"Tra vita e arte": il Superrealismo pop di Carole A. Feuerman

È una delle artiste viventi più conosciute, Carole A. Feuerman, nata negli Stati Uniti 79 anni fa, Paese dove ha sempre vissuto e dove ha realizzato la maggior parte della sua produzione; sculture, soprattutto, che ci raccontano in particolare i corpi, siano essi interi o frammentati. Si è formata con la Pop Art negli anni ‘60, salvo poi, nel decennio successivo, trovare una propria strada, una propria collocazione. Per lei si parla di Realismo, Iperrealismo, Superrealismo Pop e lei sembra stare al gioco, continuando – però - per la sua strada, cercando uno spazio tutto suo, che ci conduce in una dimensione onirica, eppure, reale, tra figure che sembrano essere qualcosa ma anche qualcos’altro. Accade – per esempio – quando dà vita alle bagnanti, donne che ora appaiono come annoiate signore che si asciugano al sole dopo un tuffo in mare, ora come donne esauste alla fine di una lunga traversata verso la salvezza. La mostra in corso a Roma, a Palazzo Bonaparte fino al 21 settembre, è un lungo viaggio nella sua storia artistica, dagli esordi a oggi, un percorso di oltre 50 anni pieno di sorprese. La voce del corpo recita il sottotitolo, voce di donne, soprattutto; donne evocate dai suoi ricordi di bambina, dai suoi viaggi, dal suo quotidiano. Le opere di Carole A. Feuerman si svelano in tutta la loro forza espressiva; opere sì da contemplare ma anche da vivere, emozionandosi. Carole A. Feuerman, artista Cosa ci dice a proposito delle teste che sono in esposizione? Questa è una sorpresa, penso lo sia per tutti. Ho conservato queste teste. Ho visto teste nei musei in Grecia, ad Atene, al Met, e mi è sempre piaciuta quell’antichità delle teste. Quindi ogni volta che realizzavo una testa – e questa è la vera opera d’arte – poi facevo uno stampo, e i pezzi nell’altra stanza sono i positivi, ma questa è in realtà l’opera originale. Ho conservato tutte queste teste e i visitatori noteranno dei fori in esse. È un’idea di testa frammentata, questa. C’è il cappuccio da bagno ma fa parte dell’opera. Non è un cappuccio da bagno aggiunto. Ce ne sono di diverse. C’è Brooke. Questo è il numero aureo. Ecco, il numero aureo. Cammino in giro e riesco a vedere la persona che si avvicina a me e le sue mani. E ho un’intera esposizione di mani, come potete vedere. È stato davvero divertente creare questa installazione e penso che vi divertirete tanto quanto me. Spero che a tutti piaccia, perché è la mia stanza preferita, in questo momento. Lo diciamo sempre, diciamo che quello che stiamo facendo, quello che stiamo facendo adesso, è il nostro preferito, ma vedere tutte le teste sparse per la stanza è davvero emozionante. In mostra c’è anche un film? Sono conosciuta per i miei nuotatori, ma ciò che le persone non sanno è che, quando verranno a vedere questa mostra, vedranno tutti i diversi momenti della mia vita e vedranno un film che è stato realizzato per me. È stato fatto. In realtà, questo film era stato realizzato per Palazzo Bonaparte, ma è parte di un film più ampio che sarà distribuito, forse, su Netflix, forse su HBO, non lo sappiamo ancora, e dovrebbe uscire tra circa sei mesi. Potrete vederne un segmento e racconterà molto di ciò che ho vissuto per prepararmi alla mostra, di com’è essere me in un giorno, una giornata della mia vita nello studio. Penso che per voi sarebbe molto interessante dare anche uno sguardo allo studio e non soltanto al museo. Tra le altre, c’è un’installazione che raffigura un padre e un figlio. All'inizio degli anni ’80, incontrai un uomo e gli chiesi di posare per me, così realizzai il suo volto. Molti anni dopo, ebbe un figlio che andò alla NYU, e io vivo dall’altra parte della strada; così feci il volto di suo figlio, che aveva 18 anni. Mi piace particolarmente questa installazione. È un padre e un figlio. Fare questa mostra è stato anche molto divertente per me, perché mi ha permesso di ripercorrere la mia vita ed è incredibile rappresentare parti della