Delitto Caccia: confermato ergastolo per Rocco Schirripa

Lombardia
Bruno Caccia in un'immagine d'archivio

La Corte d'Assise d'appello di Milano ha confermato la condanna all'ergastolo per Rocco Schirripa, imputato per l'omicidio, avvenuto nel giugno 1983, del procuratore di Torino Bruno Caccia 

La Corte d'Assise d'appello di Milano ha confermato la condanna all'ergastolo per Rocco Schirripa, imputato per l'omicidio, avvenuto nel giugno 1983, del procuratore di Torino Bruno Caccia. I giudici hanno accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Galileo Proietto. Schirripa, panettiere di 65 anni, era accusato di aver fatto parte della squadra armata che freddò, oltre trent'anni fa, il magistrato torinese in un agguato sotto casa.

Le condanne

Per la morte di Caccia nel 1992 è stato condannato all'ergastolo il boss Domenico Belfiore, come mandante, mentre al luglio 2017 risale la condanna in primo grado, come esecutore del delitto, inflitta a Rocco Schirripa, affiliato alla ‘ndrangheta di Moncalieri nel Torinese.

Le parole della figlia di Bruno Caccia

"Sono contenta che sia finita così, anche se mi dispiace molto - dichiara Paola Caccia, figlia del procuratore, commentando la sentenza - perché mi è sembrato che ci fosse una certa fretta di concludere. Non mi sembra che sia stato dato di nuovo abbastanza spazio a quello che stava intorno a questo imputato". I giudici non hanno accolto la richiesta di riaprire il dibattimento avanzata dai difensori dell'imputato, così come dai familiari del magistrato. "Questa sentenza conferma la responsabilità di uno dei colpevoli, bisogna cercare gli altri. Se questa sentenza chiudesse gli accertamenti giudiziari, sarebbe una sorta di confessione della giurisdizione milanese di non potere arrivare a livelli superiori a quelli di Schirripa", spiega l'avvocato Fabio Repici, legale dei familiari, parti civili. La famiglia ha sempre insistito affinché si indagasse su una 'pista alternativa', che intreccia mafia e servizi segreti, sostenendo che il magistrato è stato ucciso perché stava indagando su casi di riciclaggio di denaro sporco al Casinò di Saint Vincent, in provincia di Aosta. 

Le indagini

Secondo la Dda milanese, l'omicidio Caccia fu una dimostrazione di fedeltà data da Schirripa al boss della 'ndrangheta Belfiore, irritato dall'estremo rigore del magistrato torinese. Nella sua requisitoria il procuratore generale Proietto aveva illustrato i diversi passaggi dell'indagine, a partire dalla lettera anonima, inviata a Domenico Belfiore, che spinse Belfiore, suo cognato Placido Barresi, e Schirripa a parlare, intercettati, del delitto Caccia. Il procuratore aveva citato anche la testimonianza di Domenico Agresta, pentito di 'ndrangheta che rivelò prima agli inquirenti e poi nel processo di avere saputo dal padre e boss Saverio Agresta che Rocco Schirripa e Francesco D'Onofrio facevano parte del gruppo di fuoco che uccise Caccia. Secondo il procuratore, il pentito Agresta è attendibile.

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