Ex Ilva, ArceloMittal smentisce progressiva dismissione impianti

Lombardia
Foto di archivio (ANSA)

Il gruppo ha depositato, nell’ambito del processo civile che si sta celebrando a Milano, una memoria con la quale replica a quella presentata lo scorso 20 gennaio dai commissari dell’ex Ilva di Taranto

Nell’ambito della causa civile in corso a Milano, ArcelorMittal ha depositato ieri una contro-memoria con la quale replica a quella presentata lo scorso 20 gennaio dai commissari dell'ex Ilva di Taranto, smentendo "il 'processo di progressiva dismissione' suggestivamente descritto dalle ricorrenti". Il gruppo franco-indiano, al contrario, afferma di aver "adeguato la gestione dei propri impianti alla crescente concorrenza, alla ridotta domanda di acciaio in Europa e alla relativa sovraccapacità produttiva globale sulla base di una razionale scelta".

"Rallentamenti non dipesi dalla volontà del gruppo"

"I lamentati rallentamenti della capacità produttiva - scrivono i legali del gruppo in risposta ai commissari dell'ex Ilva - sono dipesi da fattori indipendenti dalla volontà di ArcelorMittal, fra cui le vicende relative all'Altoforno2 (Afo2) e il generale andamento del ciclico mercato dell'acciaio e le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime conseguenti al sequestro del molo". Inoltre, "l'utilizzo a rotazione degli altoforni è dipeso principalmente da 'cause esterne quali la mancanza di materiali in ingresso allo stabilimento e l'impossibilità dell’acciaieria a ricevere la ghisa prodotta (e, comunque, non ha affatto danneggiato gli impianti)".
"Le minori modifiche nello stock di materie prime in magazzino, all'epoca del recesso, - si legge ancora - sono da ricondursi sia alle descritte difficoltà di approvvigionamento sia alla doverosa cautela derivante dall'incerta situazione di Afo2 e alla perdita della Protezione Legale, con la conseguente programmata retrocessione ordinata dei Rami d'Azienda, a ragioni, cioè, che nulla hanno a che vedere con le (inesistenti) finalità depredatorie di ArcelorMittal". 

La replica: "Mai depredato magazzino"

Replicando alle accuse mosse dalla controparte, nel documento il gruppo dichiara di non aver mai "depredato il magazzino per restituire un impianto privo delle materie prime necessarie ad assicurare la continuità produttiva”.
"Sono diffamatorie - prosegue la memoria - tutte le allegazioni relative agli asseriti danni a impianti di interesse strategico nazionale derivanti dalla presunta mala gestio di ArcelorMittal o dalle modalità con cui avrebbe inteso restituirli a Ilva". Secondo il gurppo, dunque, le nuove ragioni allegate nell'atto dei commissari dell'Ex Ilva, "sul periculum sono temerarie e rasentano la calunnia".

“Cambiata litania dopo le accuse”

La "temerarietà delle argomentazioni" dei commissari dell'ex Ilva, prosegue la memoria del gruppo, è "confermata dal fatto che, nella memoria del 20 gennaio 2020" è stata "cambiato litania: ossia, dopo aver immotivatamente accusato ArcelorMittal delle peggiori nefandezze nonché descritta, di nuovo, in modo diffamatorio, come un imprenditore d'assalto uso a distruggere concorrenti e sabotare impianti di interesse strategico nazionale, i Commissari Straordinari hanno dedotto che il periculum sussisterebbe perché Ilva non avrebbe 'né la struttura, né i mezzi' per gestirli e realizzare l'importante scopo dell'operazione a lungo negoziata". 

“Difficoltà di gestione indimostrate”

Il documento prosegue: "Oltre a essere indimostrate (anche considerato che i Commissari Straordinari hanno gestito gli impianti fino all'anno scorso, gloriandosi di aver ottenuto risultati economici migliori di quelli realizzati da ArcelorMittal), le asserite difficoltà di gestione da parte degli stessi Commissari o il 'rilievo strategico nazionale' (anche in termini occupazionali e ambientali) attribuito a uno stabilimento industriale non possono essere strumentalizzati". Una strumentalizzazione, si evidenzia nell'atto, per "imporre" a Mittal "lo stravolgimento del contesto normativo in cui gli impegni contrattuali sono stati assunti" e "costringere" la multinazionale "in via cautelare, a proseguire l'attività produttiva come se nulla fosse, esponendolo al serio rischio di responsabilità penali che erano state escluse al momento e proprio in funzione del suo investimento".

Lo scudo penale

I commissari, riporta il documento, "non escogitano nulla di meglio che aggrapparsi alla solita, sgonfia ciambella della 'inutilità' dello scudo penale quale 'doppione'" di quanto prevede il codice penale. "Sostenere che non servisse a nulla e che fosse perfettamente legittimo eliminarlo è tesi idonea per la moltitudine di trionfanti dichiarazioni politiche".

L'apertura di ArcelorMittal

E ancora: "Arcelor Mittal, andando ben oltre i propri obblighi contrattuali, sarebbe disposta a concordare, in buona fede e anche sotto la supervisione" del Tribunale "le modalità per garantire la più agevole restituzione dei Rami d'Azienda e venire incontro alle esigenze di Ilva (mentre quest'ultima si è limitata a opporre il proprio pervicace rifiuto a riprendere la gestione)".

Incontro con i sindacati il 5 febbraio sulla questione indotto

Nel frattempo ArcelorMittal ha convocato per mercoledì 5 febbraio i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm, che avevano sollecitato un incontro per discutere delle problematiche dell'indotto, in particolare dei ritardi nei pagamenti alle imprese da parte della multinazionale e i casi di sospensione di pagamento di stipendi ai lavoratori. Nei giorni scorsi un'azienda dell'appalto ha avviato le procedure per licenziamento collettivo stante il perdurare del mancato saldo fatture operato dalla committente e i lavoratori della ditta Giove hanno ricevuto un acconto dello stipendio di dicembre dopo quattro giorni di sciopero.

Annunciato un sit-in

Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltrasporti e Usb hanno annunciato per lunedì 3 febbraio un sit-in davanti alla portineria imprese dopo che la direzione aziendale di Alliance Green Services Italia Srl (Ags) ha comunicato la sospensione immediata delle lavorazioni nello stabilimento siderurgico. I titolari delle imprese dell'indotto, molti dei quali l'altra mattina hanno tenuto un presidio davanti alla direzione del siderurgico, attendono risposte concrete sul ristoro dei crediti vantati. Confindustria e i sindacati confederali hanno interessato della questione il Prefetto Demetrio Martino e stanno valutando le azioni comuni da intraprendere.

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