Polly Clark, autrice di Oceano: “Questo romanzo mi ha cambiata: ora vivo su una barca”

Nata in Canada, cresciuta in Scozia, oggi vive a Londra, su una barca: “Si scrive meglio lì che sulla terraferma”, confessa a Sky Insider Polly Clark. Si è aggiudicata importanti premi, prima come poetessa e poi come narratrice. È arrivata alla prosa a quasi cinquanta anni, dopo essersi messa alla prova con le professioni più disparate e aver speso un’esistenza, dalla più tenera età, a comporre in versi. Con il suo romanzo d’esordio "Larchfield" nel 2017, ha rivelato il suo talento facendosi conoscere a livello internazionale. A portarla in Italia la casa editrice Atlantide con le traduzioni di Federica Bigotti. Oggi Clark è in libreria con il suo terzo romanzo “Oceano” che presenta in questi giorni a Mantova in occasione del Festivaletteratura. Un libro che le ha cambiato la vita, perché può capitare, a volte, che siano gli scrittori a rincorrere i romanzi. Come è diventata una scrittrice? Beh, ho sempre scritto in una forma o nell'altra. Anche se non provengo da una famiglia di letterati, la scrittura ha fatto parte della mia vita fin dall’infanzia. Non sapevo cosa scrivessi. La poesia, però, è sgorgata fin da subito, producevo testi che ambivano a diventare poesie. Ho pubblicato il mio primo componimento quando avevo circa 15 anni, credo. L'ho fatto in forma anonima perché non pensavo di essere una poetessa. Ho fatto moltissimi lavori diversi. Sono stata guardiana di zoo e insegnante di inglese e ho lavorato nell'editoria. Ho vissuto così tante vite e ho impiegato quel tempo per scrivere e imparare. È così che ho scoperto di essere una vera scrittrice, semplicemente vivendo. Una guardiana di uno zoo e poi un'insegnante… esperienze che si ritrovano nei suoi romanzi. Pensiamo a “Tigre” e all’ultimo "Oceano", in cui la protagonista è Helen, una professoressa. Nella mia letteratura c’è tanto della mia vita e delle emozioni che ho sperimentato. Anche se non ho mai insegnato nel sistema scolastico classico, ho trasferito nella storia di Helen i racconti di mia madre, che, sì, era un’insegnante a tutti gli effetti. All’inizio di "Oceano" c’è una catastrofe, nello specifico un attacco terroristico. È una metafora dei nostri tempi apocalittici? Suppongo che quello che volevo fare fosse seguire questa donna nella sua completa distruzione: si sgretola non solo la sua vita, ma la sua identità. Volevo metterla alla prova: la vera sfida nelle nostre esistenze non è muoversi per inerzia ma ricostruire dalle macerie. Ci sta dicendo che abbiamo bisogno di un'esplosione per progredire? Sì, è un pensiero davvero interessante. Siamo portati a pensare che l'esplosione sia la cosa peggiore che possa accadere, ma non lo è. Per comprendere l'interiorità di Helen ho avuto bisogno di portarla in un luogo esterno e vuoto: l'oceano, grande e instabile proprio come la sua coscienza. Per scrivere questo romanzo sull'oceano, sull'esperienza della navigazione, che è una parte importante del libro, ha dovuto immergersi in questo mondo. Sì, non solo mi sono avvicinata a questo mondo, ma ora vivo su una barca. Questo romanzo è straordinario perché ha cambiato la mia vita: sarebbe il caso di dire che la mia vita ha seguito e inseguito il romanzo. Sono una persona completamente diversa da quella che ero quando ho iniziato a scriverlo sei anni fa. Che tappe ci sono state? Per capire cos'è l'oceano e anche il significato della barca, avevo bisogno di andare in mare io stessa. Così ho fatto una spedizione con un equipaggio attraverso il Golfo di Biscaglia per raccogliere dettagli utili, per arricchire il lessico ma soprattutto ho potuto capire l'importanza di andare a largo, di vivere il mare. Ora che vive su una barca, preferisce scrivere in mare o sulla terraferma? La barca su cui vivo a Londra è un'imbarcazione residenziale, terribilmente tranquilla ed è il luogo perfetto