Le indagini dei carabinieri hanno accertato che il gruppo Barbaro-Papalia gestiva lo spaccio di cocaina servendosi di una fitta rete di pusher di origine magrebina
Nuovo colpo alla cosca della ‘Ndrangheta Barbaro-Papalia. Dall’alba i carabinieri stanno eseguendo a Milano, Como e Reggio Calabria un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 10 italiani e 4 marocchini ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e in particolare cocaina. Le indagini sono dirette dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano e hanno accertato che il gruppo, costituito e organizzato da 4 fratelli della famiglia Barbaro-Papalia, gestiva lo spaccio di cocaina servendosi di una fitta rete di pusher di origine magrebina.
La famiglia Barbaro
L'indagine dei carabinieri, nome in codice "Quadrato", ha fatto luce su un presunto giro di spaccio gestito dai Barbaro. Nell'ordinanza ci sono quattro esponenti della famiglia con lo stesso cognome: Francesco Barbaro, di 32 anni e già in carcere a San Vittore per un'altra vicenda; Giuseppe Barbaro, incensurato di 24 anni; Salvatore Barbaro, incensurato di 30 anni; e Antonio Barbaro, di 33 anni. Quest'ultimo è considerato il personaggio di spicco dell'organizzazione dopo l'arresto del fratello Francesco. I militari hanno catturato Antonio e Salvatore al confine con l'Austria, Giuseppe è stato preso nel suo appartamento a Buccinasco, nel milanese.
Le indagini
"L'indagine è durata sette mesi, durante questo periodo abbiamo sequestrato in due occasioni 800 grammi di cocaina pura al 67 per cento - ha dichiarato il Pm David Monti aggiungendo – È più importante colpire l'organizzazione che il grosso carico eclatante". Gli investigatori sono partiti dallo spaccio in strada affidato a un gruppo di marocchini e, una volta accertato il loro ruolo, sono saliti al livello superiore, riuscendo a individuare i ruoli della filiera con a capo i fratelli Barbaro. La droga era nascosta a casa di Francesco Truglia, un 49enne già in carcere, che aveva messo a disposizione il suo appartamento in un palazzo popolare costantemente controllato dalle vedette dei Barbaro. I carabinieri sono riusciti con uno stratagemma a entrare in casa e a piazzare telecamere nascoste. Successivamente il gruppo ha spostato il suo covo in un'autofficina.
Barbaro "U sparitu"
L'ultima sentenza che ha colpito il clan calabrese in Lombardia, che non è in nessun modo collegata all'operazione odierna, riguarda Rocco Barbaro, ritenuto il reggente della 'Lombarda', la struttura di vertice della 'ndrangheta in Lombardia, oltre che presunto boss del narcotraffico tra Italia e Sudamerica. Rocco Barbaro è soprannominato “U sparitu”, perché rimasto latitante per quasi due anni prima di essere arrestato a Platì, in provincia di Reggio Calabria, nel maggio 2017 ed è stato condannato a 16 anni di carcere il 10 ottobre scorso. La sentenza, emessa dall'ottava sezione penale milanese, in particolare, lo ha riconosciuto responsabile di associazione mafiosa e di intestazione fittizia di beni perché a lui era riconducibile il Bar Vecchia Milano in corso Europa, a pochi passi dal Duomo. “U sparitu” avrebbe acquistato il locale attraverso lo schermo di prestanome. Rocco Barbaro è figlio di Francesco Barbaro, capo dell'omonima cosca di Platì che sta scontando in carcere una condanna all'ergastolo per l'omicidio del brigadiere Antonino Marino, avvenuto a Bovalino, in provincia di Reggio Calabria, nel 1990.