L’atlante Farnese, ambasciatore dell’Italia in Giappone

“Scoppiò ai tempi la Titanomachia”, l'antico scontro dei vecchi Dei contro quelli nuovi. Da una parte c’erano Crono e i Titani. A capo dell'altra, Zeus. La guerra durò dieci anni, fino a quando Zeus liberò i Ciclopi dalla montagna e i Titani furono sconfitti. Il Titano Atlante fu condannato alla più severa delle punizioni: sorreggere sulle spalle l'intero peso della terra e del cielo, il globo celeste.” L’Atlante Farnese è un capolavoro dell’antichità, trovato nella zona delle terme di Caracalla a Roma durante gli scavi decisi da papa Paolo III Farnese verso la metà del ’500. E’ uno dei colossi della Collezione Farnese, insieme alla cosiddetta “Montagna di marmo”, il Toro Farnese, alla Flora Farnese e all’Ercole a riposo. Queste statue si trovano a Napoli, presso il museo archeologico della città, il Mann. L’Atlante Farnese però non si trova in Italia, è spesso in giro per il mondo, una sorta di ambasciatore ideale della bellezza del nostro Paese. Da mesi si trova in Giappone, a Osaka. Abbiamo incontrato il neo-ambasciatore italiano in Giappone - che è stato commissario italiano all’Expo 2025 - Mario Vattani, al quale abbiamo chiesto i motivi che l’hanno portato a scegliere l’Atlante per rappresentare l’Italia in Giappone. Abbiamo parlato con l'ambasciatore Mario Vattani per raccontare l'impatto del colosso tra i visittaori in Giappone. “Bisogna considerare che i giapponesi, come in generale gli asiatici, essendo lontani dall'Europa, tendono ad associare ad ogni paese un tipo di arte o comunque una caratteristica un po’ semplificata - spiega l'ambasciatore -. Nell'immaginazione generale del popolo nipponico, l’Italia è associata sicuramente all'antichità e al Rinascimento. L’Atlante Farnese li identifica entrambi, in quanto statua antica rinvenuta e restaurata durante il Rinascimento. E poi essa rappresenta insieme arte, scienza, corpo umano e corpi celesti”. Non è la prima volta che l'Atlante Farnese lascia il Mann di Napoli. Prima di essere portata in Giappone, nel 2009 ha fatto parte di una grande mostra tenutasi a Firenze per i 400 anni dalle osservazioni celesti di Galileo. Perché il colosso non è solo un’opera d’arte ma il globo che il gigante di marmo sostiene sulle spalle è una delle più antiche raffigurazioni al mondo delle costellazioni celesti, come ci racconta Giovanni Di Pasquale, Vice direttore scientifico del Museo Galileo nonché curatore della mostra “Galileo, immagini dell’universo dall’antichità al telescopio”. A Di Pasquale chiediamo perché questa statua è considerata unica nel suo genere. Il più antico globo celeste Giovanni Di Pasquale: “La particolarità della statua è che si tratta della più completa rappresentazione del cielo come se lo immaginavano gli antichi. E’ una scultura bellissima che, oltre a mostrare il titano ricurvo sotto il peso della volta celeste, permette di vedere con chiarezza la fisionomia di 42 delle 48 costellazioni che gli antichi avevano individuato, precisamente ordinate tra emisfero boreale e australe, la fascia dello Zodiaco. E ci ricorda anche che la sfera celeste che noi vediamo retta dal Titano non era soltanto un oggetto conosciuto grazie ai reperti archeologici, agli affreschi e ai mosaici antichi, ma un oggetto che esisteva realmente, che aiutava gli astronomi e i filosofi quando discutevano sulla fisionomia e sul funzionamento del cosmo. L'altra caratteristica che rende particolare questo globo è che dopo che fu trovato alla metà del Cinquecento a Roma, venne chiaramente studiato non solo dagli appassionati di antichità, ma anche dagli astronomi, come Francesco il Bianchini, che ha fatto la meridiana a Santa Maria degli Angeli a Roma o Gian Domenico Cassini, il grande astronomo bolognese che lavorerà per il Re di Francia alla metà del Seicento”. Un reperto dunque unico dal punto di vista scientifico perché, anche oggi gli astronomi, guardando la posizione delle costellazioni, riescono a farsi un'idea dell'epoca in cui quel cielo, quel cosmo è stato raffigurato. C'è una tesi abbastanza fondata secondo cui questo globo con le costellazioni che sono raffigurate su di esso fu fatto verso la metà del II secolo a.C., mentre la statua che conosciamo è copia di epoca romana del II secolo d.C. Molto probabilmente si trovava nella zona costiera tra la Turchia e la Fenicia e il suo autore deve aver tenuto come punto di riferimento il catalogo delle stelle del famoso astronomo Ipparco di Nicea che ha lavorato a lungo sull'isola di Rodi. Se questo fosse vero, sarebbe una conferma di come quella