svizzeri: sei le persone arrestate
La guardia di finanza, nell'ambito dall'indagine della guardia di finanza di Pavia relativa a una maxi frode da oltre 40 milioni di euro nel settore del commercio all'ingrosso di metalli ferrosi, ha eseguito sei arresti. L'operazione, chiamata "Iron Coin", coordinata dal procuratore aggiunto Mario Venditti e dal sostituto procuratore Valeria Biscottini, è scattata alle prime luci dell'alba di quest'oggi e ha smantellato un'associazione a delinquere internazionale e capeggiata da due imprenditori italo-svizzeri.
Gli arresti e i reati contestati
In carcere, come si legge in un comunicato delle Fiamme Gialle, sono finiti i promotori della frode: due fratelli incensurati, unitamente all'ex direttore dell'ufficio postale 2 di Vigevano (in provincia di Pavia). Ai domiciliari, invece, i due figli dell'ex vertice della Posta vigevanese e un'altra persona coinvolta nella maxi frode. I reati contestati ai membri dell’associazione a delinquere, a vario titolo, sono di "peculato, frode fiscale, uso indebito di carte di credito".
Le indagini
La nota della guardia di finanza illustra anche le modalità con cui è stata portata avanti l’inchiesta: "Le indagini sono state originate dall'approfondimento di operazioni sospette effettuate principalmente dall'ufficio postale vigevanese di cui era direttore. Transazioni bancarie a sei zeri che non sono passate inosservate e che hanno spinto le Fiamme Gialle pavesi a scavare nei conti del direttore e dei suoi familiari. È stato così scoperto un vortice di fatture false e bonifici in transito sui conti correnti di svariate società, tutte scatole vuote, aventi sede in Lombardia, Piemonte e Friuli Venezia-Giulia che celavano l'attività fraudolenta dei due fratelli italo-svizzeri, oggi arrestati, amministratori di una società anonima elvetica e veri dominus di una serie di società italiane ed estere, con sedi in Svizzera, Slovenia e Croazia, operanti nel settore della lavorazione dei metalli ferrosi. Scopo del milionario giro di fatture false era frodare l'Iva, che di fatto non veniva versata nelle casse dello Stato. I conti correnti, inoltre, erano collegati a decine di carte prepagate intestate a ignari clienti dell'ufficio postale a cui era stata rubata l'identità approfittando della momentanea disponibilità dei loro documenti acquisiti durante le operazioni di sportello".