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Formaggi d'Italia: tutte le forme più famose da provare regione per regione
Antonio Fracchiolla, esperto e sommelier di formaggi, vincitore del titolo di miglior assaggiatore di Gorgonzola DOP 2019, traccia la mappa delle meraviglie casearie italiane. LA FOTOGALLERY
A cura di Stefania Leo
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Girare l'Italia senza muoversi dalla tavola è possibile. Basta conoscere il suo patrimonio enogastronomico. Soffermandosi tra i formaggi, si scoprono tradizioni regionali e racconti territoriali preziosi. Antonio Fracchiolla, esperto e sommelier di formaggi, vincitore del titolo di miglior assaggiatore di Gorgonzola DOP 2019, ha raccolto le referenze più rappresentative e curiose da Nord a Sud (foto: Pixabay)
Fritture d'Italia: le ricette più famose regione per regione. FOTO
La Valle d'Aosta vanta due formaggi DOP e nove PAT. Il più famoso è la Fontina DOP. “Le prime informazioni su questo formaggio risalgono al 1200 e riportano il nome di una famiglia, i De Funtina. Un'altra leggenda riferisce il nome alla parola fontis, indicando la capacità del formaggio di fondersi al calore”, spiega Antonio Fracchiolla (foto: Fontina Dop/Facebook)
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Fatto a latte crudo da razza valdostana, è un formaggio a crosta lavata, trattata solo con acqua e sale. Può essere commercializzato dopo 80 giorni. La Fontina DOP ha odore e gusto intensi e persistenti, con sentori di base di burro fuso, erbacei, qualche vena animale, dolcezza e note ammoniacali leggere legate alla sua maturazione. Una delle sue caratteristiche strutturali è l'elasticità (foto: Fontina Dop/Facebook)
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Il Piemonte raccoglie dieci DOP, di cui due interregionali, e sessanta PAT. “Si tratta di un territorio molto vocato alla tradizione casearia. Il Murazzano DOP è un prodotto che rende il nome dall'omonimo paese in provincia di Cuneo. È considerata una robiola tra le più antiche e rappresentative del Piemonte”(foto: Mangio Bene Vivo Bene/Facebook)
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“Viene chiamato patrimonio delle donne perché in passato erano loro a dedicarsi alla mungitura, alla preparazione e alla commercializzazione del formaggio. Il Murazzano DOP delle Langhe andava portato nei vari mercati. Le donne mettevano i formaggi, di pezzatura piccola, in cesti di vimini, coperti con le tovaglie e li portavano ai commercianti in bici” (foto: Roberta Adami/Facebook)
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Il logo rappresenta la Murazzano dove c'è una piccola forma a cui manca uno spicchio. “La leggenda narra che un giovane pastore fu derubato dal diavolo di un pezzo di formaggio perché aveva voglia di assaggiarlo” (foto: La Casa del Formaggio di Tasso Giulia/Facebook)
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Si tratta di un formaggio fatto con latte di pecora, a cui vengono aggiunte anche percentuali di latte vaccino, anche se generalmente viene tutto preparato con materia prima ovina. La razza autoctona da cui si produce è la pecora delle Langhe. “È un formaggio grasso, fresco, morbido. Delicatamente profumato, che ricorda il sapore di latte ovino, dolce al palato, con leggeri sentori acidi” (foto: La Masseria Padova/Facebook)
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In Liguria non ci sono DOP, ma ci sono 18 PAT. Il Bruzzo della Valle Arroscia PAT (detto anche Brus e Brussu) si ottiene dalla ricotta di pecora. È legato ai territori montani della provincia di Imperia. “Viene posto in recipienti di legno, fatto inacidire e arricchito da grappa o altre sostanze alcoliche, che aiutano il processo di fermentazione. Sono aggiunti anche olio d'oliva, pepe e aceto. Occorre una settimana di maturazione e va mescolato quotidianamente. La pasta è cremosa e spalmabile; il sapore è lievemente piccante” (foto: Terre di Riviera/Facebook)
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Anche se è una DOP interregionale, il Gorgonzola è il formaggio erborinato per antonomasia, che rappresenta la Lombardia. Nato a Gorgonzola, si parla di questo formaggio già intorno all'anno Mille. Inizialmente veniva chiamato Stracchino di Gorgonzola perché prodotto nel periodo autunnale, quando le vacche rientravano stanche dalla transumanza. Infatti stracco significa stanco (foto: Gorgonzola DOP/Facebook)
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“È un formaggio nato per casualità – spiega l'esperto – La nascita del Gorgonzola si deve alla tecnica di affinamento del formaggio, messo in grotte naturali, dove la caduta delle spore creava le muffe” (foto: Gorgonzola DOP/Facebook)
