Poesie sui muri, il giudice: “Anche se è arte resta imbrattamento”
LombardiaCosì il giudice, Roberto Crepaldi, motiva la sentenza che ha visto la condanna dello street artist, Ivan Tresoldi, che tra il 2011 e il 2014 ha scritto alcune poesie sui muri di Milano
Anche se di “natura artistica”, le opere dipinte sui muri senza consenso del proprietario, come le poesie apparse a Milano e realizzate dallo street artist, Ivan Tresoldi, costituiscono comunque un "imbrattamento". A mettere nero su bianco il concetto è il giudice milanese Roberto Crepaldi, che ha depositato le motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 28 settembre, ha condannato l'artista 37enne al pagamento di 500 euro di multa, con pena sospesa, per i suoi versi comparsi sui muri di Milano tra il 2011 e il 2014.
La vicenda
Un caso giudiziario nato per via di una scritta comparsa sul muro di fronte alla Biblioteca Bicocca, a Milano, che ha portato un gruppo di guardie ecologiche a sporgere denuncia. Interrogato dalla polizia locale, Tresoldi, difeso dall'avvocato Angela Ferravante, si era autodenunciato portando con sé una ventina di foto dei suoi interventi sui muri cittadini. Da qui l'inchiesta del Pubblico Ministero, Elio Ramondini, che ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio dell'artista, e l'inizio del processo per imbrattamento, in cui Aler e Comune di Milano si sono costituiti parti civili.
Libertà artistica e diritto di proprietà
Il giudice, in sostanza, ha messo sullo stesso piano il diritto alla "libertà artistica", sancito dall'articolo 33 della Costituzione, e quello alla "proprietà": "solo il proprietario - si legge nella sentenza - è legittimato a decidere quale sia l'aspetto estetico del bene". Con la conseguenza, continua il ragionamento del giudice, che "qualsiasi alterazione della nettezza e dell'estetica stabilita dal proprietario lede tale diritto e comporta un danno al patrimonio di quest'ultimo".
La lotta tra arte e diritto
Nelle motivazioni, il giudice Crepaldi, in sostanza, non entra nel merito della natura artistica delle opere di Tresoldi e sostiene che per un magistrato è "impossibile" distinguere "l'espressione artistica da ciò che non lo è" oppure "stabilire i criteri in base ai quali un soggetto possa definirsi artista". Nel contempo, però, il giudice spiega che "affinché possano ritenersi integrati gli estremi di un imbrattamento non è necessario che il risultato finale susciti ribrezzo negli altri", né può ritenersi che "l'apprezzamento della comunità artistica e un eventuale giudizio ex post favorevole delle istituzioni pubbliche o di alcuni residenti escludano gli estremi oggettivi del reato". Per il giudice, che cita la Corte Costituzionale, il "diritto alla manifestazione del pensiero non può essere ampliato fino a ricomprendere la facoltà di tutti i cittadini di divulgare il proprio pensiero, anche artistico, a tutti i costi, anche a discapito dell'altrui proprietà".