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Vito Mancuso: "Chi non ha mai paura è un analfabeta psichico che non sa leggere la realtà"

Lifestyle

Filippo Maria Battaglia

I CONSIGLI DI LETTURA Il filosofo e teologo torna in libreria con un breve saggio edito da Garzanti. E durante l'intervista sull'account Instagram di Sky Tg24 dice: "La forza di una civiltà è avere una speranza comune verso cui camminare"

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"La paura è facile: arriva da sé e non bisogna fare alcuno sforzo; il coraggio, al contrario, è una virtù, qualcosa che si ottiene lavorando". E' attorno a queste due parole che ruota l'ultimo saggio del filosofo e teologo Vito Mancuso, da qualche giorno in libreria per i tipi di Garzanti e intitolato appunto "Il coraggio e la paura" (pp. 138, euro 12).

 

"Uno degli equivoci da spazzare via - racconta durante la rubrica dei 'Consigli di lettura' sull'account Instagram di Sky Tg24 (qui le puntate precedenti) -  è di pensare che la paura sia sempre negativa e il coraggio sempre positivo". Niente di più falso: "La paura è un segnale che ci viene dalle circostanze e come tale va interpretato. In alcuni casi, ad esempio, può essere un segnale che ci salva la vita".  Il coraggio, invece, "può essere temerarietà. E chi non ha mai paura, alla fine, diventa una specie di analfabeta psichico che non sa leggere la realtà".

"La speranza? Un valore identitario"

L'analisi di Mancuso passa in rassegna una serie di parole cruciali, non solo per il nostro tempo: la coscienza,  il presente, il cambiamento, la speranza. Quest'ultima, secondo il teologo, "è da sempre connessa all'essenza dell'umanità, come insegnano Eschilo, Kant e le tradizioni spirituali. Uno dei grandi problemi del nostro tempo - racconta a Sky Tg24 - è che non abbiamo più una speranza radicata, una speranza comune in grado di legare i nostri cuori; certo, ciascuno di noi ha le nostre piccole speranze, tutte legittime. Ma la forza di una civiltà è avere una speranza comune verso cui camminare. Più una civiltà ha questo, più è coesa e più è una societas, cioè un'insieme di soci. E' per questo che la speranza ha un valore identitario e quindi politico".

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