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“Oggi abbiamo due tipologie. Il gorgonzola piccante è fatto con il penicillum roqueforti. Ha un sapore molto persistente e si riconosce subito al naso la presenza del fungo porcino, delle erbe fermentate e del burro cotto. Talvolta si accompagnano sentori di frutta matura, e un leggero tocco ammoniacale in chiusura” (foto: Gorgonzola DOP/Facebook)
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“Per il gorgonzola dolce vien utilizzato il penicillum glaucum. Si differenzia dall'altro per una struttura proteolizzata e tende ad essere morbido. È il famoso gorgonzola al cucchiaio. Ha sentori più delicati di lattico cotto, di sottobosco e fungo champignon” (foto: Gorgonzola DOP/Facebook)
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“Il Gorgonzola era molto amato da Churchill, tanto che durante la Seconda Guerra Mondiale avrebbe preservato l'omonima cittadina dai bombardamenti per proteggere il suo amato formaggio” (foto: Gorgonzola DOP/Facebook)
Formaggio simbolo del Trentino, il Puzzone di Moena DOP è famoso per il suo caratteristico odore/profumo, dall'intensità molto forte, impropriamente chiamato puzza. “È un formaggio di latte vaccino intero crudo. Ci sono tre tipologie: tradizionale, stagionato e quello di malga, il più prezioso dato che riporta nella sua parta morbida tutte le caratteristiche del territorio” (foto: Stradadeiformaggi.it)
“Ha piccole occhiature in quello tradizionale, medie in quello di malga. Morbido ed elastico, ha sentori di frutta matura, erbe fermentate, accenni di nocciola tostata, con sentori di ammoniaca a causa della crosta lavata” (foto: Stradadeiformaggi.it)
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L'altra parte della regione, l'Alto Adige, ha un'identità territoriale molto forte, tanto da esprimere un formaggio autoctono come il Graukäse PAT. “Si tratta di un formaggio grigio, poverissimo di grassi. Nasce nelle malghe povere, dove il grasso del latte veniva utilizzato per fare il burro. Da quello che rimaneva, si recuperava il Graukäse. I sentori sono spettacolari: latte cotto, note erbacee vegetali fresche. Ci sono componenti acidule e fermentative, ma la bellezza sta nelle conseguenti note agrumate” (foto: EvoRistoBistrò/Facebook)
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Il formaggio tipico del Veneto è il Piave DOP. Prodotto nelle Dolimiti Bellunesi, si tratta di un formaggio a latte vaccino parzialmente scremato. Il suo nome deriva dall'omonimo fiume e le sue origini risalgono alla fine del 1800. “Nello stesso periodo furono fondate le prime latterie turnarie d'Italia, una specie di cooperativa con un unico impianto di produzione, creato per valorizzare la lavorazione. Il prodotto veniva distribuito tra i soci e i consumatori” (foto: Dynamic/Facebook)
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Ci sono 5 tipi di Piave DOP: fresco, mezzano, vecchio, vecchio selezione oro e riserva (stagionatura oltre 18 mesi). “Ha un sapore dolce con basso contenuto di sale. Si riconosce un settore di lattico fresco, mentre con la stagionatura si accentuano sapidità e piccantezza. La pasta è compatta, senza occhiature. Può essere utilizzato come formaggio da grattugia nelle stagionature un po' più alte” (foto: Garda Piave Pairings/Facebook)
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In Friuli-Venezia Giulia si produce l'Asìno PAT. Si fa in Val D'Arzino, nella pieve di Asio. Esiste in due tipologie: morbido e classico. Viene prodotto con latte vaccino intero, sia crudo che termizzato. La caratteristica di questo formaggio è la maturazione per immersione nelle salmuerie, salamoie fatte con latte, panna d'affioramento e sale. “Nelle vasche queste salamoie non vengono mai cambiate. Sono rigenerate con il latte stesso da cui viene fatto il formaggio. Ci sono salamoie che hanno 200 anni, conservate in tini di legno” (foto: Antonio Fracchiolla)
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“L' Asìno ha una pasta cremosa, è spalmabile, ha un gusto abbastanza sapido, mentre il classico ha una pasta più compatta, più scura, con alcune occhiature fini, sottili. Ha anche un gusto più sapido, leggermente più piccante” (foto: Tosoni Formaggi/Facebook)
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Quando si parla di Emilia Romagna, si deve parlare di Parmigiano Reggiano DOP. “È il re dei formaggi italiani. È a pasta dura, cotta, semigrasso, prodotto con latte vaccino crudo, dove la scrematura avviene per affioramento. È ottenuto con una lenta maturazione” (foto: Parmigiano Reggiano/Facebook)
