Fumetti, Jurgens: perché oggi fare morire Superman sarebbe diverso

A decenni di distanza la morte di Superman è un evento fumettistico che fa ancora discutere e che è impossibile per gli appassionati da dimenticare. A Lucca Comics abbiamo incontrato Dan Jurgens, storico autore del fumetto statunitense, che ci ha raccontato particolari inediti sulla realizzazione della saga che lo ha reso famoso ad inizio anni '90 e che gli valse applausi e critiche da i fan di tutto il mondo, dividendo anche gli addetti ai lavori e choccando i media tradizionali che diedero ampio risalto alla notizia della dipartita della “S” più famosa dei comics. Quando ha presentato l’idea della morte di Superman alla Dc Comics aveva idea dell’impatto che avrebbe avuto? No, non avevamo idea che sarebbe stato così grande. Sapevamo che stavamo raccontando una storia importante su Superman, sapevamo che avrebbe attirato un po’ più di attenzione, ma non avevamo idea che sarebbe diventata una notizia mondiale. Nella saga, cosa simboleggia Doomsday e i personaggi che cercano di sostituire Superman dopo la sua morte? Doomsday è l’esatto opposto rispetto a Superman. Superman abbraccia l’umanità, è un uomo ragionevole che non vuole combattere, ma trovare soluzioni. Doomsday è una bestia rabbiosa che noi ci siamo detti essere come una forza della natura con cui non si può ragionare più di quanto non si possa fare con un uragano o un terremoto. E questo è quello che lo rende un ottimo nemico per Superman. La forma ultima del simbolismo è che nessuno può realmente sostituire Superman. L’altro aspetto è che la morte di Superman ha ispirato altri a prendere il suo posto, o perlomeno a cercare di prendere il suo posto. E per questo quello che scopriamo in questa storia è quanto Superman sia unico. Oggi la notizia della morte di Superman avrebbe lo stesso impatto? È così difficile dirlo. Penso che probabilmente la notizia iniziale avrebbe un impatto altrettanto grande, ma il ciclo delle notizie oggi cambia molto più velocemente, e per questo motivo penso che la notizia, una volta uscita, potrebbe non avere la stessa durata nel tempo, quindi sarebbe certamente diverso, sì. Qual è la lezione che con questa saga ha consegnato al fumetto mondiale? Oh Dio. Penso che a mostrare quanto sia importante sia il fatto di trovare un personaggio con cui tu, come autore o artista, puoi relazionarti e con cui puoi costruire una connessione duratura. E penso che una delle cose che sono stato in grado di fare attraverso Superman – su cui ho lavorato ormai per diversi decenni – è stato il fatto di accompagnarlo attraverso molte fasi importanti della sua vita, e questo è quello che aggiunge sempre ricchezza al suo personaggio e a tutto l’arazzo complessivo che circonda questi personaggi. Quest’anno Superman è stato rilanciato in grande stile anche al cinema. La sua nuova incarnazione ha punti in contatto con quella che aveva delineato lei? Penso che quello che cerchiamo sempre di ritrarre sia il cuore e l’umanità all’interno del personaggio di Superman. Che venga da noi o da altri creators, quello che certamente questo film ha è il cuore e l’umanità di Superman. E questo lo vediamo molte volte durante il film. E alla fine penso che il fatto che Superman sia così umano sia la grande forza di questo personaggio. Nel film Superman in uno scenario di conflitti simile a quello che stiamo vivendo nel mondo, a un certo punto prende nettamente una posizione. È la cosa giusta da fare? Penso che dipenda sempre da quali sono le parti, ma è qualcosa che abbiamo già visto prima. Superman arrivò per i lettori nel 1938. E durante la Seconda Guerra Mondiale, per esempio, lo abbiamo visto prendere le parti degli Alleati. Quindi abbiamo già visto Superman schierarsi. Penso che quando lo fa esita perché deve essere sicuro che non ci sia dubbio quale sia la parte giusta e quale sia quella sbagliata.

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Cristian Paolini