ArcelorMittal nella memoria: "In un anno cambiate le regole del gioco"

Lombardia
Immagine di archivio (ANSA)

Il documento è stato depositato dai legali del colosso industriale e mira a contrastare il ricorso cautelare d’urgenza dei commissari dello stabilimento. I negoziati proseguono

"Il ricorso, intriso di considerazioni politiche e demagogiche, tenta chiaramente di cavalcare l'onda della pressione mediatica e istituzionale che è montata negli ultimi mesi, alimentata anche da inappropriate dichiarazioni governative ('la battaglia giudiziaria del secolo')" per portare il caso sulla scrivania del giudice, e "tentare di spazzare via ciò che conta davvero: i fatti, i documenti e le norme". E' quanto si legge nella memoria di 57 pagine depositata dai legali di ArcelorMittal nella causa civile relativa all'ex Ilva in corso a Milano per contrastare il ricorso cautelare d'urgenza dei commissari.

"Cambiate le regole del gioco"

"Il Governo di uno Stato, e i Commissari Straordinari che ha nominato, non possono indurre una società a effettuare un enorme investimento perché ha confidato su un'apposita norma di legge e poi cambiare le 'regole del gioco' durante l'esecuzione del contratto", si legge ancora nel testo, secondo cui la multinazionale "dopo aver investito euro 345 milioni, dismesso rilevanti beni in conformità alle indicazioni della Commissione europea ed esattamente eseguito il Contratto per oltre un anno, si è così trovata in una situazione completamente diversa da quella concordata a causa di decisioni e condotte altalenanti e imprevedibili di autorità pubbliche e soggetti istituzionali (come il Governo e i Commissari Straordinari)".

"Danni a occupazione, ambiente e sviluppo industriale derivano da inadempimenti"

"Soltanto da queste decisioni e condotte", così "come dall'ingiustificato rifiuto di accettare la restituzione dello stabilimento da parte" dell'amministrazione straordinaria e da  'anni di inadempimento colpevole'" degli stessi commissari, "deriverebbe il rischio delle gravi conseguenze paventate nel ricorso, alcune delle quali sono inesistenti e suggestive (come la distruzione di beni produttivi o di un concorrente), mentre altre molto enfatizzate nel vano tentativo di influenzare" il giudice civile chiamato a decidere sul caso, "(come le ricadute "sull'intera economia nazionale", "sul 'futuro dell'industria siderurgica italiana', sui livelli di occupazione, sulle 'prospettive di sviluppo economico e sociali di importanti aree del Paese' e sulle 'problematiche ambientali e di sicurezza'". In più, annotano ancora i legali della multinazionale, "è vero che lo stabilimento Ilva è un bene di interesse strategico nazionale, anche considerando i valori costituzionalmente protetti che coinvolge (come ambiente, salute, sicurezza e occupazione). È altrettanto vero, però, - si legge ancora - che il rilievo strategico attribuito a uno stabilimento industriale non può essere strumentalizzato" per imporre a un investitore "continuare a svolgere l'attività produttiva come se nulla fosse e di accettare assurdamente il rischio di responsabilità penali che erano state escluse al momento e proprio in funzione del suo investimento".

"Rischio spegnimento altri due altoforni"

L'altoforno 2 "è 'vitale' per l'impianto di Taranto e l'intero polo industriale" e il suo "spegnimento", a sua volta, "imporrà di spegnere anche gli altri due altoforni attivi presso lo stabilimento di Taranto perché presentano caratteristiche tecniche analoghe". Poiché l'ex Ilva non ha "attuato le Prescrizioni entro il 13 dicembre", "devono essere spenti sia AFO2 sia gli altoforni 1 e 4 in ottemperanza a un ordine della Magistratura penale", la quale, poi, ha anche stabilito "che l'omessa esecuzione delle Prescrizioni non è imputabile" ad ArcelorMittal, "bensì ad 'anni di inadempimento colpevole'" dei commissari dell'ex Ilva. 

"Causa civile diventata appendice di un'indagine penale"