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Le prime testimonianze sulla sua esistenza risalgono al 1254. “In un documento dell'epoca si parla di caseus parmensis” (foto: Parmigiano Reggiano/Facebook)
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“Odore e aroma sono di intensità medio elevata, con elementi riconoscibili al naso di burro cotto, elementi vegetali come fieno secco. Ma anche note fruttati con leggeri sentori di ananas, e sentori tostati di nocciola. Nelle stagionature dai 30 mesi in su ci sono note speziate, che ricordano pepe bianco e noce moscata. Il tutto nel classico odore che rientra nel gruppo animale del brodo di carne” (foto: Parmigiano Reggiano/Facebook)
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“In Toscana è da provare il Pecorino delle balze volterrane DOP. Siamo nella zona di Volterra, dove viene prodotto questo formaggio con caglio di cardo. Il territorio ha una morfologia abbastanza variegata, tra cui spicca il cardo selvatico” (foto: Consorzio di Tutela del Pecorino delle balze volterrane DOP/Facebook)
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“Le pecore brucano la pianta, i casari utilizzano dunque questo caglio vegetale per produrre il formaggio. Si parte dal latte crudo ovino. Il Pecorino acquista un colore giallo paglierino. Ha un sapore abbastanza intenso con retrogusto che ricorda il vegetale del carciofo selvatico. Nella stagionatura si possono riconoscere anche sentori di aringa” (foto: Consorzio di Tutela del Pecorino delle Balze Volterrane DOP/Facebook)
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In Umbria ci sono sette formaggi PAT, tra cui il Pecorino di Norcia. “La sua produzione è nata dalla disponibilità di latte dei pastori. Questo pecorino si fa con latte ovino intero. Oggi viene termizzato e prodotto con materia prima proveniente dai pascoli di alta montagna. Ci sono due tipologie: fresca o nella versione da grattugia, con stagionatura fino a 12 mesi. Ha un gusto di media intensità per il giovane, con note più piccanti in quello stagionato” (foto: Manila Giorgi/Facebook)
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Nelle Marche si deve assaggiare il Formaggio di Fossa di Sogliano, DOP condivisa con l'Emilia Romagna. “Le fosse venivano utilizzate per conservare generi alimentari. Poi furono adoperate per riparare il formaggio da assedi o epidemie” (foto: Peck/Facebook)
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“La caratteristica peculiare non è data dal casaro, ma dall'ambiente in cui svolge il processo di maturazione. Odore e aroma sono abbastanza intensi, di media-lunga persistenza, con gradevole sapidità e piccantezza. I sentori sulfurei sono dati dalla fermentazione anaerobica” (foto: Sagre Romagnole/Facebook)
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Il formaggio degno di nota nel Lazio è il Pecorino di Picinisco DOP. “Prodotto da pochissimi produttori, è un formaggio di piccole dimensioni, tra i 200-400 grammi, ottenuto da latte ovino o caprino. Si fa con latte crudo, in due tipologie: scamosciato o stagionato” (foto: Slow Food Italia/Facebook)
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Per quanto riguarda lo scamosciato, questo ha una breve stagionatura, è morbido, elastico, cosa che si perde nella versione invecchiata. “Le sue caratteristiche aromatiche si ricollegano al pascolo di montagna, con note vegetali abbastanza intense” (foto: Agricola San Maurizio/Facebook)
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In Abruzzo va assaggiato il Pecorino di Farindola PAT. “Anche questo è un formaggio dedicato alle donne, perché sono state sempre loro a lavorarlo. Mentre i maschi si dedicavano alla transumanza, le donne si preoccupavano della trasformazione del latte” (foto: Pecorino di Farindola/Facebook)
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“È l'unico formaggio prodotto con caglio di suino. Questo dà al formaggio un aroma molto intenso e persistente, con profumi erbacei e sentori animali, in aggiunta a quelli di fungo, sottobosco e anche fermentazioni che ricordano l'alcolico, dato che il caglio viene fatto macerare nel Montepulciano d'Abruzzo” (foto: Pecorino di Farindola/Facebook)
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In Molise c'è il Caciocavallo di Agnone PAT. Realizzato nel paese delle Campane, questo formaggio risale al tempo della Magna Grecia. È un formaggio grasso, non scremato, con diverse stagionature: giovane, media o abbastanza lunga. Ha una forma di pera, con una testina piccola (foto: The National Italian American Foundation (NIAF)/Facebook)
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I suoi sentori hanno una persistenza medio elevata. Al naso si avvertono latte cotto e burro fuso, elementi vegetali, note che ricordano la noce e la nocciola. È dolce, abbastanza aromatico con elementi di piccante nelle stagionature più lunghe (foto: Le Golosità/Facebook)