tua vita di epoche diverse, da un momento all’altro. È davvero meraviglioso e mi sto divertendo molto. Demetrio Paparoni, curatore della mostra Che tipo di percorso ha scelto? Questa mostra si muove per sale con una vera narrazione. C’è l’inizio della storia dell’artista, l’inizio della sua carriera e poi si arriva alle fasi finali, dove l’ultima sala, che è la sala dei corpi tatuati, è una mostra a sé, cioè, una mostra nella mostra. Per capire che cosa significa questa idea curatoriale di creare delle relazioni, basta pensare all’opera che ci accoglie all’inizio, nella prima sala. Prima sala dove sono raccolti quelli che sono i disegni della sua fase giovanile, i primi dipinti, troviamo un’illustrazione che il libretto che accompagnava la tournée di Alice Cooper in quegli anni e poi troviamo due sculture, una scultura e un autoritratto. È un autoritratto di lei mentre sta lavorando, che lei ha realizzato nell’81 per la pubblicità della Absolut Vodka. C’erano sei camion aperti, che giravano per gli Stati Uniti e pubblicizzavano la vodka. La vodka fece una serie di pubblicità affidate agli artisti. Chiaramente, se tu fai una mostra che è organizzata in maniera cronologica, devi mettere i lavori giovanili e poi, a mano a mano che vai avanti trovi gli altri ma si poneva il problema di avere qualche cosa che - in qualche modo – accogliesse il visitatore. Allora l’idea qual è stata? L’idea è stata di mostrare lei, perché è un autoritratto, è lei al lavoro, mentre sta realizzando un lavoro recente ed è abbastanza interessante, questo, perché lei è stata spesso scambiata per un iperrealista, cosa che non è, perché – in realtà – è un’artista con delle matrici assolutamente pop, che si forma negli anni ’70 con questi frammenti di corpo, soprattutto, anche corpi femminili, con delle implicazioni erotiche e lì c’era la poetica del frammento, che è tipica del post moderno, Qui, abbiamo lei che sta realizzando un lavoro di adesso e questo lavoro è fuori scala. Questo è molto interessante, il fatto che il soggetto che l’artista sta dipingendo – si tratta di un lavoro del 2024 – è in scala, cioè, è chiaramente un’opera d’Arte. Quindi, Feuerman in quest’opera è il vero, la scultura è scultura: tu hai l’artista che genera la scultura. Quindi, quello che accoglie il visitatore è l’artista stessa che dice “sono qui che sto realizzando un lavoro e in questa mostra c’è il mio inizio e il mio punto di arrivo attuale. Il mondo di Carole A. Feuerman Questa mostra presenta dei lavori degli anni ’70 ed è straordinario il fatto che, per la prima volta, si possono vedere tutti questi lavori accorpati in questo modo, perché sono lavori assolutamente poco conosciuti. Sempre nell’ambito di questa narrazione della mostra, troviamo un lavoro del 1981 che presenta uno pneumatico usato come salvagente, ci sono due mani di donna aggrappate e c’è una mano che si sorregge, nel tentativo di salvarsi. Carole Feuerman era a Key West ed è stata testimone dell’arrivo dei migranti che lasciavano Cuba su dei gommoni, rischiando la vita attraversando un bel pezzo di oceano per arrivare negli Stati Uniti, per approdare in Florida, alla ricerca di libertà. L’artista, subito dopo, comprò la foto di un cronista, che ora è in mostra, che è testimonianza di quello che stava succedendo: la foto ritrae un’imbarcazione di fortuna a bordo della quale quei poveretti abbandonavano Cuba. A distanza di qualche anno lei ha realizzato un lavoro nel quale ha dato corpo alla figura di questa donna, di questa bagnante, che è molto diversa dalle bagnanti che lei ha fatto, che escono dall’acqua, con tutte goccioline che luccicano e che sono rinfrescate dall’acqua e riscaldate dal sole, che sono in una condizione veramente piacevole, di relax. Qui, invece, abbiamo una donna che sta soffrendo ed è esausta, proprio per il fatto di essere stata troppo tempo in acqua.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

"Tra vita e arte": il Superrealismo pop di Carole A. Feuerman

Sabrina Rappoli