Milano, 'ndrangheta: 18 arresti e sequestri per 34 milioni di euro

Lombardia
Un'immagine dell'operazione (Fotogramma)

L'operazione è scattata in Lombardia, Piemonte, Lazio, Valle d'Aosta e Calabria nei confronti di 20 persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata a una frode fiscale da oltre 160 milioni di euro, estorsione, usura ed autoriciclaggio 

Un'organizzazione criminale, composta anche da soggetti vicini a membri di una famiglia 'ndranghetista da tempo radicata in Lombardia e a un gruppo criminale di origine calabrese, è stata smantellata dall'operazione scattata oggi e condotta da circa 300 finanzieri dei Comandi Provinciali della guardia di finanza di Milano e Lecco e dello Scico di Roma. Il blitz è scattato in Lombardia, Piemonte, Lazio, Valle d'Aosta e Calabria. Il Gip di Milano ha emesso un'ordinanza nei confronti di 20 persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata a una frode fiscale da oltre 160 milioni di euro, estorsione, usura e autoriciclaggio. In particolare, sono stati eseguiti 18 arresti e sequestri per oltre 34 milioni di euro.

Le indagini e il blitz

Secondo le indagini il gruppo avrebbe realizzato una complessa 'frode carosello' dell'Iva nel settore delle telecomunicazioni con l'utilizzo di una fitta rete di società 'cartiere' e 'filtro', in Paesi Ue ed extra Ue, intestate a prestanome con precedenti anche per associazione di stampo mafioso e traffico di droga. I finanzieri hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare (18 arresti) e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di 20 indagati e un sequestro preventivo "per equivalente" su beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, in Italia e all'estero, per un valore complessivo di oltre 34 milioni di euro. Eseguite anche 50 perquisizioni su tutto il territorio nazionale e all'estero, con il supporto del personale delle forze di polizia della Croazia e della Confederazione Elvetica.

La presunta truffa milionaria

Il meccanismo di frode fiscale al centro dell'inchiesta avrebbe consentito al gruppo di evadere, dal 2015 al 2018, con l'emissione e l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per oltre 160 milioni di euro, le imposte Iva e Ires per oltre 34 milioni di euro. Le indagini hanno permesso, inoltre, di riscontrare che due coniugi di esponenti di una nota cosca 'ndranghetista e un soggetto condannato per reati di mafia erano stati assunti all'interno di imprese coinvolte nella presunta frode. Nel corso delle indagini sono stati anche ricostruiti, in capo al 'dominus' dell'associazione, episodi di usura e autoriciclaggio, oltre ad un'estorsione commessa, con tipiche modalità mafiose, che ha portato il Gip alla contestazione, nei confronti di alcuni indagati, dell'accusa di associazione mafiosa.

L'affare nel settore dei rifiuti

Nel corso di una cena in un ristorante a Verbania, nel marzo 2018, il presunto boss della 'ndrangheta Bartolo Bruzzaniti avrebbe offerto ad Alessandro Magnozzi, arrestato oggi come principale indagato dell'inchiesta, anche "l'opportunità di entrare in un nuovo business afferente il settore dei rifiuti che, a suo dire, gli avrebbe fruttato un guadagno di circa 4 milioni di euro all'anno". È uno dei dettagli che emergono dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Livio Cristofano, su richiesta dei pm Sara Ombra e Gianluca Prisco, coordinati dall'aggiunto della Dda Alessandra Dolci. Dalle 270 pagine dell'ordinanza, oltre al ruolo di Magnozzi, amministratore della Nts srl e di fatto anche di un reticolo di società 'cartiere', emergono pure i racconti di una serie di imprenditori vittime di episodi di usura. Sarebbe stato proprio lo stesso Magnozzi, stando agli atti, ad individuare le persone da 'strozzare' con prestiti, perché versavano "in difficoltà economiche".

I legami con il clan

Dalle indagini emergerebbero anche i rapporti tra Magnozzi, finito in carcere, e il clan della 'ndrangheta, radicato a Milano, dei Bruzzaniti inserito nella "cosca dei Morabito-Palamara-Bruzzaniti". Agli "incontri" tra Magnozzi e "i membri della famiglia Bruzzaniti", scrive il Gip, era presente, tra gli altri, anche Gianpietro Paolo Paleari, finito oggi ai domiciliari. Secondo gli investigatori, Maria Morabito, moglie di Antonio Bruzzaniti, sarebbe stata assunta "nella Sistema srl", una delle società riconducibili a Magnozzi. E allo stesso tempo Francesca Maviglia, moglie del fratello di Antonio, Bartolo Bruzzaniti, sarebbe stata assunta nel 2016 in una altra società della 'rete' del presunto capo dell'associazione criminale.

I prestiti a 'strozzo'

L'inchiesta, come emerge dall'ordinanza, è partita dalla ricostruzione di "un giro di usura nel territorio di Monza e Lecco" che sarebbe stato gestito "da un imprenditore pisano, appunto Magnozzi" e da Paleari, "pregiudicato e già sottoposto a misure di prevenzione". Tramite quest'ultimo, l'imprenditore, secondo il Gip, sarebbe entrato "in contatto con esponenti di famiglie 'ndranghetiste da tempo insediatesi in Lombardia". Alle vittime di usura venivano prestati soldi tramite "bonifici bancari" o in contanti. Una di queste, ad esempio, ha raccontato a verbale di aver ricevuto in prestito, nel 2015, 20mila euro e che gli venne applicato un interesse "dell'80%". Un altro teste ha spiegato: "Sì, purtroppo ho conosciuto il signor Magnozzi Alessandro verso la fine del 2015 perché mi trovavo in difficoltà economica in considerazione di mancati pagamenti del ramo d'azienda". Dovette ridare i soldi indietro e con un interesse di oltre il 50%. Tra le imputazioni contestate a Magnozzi, assieme ad altri, anche una presunta tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso, da circa "70-80 mila euro". La vittima in questo caso sarebbe stata minacciata con frasi come "se ti dobbiamo sparare non ho problemi a farti sparare ... noi lavoriamo praticamente con tutte le famiglie mafiose".

I contatti con il figlio del boss ucciso

Agli atti anche intercettazioni tra Paleari e Edoardo Novella, figlio del boss della 'ndrangheta Carmelo Novella, che fu al vertice delle cosche in Lombardia e venne ucciso in un agguato nel 2008 nel Varesotto. In una telefonata Paleari forniva a Novella "informazioni su come raggiungere gli uffici di Magnozzi". Lo stesso Magnozzi, tra l'altro, in un'altra intercettazione spiegava che Bartolo Bruzzaniti, come riassume il Gip, "si occupa di tutto ciò che è connesso ai rifiuti" e che gli aveva proposto di diventare "amministratore di un consorzio che si occuperebbe delle trasformazione di materie plastiche con grandi margini di guadagno da dividere".  

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