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In Campania non c'è solo la mozzarella di Bufala. La regione è famosa anche per il Provolone del Monaco DOP, un formaggio a pasta filata chiamato così per i mantelli indossati dai trasportatori durante il passaggio dai caseifici di montagna al mercato di Napoli. Per ripararsi dal vento notturno in mare, si indossavano mantelli simili a quelli dei monaci (foto: Provolone del Monaco DOP/Facebook)
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“Il Provolone del Monaco è prodotto nella penisola sorrentina, ha pasta elastica e compatta, presenta delle leggere occhiature. Ha sentori di lattico cotto, burro fuso, erbacei legati ad aromatiche del territorio, con note tostate di nocciola e alcuni sentori fruttati nelle stagionature più lunghe” (foto: Provolone del Monaco DOP/Facebook)
.jpg?im=Resize,width=335)
La Puglia è nota come la regione della Burrata, uno dei due formaggi IGP d'Italia. Si tratta di un formaggio prodotto con latte vaccino, ottenuto dalla fusione di panna e straccetti di mozzarella (foto: Burrata di Andria IGP/Facebook)
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“Si fa risalire la sua nascita alla genialità di Lorenzo Bianchino, nel territorio di Andria. La tradizione orale racconta che nel 1950, a causa di una forte nevicata, non potendo trasferire il latte in città, Bianchino fu costretto a trasformarlo in panna e seguendo il concetto del burro di manteca, protetto nel provolone. Quindi creò involucri di pasta filata, farcendoli con un mix di straccetti di pasta e panna” (foto: Vincenzo Storico/Facebook)
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Il Touring Club ha segnalato questo prodotto già nel 1931, quindi la sua invenzione potrebbe essere precedente a quella di Lorenzo Bianchino. La burrata ha sentori di panna fresca, burro fresco, è molto dolce, piacevole, non ha sale. “È un formaggio semplice, ma allo stesso tempo geniale che ha un bel grip su chi lo mangia, grazie alla freschezza e alla rotondità al gusto” (foto: Burrata di Andria IGP/Facebook)

In Basilicata c'è il secondo formaggio IGP italiano: il Canestrato di Moliterno. “Viene stagionato nei fondaci, cantine tipiche di Moliterno, molto fresche e ben areate. Si fa con a latte crudo e termizzato. Ha odori e aromi molto intensi e persistenti. Al naso si riconosce lattico cotto e burro fuso, con note erbacee molto evidenti, tratti fruttati di ananas, sentori sia tostati che animali molto marcati” (foto: Nicodemo/Facebook)
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In Calabria c'è il Pecorino di Monteporo DOP, un formaggio con latte ovino con tre stagionature: fresco, semi stagionato, stagionato. Le prime tracce risalgono al 1570. È stato ripreso da più studiosi, tra cui il professor Saverio Di Bella di Vibo Valentia nel libro “Rombiolo anni Ottanta”. Scrive: “I formaggi e le ricotte di pecora del Poro sono bianchi, morbidi e saporiti grazie ai pascoli e alla vasta produzione spontanea di origino” (foto: Caseificio di Monteporo DOP/Facebook)
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Tra i prodotti caseari degni di nota in Sicilia c'è la Vastedda della Valle del Belice DOP, formaggio a pasta filata ovina, fresco e molle. L'origine si fa risalire al racconto antico di un pastore che, dopo aver fatto il pecorino, per il forte caldo notò l'acidificazione della pasta. Lo tagliò a fette per metterlo nei piddiaturi con acqua calda (foto: Alimentari Giunta Rosanna/Facebook)

Qui vide che la pasta cominciò a filare e quindi iniziò a modellarla come una mozzarella. Prese la pasta filata, la mise su un piatto ottenendone una forma abbastanza schiacciata. “In bocca avvertiamo note di burro, sentori erbacei della valle del Belice e non può mancare il sentore animale legato all'ovino” (foto: Salumeria Del Monte Dei F.lli Bevilacqua srl/Facebook)

In Sardegna si trova il Fiore Sardo DOP, un formaggio antichissimo, risalente al periodo nuragico. Si fa risalire il nome alle pischeddas usate per la formatura, forate fatte in legno di castagno, sul cui fondo veniva scolpito un fiore di giglio o asfodelo. È l'unico formaggio DOP ovino in cui il latte è solo ed esclusivamente crudo (foto: L'Albero/Facebook)

È un formaggio che può avere e non avere l'affumicatura. “Si presenta a roccia, molto granuloso. Ha note molto intense e persistenti, di lattico cotto, erbaceo e sentori animali. C'è la presenza di tostato, che ricorda caffè, caramella mou, liquirizia. In alcune forma ci sono anche leggeri sentori affumicati” (Foto: Barolo & Co./Facebook)