Donnaregina, la non-biografia di Teresa Ciabatti che sfugge alle etichette. La recensione

“Donnaregina”, il nuovo libro di Teresa Ciabatti pubblicato da Mondadori, è una non-biografia. Per carità: riprende buona parte della vita del suo protagonista, Peppe Misso, fu ‘o Nasone, ex-superboss della camorra. Ma allo stesso tempo si muove altrove, in altri spazi e in altre dimensioni, e sa alternare la propria attenzione tra elementi e spunti differenti. Per esempio: la scrittrice che racconta, che non è Ciabatti, deve fare i conti con sua figlia, con la sua depressione, e con la malattia di una carissima amica . Peppe Misso, insomma, passa più volte in secondo piano, senza però sparire del tutto: rimane sempre lì, come un fantasma, una voce che ci ricorda che questo libro parla di lui, della guerra che ha spezzato e messo in ginocchio Napoli, e poi della sua carriera criminale, della sua famiglia, dell’uomo che è stato e che è diventato oggi. Si parte dall’infanzia e si arriva alle passeggiate per Roma, allo shopping alla Rinascente e ai pranzi con vista Pantheon. E quello che viene fuori è il ritratto di uomo nei suoi settant’anni, non stanco, ma decisamente provato da ciò che ha fatto. Ciabatti non lo dipinge come un mostro. La cronaca, per quanto paradossale e assurdo possa suonare, non le interessa. Ciò che le interessa, ed è chiara su questo, sono i dettagli. E quindi le abitudini, i ricordi, gli anni passati al riformatorio giovanile, poi nel manicomio, infine in prigione. E il rapporto con i figli, con la prima moglie, con la nuova compagna, e con la madre, la sorella, la città. Peppe Misso è innanzitutto un rapinatore, raccoglie così la sua fortuna. Poi si trasforma, diventa altro: il superboss che amministra e governa la Sanità, con la sua casa a Donnaregina . Ora vuole provare a mettere un punto, a raccogliere idee e impressioni, e per questo si confessa alla scrittrice protagonista . Per tutto il tempo, in “Donnaregina” resiste un sottotesto di morte e di disfatta, incarnato e portato avanti da Misso e dalla sua storia. Proprio alla fine, però, c’è spazio per altro: c’è spazio, per esempio, per la necessità di serenità, di stare bene, di vedere la vita come qualcosa che vale la pena – non sempre, non continuamente – di provare. Ciabatti è sempre stata bravissima nel tenere insieme fatti e finzione, idee e suggestioni. E lo fa anche stavolta. Per questo, prima, parlavamo di non-biografia. Sarebbe estremamente limitante provare ad affibbiare un’etichetta unica, onnicomprensiva, a “Donnaregina”. Autofiction, autobiografia, biografia. Che senso ha? La scrittura, dice Ciabatti, è libertà. E allora è importante rimettere al centro il lettore, dargli modo di leggere, di essere, e di lasciarsi travolgere da questo racconto ritmato, ricchissimo, pieno di incisi divertenti e di aneddoti pazzeschi . Ciabatti non banalizza, non è superficiale, non prova a tutti i costi a trovare lo scoop. E perché, poi? Ha tra le mani la vita di un uomo che è una specie di epopea, che non si risparmia sui colpi di scena e che è piena – piena, lo ripetiamo – di tragedia umana. Come il teatro greco o le opere shakespeariane. Quando pensiamo di essere arrivati alla fine, di aver capito ogni cosa, veniamo nuovamente sorpresi e dobbiamo ricominciare. La scrittrice di “Donnaregina” non è l’alter-ego di Ciabatti. O meglio: non nasce con questo obiettivo. In realtà, è il risultato di scarti, di offerte rifiutate, di slanci rinnegati. È coraggiosa, a tratti egocentrica, sicuramente più decisa. Ed è – narrativamente, certo – uno strumento. Ciabatti la usa per arrivare dove, di solito, non si avventurerebbe nemmeno. E per dire quello che pensa, che magari non è ascrivibile alla grammatica altisonante dei giusti, e che comunque vale la pena di mettere nero su bianco. Eccola, dunque, l’altra grande verità di “Donnaregina”: non ci sono buoni e cattivi; non si nasce, soprattutto, buoni e cattivi; il contesto e i luoghi sono fondamentali, e sono quelli – insieme alla famiglia, agli amici e alle abitudini – a plasmarci. Come cantava Federico Salvatore: c’è un muro che divide Toledo e Posillipo.

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Donnaregina, la non-biografia di Teresa Ciabatti che sfugge alle etichette. La recensione