per riflettere. Ho scoperto che l'acqua è una medicina per la salute mentale e uno stimolo magnifico alla creatività. Helen e Frank sono una coppia tragica e ironica al tempo stesso. Cosa ci racconta dell’amore e del matrimonio contemporaneo la loro crisi coniugale che culmina con la decisione di lasciare tutto per salpare nell'Atlantico? Frank è un uomo apparentemente perfetto che però mostra tutte le sue debolezze. Parliamo di una persona indecifrabile: buono e cattivo al tempo stesso, è una metafora della fragilità del maschio. E poi c’è James, "l’altro", che ho voluto costruire come un ideale romantico. Due figure maschili che mi servivano per rispondere a una domanda. Di cosa ha bisogno Helen? Ha davvero bisogno di qualcuno? La risposta è nel libro, ma quello che è certo è che è una donna straordinaria, a pieno titolo. Le donne sono forti, fortissime. E a proposito di Mantova, dove si trova in questi giorni, questo festival ha un grande respiro internazionale e ci porta a scoprire nuovi mondi. Ci parli del suo di mondo... Voglio dire, è nata in Canada, poi trapiantata in Scozia: che rapporto ha con la sua identità? Sono cresciuta in Scozia, ma poi me ne sono andata e sono tornata quando ho messo su famiglia. Quindi, tutto sommato, ho vissuto in Scozia per circa metà della mia vita. Ma per quanto scozzese io possa sentirmi, probabilmente non sarò mai considerata tale dagli scozzesi. Suppongo che tra me e questo Paese ci sia un rapporto di sorellanza: non è madre ma sorella. Mi sento una persona senza radici perché ho viaggiato, mi sono spostata. Pensi che, anche se sono nata in Canada, ce ne siamo andati quando ero molto piccola e non sono mai tornata. Non ho ancora mai visto il posto in cui sono nata. Questo l'ha influenzata anche artisticamente? In un certo senso forse stare su una barca è una soluzione piuttosto "comoda" per me, perché non mi sento molto legata a nessun posto in particolare e la barca è per sua natura mobile. E c’è anche da dire che Londra è un Paese a sé stante. Nessun posto mi rappresenta. Come definirebbe Londra oggi? Penso che sia difficile vivere a Londra in questo momento perché molte cose sono cambiate dopo la Brexit, ma anche il Covid, a dire il vero, ha avuto un ruolo, modificando le connessioni tra le persone. Penso che stiamo ancora imparando, o meglio reimparando a interagire tra di noi. Questi giorni a Mantova sono stati bellissimi, perché mi sono immersa in un contesto incredibile: la vicinanza tra le persone, i lettori entusiasti e appassionati. Nel Regno Unito molti festival faticano a riprendere il ritmo dopo il Covid e probabilmente anche a causa delle divisioni prodotte dalla Brexit. Segue la politica? Cerco di non seguirla troppo da vicino perché come scrittrice voglio parlare del mondo così com'è e non come dovrebbe essere. E la politica invece è un esercizio di idealismo, di proiezione. Questa non mi compete. Sono molto brava a capire come stanno le cose, ma non altrettanto in grado di capire come dovrebbero essere. Negli ultimi due giorni si è parlato molto delle dimissioni della vice premier e numero due del Labour, Angela Rayner, che è stata travolta da uno scandalo in relazione al mancato corretto pagamento della tassa sulla seconda casa, e di quello che sta succedendo nel partito laburista. Direi che il nostro panorama politico è destabilizzante. La fiducia nella cosa pubblica è ai minimi storici. La maggior parte degli artisti e degli scrittori si sente politicamente “senza fissa dimora”, senza punti di riferimento. Ora c’è un grande caos. Il caso di Angela Rayner alimenta disamoramento e disillusione: una donna della classe operaia che ha fatto molta strada e poi si è rivelata ipocritamente uguale a tutti gli altri. Di delusioni ne stiamo ricevendo tante, una dopo l'altra. Abbiamo perso l’ottimismo.

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Ludovica Passeri