Milano, detenuto in permesso premio accoltella uomo. Relazione carcere: “Era cambiato”

Lombardia

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede ha disposto accertamenti preliminari per fare luce sulla vicenda dell'ergastolano Antonio Cianci che, ieri sera, ha accoltellato alla gola un uomo di 79 anni mentre si trovava nel parcheggio dell'ospedale San Raffaele

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede ha dato mandato all'Ispettorato di compiere accertamenti preliminari sulla vicenda dell'ergastolano Antonio Cianci che, durante un permesso premio, ieri sera ha accoltellato alla gola un uomo di 79 anni mentre si trovava nel parcheggio sotterraneo dell'ospedale San Raffaele di Milano. Cianci, che nell'ottobre del 1979 aveva ucciso tre carabinieri a Melzo (Milano), è detenuto nel carcere di Bollate, ma aveva ottenuto un permesso premio di 12 ore per andare a trovare la sorella nell'hinterland milanese. Ora l'uomo è stato portato al carcere di San Vittore. Le condizioni del 79enne sono in miglioramento, i medici hanno sciolto la prognosi e prevedono ancora solo qualche giorno di ricovero.

L'aggressione

L'episodio è avvenuto attorno alle 18 di ieri. Quando ha aggredito l'anziano, Cianci indossava una felpa da inserviente del San Raffaele, che si era procurato poco prima. Il 79enne era in ospedale per far visita a una parente. Stando alla ricostruzione della polizia, quando la vittima si è trovato davanti Cianci, dato il suo atteggiamento, ha deciso di dargli dei soldi sperando che l'uomo si allontanasse. Il 60enne, però, ha iniziato a minacciarlo per farsi consegnare anche il cellulare e al rifiuto dell'anziano l'ha colpito vicino alla giugulare con un taglierino. Lo stesso taglierino che ha gettato, poi, assieme al telefonino, in un bidone, non appena ha visto gli agenti avvicinarsi a lui nei pressi della stazione della metro di Cascina Gobba.

Il permesso premio

Dava atto del suo cambiamento, del suo percorso positivo, della sua consapevolezza, maturità, affidabilità, per questo la relazione del carcere di Bollate era favorevole alla concessione del permesso premio di 12 ore, disposto dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, concesso sulla base di una norma che prevede la valutazione di buona condotta e assenza di pericolosità sociale. Il permesso aveva la durata di 12 ore (dalle 9 alle 21 di ieri) con obbligo di accompagnamento del detenuto dal carcere a Cernusco sul Naviglio, dove abita la sorella, e con lo stesso obbligo per il rientro in carcere. Cianci, che durante gl altri permessi non aveva commesso violazioni (ai primi di novembre lo ottenne di 3 giorni), si è invece allontanato da Cernusco.

Un permesso per i detenuti che "non risultano socialmente pericolosi"

Il 60enne si trovava a Bollate dal 2017, prima era sempre stato detenuto ad Opera, dopo un'altra valutazione positiva. Valutazioni che, in sostanza, davano conto che Cianci, da 40 anni detenuto ininterrottamente, dopo i primi periodi in cui in carcere aveva subito anche provvedimenti disciplinari, negli ultimi tempi si era sempre comportato bene, tanto che in passato era stato anche ammesso al lavoro esterno per un breve periodo. Il beneficio era stato concesso sulla base dell'articolo 30 ter della legge sull'ordinamento penitenziario che lo riserva ai condannati all'ergastolo, dopo 10 anni di detenzione, che hanno "tenuto regolare condotta" e che "non risultano socialmente pericolosi". Viene verificato il percorso rieducativo perché i permessi premio puntano al graduale reinserimento del detenuto, anche degli ergastolani che dopo 26 anni di carcere possono anche richiedere la liberazione condizionale.

La figlia del carabiniere ucciso: “Sono sconvolta”


"Sono sconvolta dal fatto che si sia permesso a questo essere ignobile, che massacrava senza pietà, di mettere un'altra famiglia in condizioni di dolore, calpestando e oltraggiando, tra l'altro, ancora la memoria di mio padre e dei suoi colleghi", ha detto Daniela Lia, figlia di Pietro Lia, uno dei carabinieri uccisi da Cianci, commentato il tentato omicidio di ieri.

Il passato di Cianci

Un killer spietato e lucido, che non esitava a sparare "alle spalle", al volto e "al cuore" di una persona a terra, e poi a "frugare tra i cadaveri" per portare via le armi alla sue vittime: tre carabinieri e un metronotte. Questa la figura, come emerge dagli atti giudiziari dell'epoca, di Cianci condannato all'ergastolo per l'omicidio nel '79 di 3 militari di Melzo e che 5 anni prima, a 15 anni, aveva già ucciso un metronotte. "Stava frugando sopra i cadaveri", così un teste aveva descritto 40 anni fa il comportamento di Cianci, subito dopo l'assassinio dei 3 carabinieri che lo avevano fermato per un controllo.

L'omicidio del metronotte

Nel '74 Cianci uccise, sempre per rapina, il metronotte Gabriele Mattetti, 29 anni, sparandogli un primo colpo "alle spalle", e dopo che il giovane era già a terra, anche due colpi "al viso" e infine "uno al cuore" e gli rubò l'arma che venne ritrovata in casa del 15enne nascosta "nello schienale di una poltrona del soggiorno".

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