localizzazione geografica avesse una tradizione legata all'astronomia, perché ricordiamo che Cicerone a Rodi vede e descrive un globo celeste che molto gli piace e che da Rodi è partita l'imbarcazione che era diretta a Roma che affondò presso l'isoletta di Anticitera. L’isola di Indiana Jones e il meccanismo di Anticitera L’isola di Anticitera è il luogo dove - a pochi metri dalla costa e ad alcune centinaia di metri di profondità - fu trovato all’inizio del Novecento un antico relitto romano a bordo del quale c’erano delle bellissime statue – che potete ammirare al Museo Archeologico di Atene – e il celebre meccanismo di Anticitera, ritenuto il più antico calcolatore analogico greco, un complesso dispositivo in bronzo, con numerosi ingranaggi, utilizzato per prevedere posizioni celesti, eventi astronomici. Insomma idealmente molto affine al globo celeste dell’Atlante. Meccanismo che tra l’altro ha fornito da spunto creativo per l’ultimo film della fortunata serie interpretata da Harrison Ford: “Indiana Jones e Il Quadrante del Destino”. Tutto nasce dal mito di Atlante, rappresentato plasticamente dalla splendida statua di cui vi stiamo raccontando. Ma quale è il mito di Atlante? Ce lo facciamo raccontare da un super esperto di miti antichi, Giorgio Ieranò. Il mito di Atlante “Nella mitologia greca si susseguono varie generazioni di divinità. Non c'è un dio eterno che è lì dall'inizio del tempo. Il potere sull'universo viene disputato da divinità più antiche che divinità più nuove, più giovani cercano di scalzare - spiega Giorgio Ieranò, esperto di miti antichi - . Atlante appartiene a questo mondo delle divinità più antiche, primitive, al mondo dei Titani che erano le divinità che stavano prima degli Dei dell'Olimpo. E così ad un certo punto esplode la grande lotta tra Zeus e gli altri Dei dell'Olimpo che i Titani perdono e vengono relegati al di fuori del dominio del mondo. Atlante è uno di loro e viene punito a sorreggere il mondo, la volta celeste sulle spalle. Una punizione che al tempo stesso è anche un compito di grande responsabilità. E' curioso perché da un lato viene emarginato ma al tempo stesso nella mitologia è il padre di altre creature che stanno un po' ai confini, ai margini del mondo, come ad esempio la ninfa Calypso, che vive su un’isola lontanissima e che tiene Ulisse prigioniero per anni. Di lei si diceva che fosse figlia di Atlante. Perseo, Atlante e le Colonne d’Ercole C’è anche un altro mito che riguarda Perseo, Andromeda che sono rappresentati sulla volta celeste dell’Atlante, come ci ricorda Giorgio Ieranò: “A proposito di miti che fondano realtà naturali che stanno alle spalle dei paesaggi del nostro mondo, si narra che Perseo avrebbe incontrato Atlante, al quale avrebbe chiesto ospitalità, che per qualche ragione oscura o forse perché non si fidava di lui, Atlante gli rifiutò. Allora Perseo si infuriò, tirò fuori la testa di Medusa dalla bisaccia in cui la teneva e pietrificò Atlante. Le montagne dell'Atlante nel Marocco sarebbero appunto il titano pietrificato dallo sguardo di Medusa”. C’è poi un altro mito che riguarda il fatto che il globo celeste che Atlante tiene sulla schiena sia inclinato. Secondo questo racconto, l’inclinazione della terra sarebbe da imputare a Ercole, che aveva sostituito Atlante impegnato a recuperare i frutti delle Esperidi. In questo lasso temporale, Ercole non avrebbe retto bene il peso del mondo, cedendo da una parte. Così, quando restituì il mondo ad Atlante, questo era compromesso e inclinato. “Ercole doveva compiere una delle sue dodici fatiche, ovvero andare nell'estremo occidente, in una terra lontanissima, la terra del tramonto, e rubare delle mele d'oro che erano nel giardino dove vivevano delle ragazze chiamate Esperidi, le ninfe del tramonto. . Solo che secondo alcune storie si fece sostituire da Atlante che sarebbe andato al suo posto- spiega ancora Ieranò - . Pare però che Atlante, dopo essersi levato il peso della volta celeste dalle spalle, non volesse più riprendere quel suo compito. E qui ci sono due versioni diverse. Una racconta che Eracle gli disse: “Va bene, se vuoi il mondo d'ora in poi lo tengo su io, aspetta solo un attimo che mi metto un cuscino fra il collo e la testa…tienimi il globo solo un secondo”. Ma poi Ercole prese le mele e scappò via. La seconda versione vuole che Ercole ringraziò Atlante costruendo per lui quelle famose “Colonne d'Ercole” lungo la via che va verso l'estremo occidente per dargli un supporto nel suo compito di reggere il mondo”.

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John Pedeferri