Sulla tavola di Natale contende il posto all'altrettanto famoso panettone, ma per chi non ama i canditi è la migliore opzione a fine pasto. Dalle leggende veronesi alla creatività di Domenico Melegatti, ecco tutta la verità sul “pan de oro”
Oltre al panettone, sulla tavola di Natale non può mancare il pandoro. Questo dolce contende i favori dei commensali che non amano i canditi che impreziosiscono l'impasto del rivale di origini milanesi. La tradizione vuole che la storia del pandoro inizi con la rivoluzione che ha trasformato la pasticceria Melegatti in un'azienda. Ma la ricetta del “pan de oro” sembra essere ancora più antica.
Cos'è il pandoro
Come scrive il pasticciere Luca Montersino nel suo "Glossario di Pasticceria" (Gribaudo), il pandoro è il "dolce tipico del Natale di origine veronese, diffuso anche al di fuori dei confini veneti. È di forma tronco-conica con sezione a stella, solitamente a otto punte". Si fa con farina, uova, zucchero e burro. Fa parte dei grandi lievitati: la sua produzione è regolamentata dal DM 22 luglio 2005. "Prende il nome dal caratteristico colore giallo dorato della mollica all'interno".
Pandoro: le origini
Tutta la storia del pandoro va di pari passo con quella dell'azienda Melegatti. Tutto è iniziato con un brevetto industriale, depositato il 14 ottobre 1894. A inventare il dolce natalizio fu il pasticcere veronese Domenico Melegatti, che aveva perfezionato una ricetta comune a molte famiglie veronesi da secoli. A questo dolce tipico si dava forma di una stella a otto punte. Sei mesi prima del brevetto, il 21 e il 22 marzo 1894, pubblicizzava il suo nuovo prodotto. "Il Pasticcere Melegatti… avverte la benevola e numerosissima sua clientela di aver allestito un nuovo dolce per la sua squisitezza, leggerezza, inalterabilità e bel formato l’autore lo reputa degno del primo posto nomandolo Pan d’oro". Il nome non è ancora quello che si conosce oggi, ma era composto da tre parole. Il nome unico venne creato per la prima volta in occasione del brevetto.
La sfida di Melegatti
Il successo fu immediato e il pandoro si guadagnò subito una folta schiera di ammiratori e imitatori. Melegatti non si fece abbattere dalla concorrenza e sfruttò la notorietà a suo favore. Lanciò un'insolta sfida, invitando i pasticceri che fabbricavano un dolce simile al suo a divulgare la "vera ricetta" del pandoro. A chiunque si fosse presentato con questo requisito, egli avrebbe dato in premio la somma di mille lire. Melegatti vinse la sfida: nessun pasticciere si presentò.
La tradizione che ha ispirato Melegatti
Il pandoro è un'invenzione originale di Domenico Melegatti, che però ha tratto ispirazione dalla tradizione veronese legata al Natale. Infatti, i racconti locali ricordano che la notte della vigilia le donne si riunivano nelle cucine delle corti per preparare il Levà, un impasto a base di farina, latte e lieviti, attendendo insieme l'alba. Melegatti partì da questa ricetta, aggiungendo burro, aumentando la dose delle uova ed eliminando ciò che a suo parere era superfluo e controproducente alla corretta lievitazione dell'impasto.
Lo stampo del pandoro
Domenico Melegatti non creò solo la ricetta pervenuta sino ad oggi: progettò anche gli stampi, o meglio ne affidò la progettazione a un pittore impressionista, Angelo dall'Oca Bianca. L'obiettivo era riprodurre la famosa stella a otto punte, tipica del passato veronese. Fu proprio mentre sperimentava un nuovo stampo a stella che, secondo la leggenda familiare, un garzone, tagliando la prima fetta del nuovo dolce illuminata da un raggio di sole, esclamò stupito: “l’è proprio un pan de oro”. Il successo del pandoro fu tale che l'attività fu ampliata.
Il Nadalin
Secondo gli autori dei Taccuini Gastrosofici, il pandoro è un'evoluzione del Nadalin, un dolce tipico della città di Verona, di cui si hanno notizie sin dalla fine del 1200. Si tratta di un lievitato ricoperto di un impasto di pinoli lavorati con lo zucchero, “la pignocada“, e da granella di mandorle. Secondo gli studi di Andrea Brugnoli, autore di "Verona Illustrata a Tavola" (Editrice La Grafica), il dolce era già menzionato a partire da metà del Settecento. Verona è molto legata al Nadalin, tanto da conferirgli il De.Co., il marchio di garanzia che i comuni italiani usano per valorizzare le attività agroalimentari tradizionali.
Altre teorie sull'origine del pandoro
Il suo nome e alcune sue caratteristiche ricondurrebbero il pandoro ai tempi della Repubblica Veneziana, dove sembra che fosse costume offrire cibi ricoperti da sottili foglie d’oro zecchino. Tra queste pietanze c'era anche un dolce a forma conica chiamato pan de oro. Un’altra storia collega la genesi del pandoro alla famosa brioche francese, che per secoli ha rappresentato il dessert più utilizzato alla corte dei Dogi.
È nato prima il panettone o il pandoro?
Alla luce del racconto legato alla creatività di Domenico Melegatti, è chiaro che il pandoro è nato molto dopo il panettone. Infatti, le prime versioni della ricetta di quest'ultimo dolce risalgono al XVI secolo. Si dice che la prima traccia scritta riferisse di una focaccia dolce fu vergata da un cuoco di Ferrara, Cristoforo di Messisbugo, nel 1564. In un suo ricettario si parlava di un dolce fatto dalle parti di Milano con farina, burro, zucchero, uova e latte, senza uvette e canditi, ma con lo stesso procedimento.