"Che la Procura della Repubblica possa versare in un giudizio civile (...) elementi istruttori acquisiti al di fuori di ogni contraddittorio (e di ogni competenza) nonché del controllo del giudice civile è evenienza, a nostra memoria, mai verificatasi in Italia e, per quanto si sappia, in alcuno Stato di diritto", scrivono ancora i legali aggiungendo che con il loro intervento i pm hanno trasformato il processo civile in "un'appendice di un'indagine penale". Rasenta la "calunnia", secondo Mittal, "l'accusa di aver tenuto condotte volte a 'distruggere' gli 'stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale' a causa delle modalità con cui si stava procedendo alla loro riconsegna", ossia il "cronoprogramma di spegnimento". E ancora: "Rasenta nuovamente la calunnia affermare che AM voglia 'uccidere un proprio importante concorrente sul mercato europeo', sabotandolo presso fornitori e clienti nonché privando il magazzino delle materie prime necessarie a condurre lo stabilimento". Magazzino che "ha raddoppiato il proprio valore da quando le ricorrenti lo hanno trasferito ad AM il primo novembre 2018". A detta di Mittal, "i dati disponibili provano, semmai, che la recente gestione dello stabilimento di Taranto ha consentito di incrementare i volumi di vendita rispetto alla gestione commissariale e che AM ha contribuito alla crescita dei relativi rami d'azienda sul mercato, anche a discapito dei volumi di vendita ottenuti da altri stabilimenti europei del gruppo ArcelorMittal".

"Il gruppo non ha bisogno di alibi"

La "verità" - si legge nella memoria, che ricalca in alcune parti e temi l'atto di citazione che Mittal ha depositato a novembre per chiedere il recesso dal contratto - "è che le finalità perseguite" dai commissari dell'ex Ilva "sono del tutto estranee al richiesto rimedio cautelare (hanno presentato un ricorso cautelare d'urgenza contro il gruppo, ndr)". I commissari, sostiene Mittal, "vorrebbero obbligare" la multinazionale, "sotto la minaccia di una inammissibile astreinte (penalità, ndr) dall'iperbolico importo di 1 miliardo" di euro, a "svolgere la propria attività in un impianto sotto sequestro che la espone a seri rischi di gravi responsabilità penali".
In altri termini, aggiungono, l'amministrazione straordinaria chiede che il giudice "ordini ad ArcelorMittal di 'far funzionare le macchine rischiando l'accusa di disastro ambientale'". È evidente, quindi, "la macroscopica sproporzione tra il sicuro pregiudizio gravissimo che l'accoglimento del ricorso causerebbe ad ArcelorMittal e il pregiudizio (inesistente) che l'ordinata retrocessione dello stabilimento, quale attività specificamente disciplinata dal Contratto" causerebbe all'ex Ilva.
Non è affatto vero, si legge ancora, che ArcelorMittal "stia cercando un alibi per eludere i propri impegni contrattuali dopo averne compiuto una diversa valutazione per ragioni di convenienza economica". Il gruppo "non ha bisogno di alibi" e "sono sufficienti" i "fatti", tra cui, insiste Mittal, questo: "le ricorrenti hanno sempre saputo che la 'Protezione Legale'", ossia lo 'scudo penale', "era una condizione necessaria per svolgere le attività oggetto del Contratto in esecuzione del 'Piano Ambientale' e del 'Piano Industriale'".  

Il deposito della memoria

A quanto appreso, uno dei motivi che ha spinto il gruppo a presentare la memoria sarebbe la mancata definizione dell'entità, della misura e della modalità degli interventi degli eventuali soggetti pubblici e privati italiani che potrebbero entrare nell'operazione per rivitalizzare il polo siderurgico italiano. Secondo quanto trapela, il negoziato tra le due parti sarebbe andato avanti per tutta la giornata di ieri alla ricerca di un accordo di massima per proseguire nelle trattative. Quando, però, si è compreso come ci fossero ancora degli aspetti su cui mancava l'intesa, ArcelorMittal avrebbe deciso di depositare la memoria, contrastando il ricorso cautelare d'urgenza presentato dai commissari, che ritengono illegittimo l'addio all'ex Ilva da parte della multinazionale. Era attesa, invece, una richiesta congiunta di rinvio dell'udienza del 20 dicembre.

I negoziati proseguono

Ad ogni modo, come è stato spiegato da alcune fonti, i negoziati tra i legali delle due parti per arrivare ad un accordo di massima per proseguire le trattative stanno andando avanti anche in queste ore. E il deposito della memoria, è stato spiegato, non è una mossa 'aggressiva' ma procedurale, dato che l'intesa di principio, in vista dell'udienza del 20, non è ancora stata trovata e ieri scadeva il termine per la presentazione dell'atto. Tre sono i possibili scenari di questa vicenda. Il primo: se entro venerdì non verrà trovata un'intesa di principio, si andrà per lo "scontro" in aula con la discussione e la decisione del giudice nei giorni successivi. Il secondo: potrebbe essere raggiunto prima del 20 dicembre un accordo sui "macrotemi"; le parti coinvolte, congiuntamente, chiederanno a quel punto di spostare l'udienza alla settimana successiva, o a gennaio, per i negoziati. Il terzo: si avrà bisogno di qualche giorno in più per trovare un’intesa e si potrebbe dunque chiedere un rinvio al 23 dicembre o a dopo le feste.

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