"Impenetrabile", Alix Garin: "Un fumetto per spezzare il tabù della sessualità femminile"

Ci sono tante cose dentro il nuovo fumetto di Alex Garin, "Impenetrabile". È il racconto intimo e profondo di una storia personale, quella dell'autrice, che pagina dopo pagina trova una chiave universale attraverso cui riesce a renderla una storia di tutti. Al centro c'è il rapporto con il corpo, una sessualità faticosa e molte incognite. Il viaggio a ostacoli della protagonista inizia per via di un dolore fisico - per molto tempo senza un nome - che influenza il rapporto con sé stessa, quella con il suo compagno, e tutte le sue relazioni. Un dolore che la costringe a mettere in discussione il proprio corpo e il proprio desiderio sessuale, per intraprendere un percorso lungo, verso una guarigione fisica che la porterà alla riconquista di sé. Dopo il debutto nel 2021 con la graphic novel "Non mi dimenticare" - pluripremiato e tradotto in 10 lingue - Alix Garin, artista belga classe 1997, torna in libreria con il fumetto "Impenetrabile" : un racconto che scava oltre i preconcetti legati alla sessualità che la società ci impone, scegliendo di metterli in dubbio, anche se attraversando paura e sofferenza. Quella dell'autrice è anche una storia di ostacoli medici, psicologici e sociali e alla liberazione dal giudizio degli altri. "A conti fatti, il tema del libro non è il vaginismo", spiega Garin a Sky TG24 Insider. È piuttosto "una storia sul ricostruire se stessi, sulla scoperta di sé e degli altri. Credo sia per questo che tante lettrici e lettori con vissuti diversi si siano rivisti tra le sue pagine... è una storia universale, che parla di coppie e della società attuale". Quando è iniziata la sua passione per i fumetti? Ho iniziato a disegnare per raccontare storie quando avevo cinque anni. L’atto del disegno in sé non mi interessava più di tanto: volevo raccontare storie. A sei anni, quando ho imparato a leggere, i miei genitori mi hanno regalato un abbonamento a una rivista a fumetti belga, Spirou, grazie alla quale ho scoperto che realizzare fumetti è un lavoro. In quel momento ho deciso cosa avrei voluto fare nella vita: per me è una vocazione, un istinto, un bisogno viscerale. Quando ha deciso di raccontare la sua storia, e cosa l’ha spinta a farlo? Durante il periodo del vaginismo, provavo vergogna e non ne parlavo con nessuno. Fino a quando non realizzai che la posta in gioco era alta: non si trattava solo di parlare di vaginismo, ma di argomenti come il desiderio, il concetto di coppia e della possibilità da parte delle donne di vivere un certo tipo di esperienze. Ho sentito la necessità di dare voce a ciò che vivono, pensano e sentono. Porre interrogativi universali sul mondo e la società mi sembrava una sfida interessante. In quel momento, mi sono ripromessa che, quando quel capitolo della mia vita si sarebbe concluso, lo avrei condiviso. In "Impenetrabile" ha raccontato una storia intima. L’onestà richiede coraggio? Per me non si tratta di coraggio, ma di consapevolezza. Ho voluto raccontare con tutta l’onestà possibile, senza omettere nulla, perché sono convinta che si tratta di temi e di esperienze che vanno rappresentate esattamente come sono accadute. Non voglio che le persone si sentano sole o “strane” solo perché nessuno affronta questi argomenti. Volevo che il mio libro fosse una mano sulla spalla, che dicesse loro: “Sì, succede a chiunque, non devi provare vergogna.” È difficile disegnare pezzi della propria storia? La parte più difficile è capire cosa tenere e cosa no. Nell’autobiografia, la “materia prima” abbonda: "Impenetrabile" racconta un lasso di tempo di cinque anni. Cos’è stato significativo? Quali sono i momenti salienti da raccontare per far capire l’evoluzione psicologica del personaggio? Sono decisioni difficili da prendere. Il resto è stato puro istinto: l’autobiografia non mi ha mai spaventata, sento che mi appartiene. Per me, raccontare esperienze di vita vissuta è il modo migliore di realizzare storie vive e originali. Rendendo pubblico un vissuto personale, aveva timore del giudizio altrui? Un po’. Avevo paura di subire attacchi su internet, ma non è successo. Anzi, il libro è stato accolto con grande entusiasmo dappertutto e ne sono molto contenta. Ha raccontato del dolore incessante, e della mancanza di desiderio, che ha provato per un lungo periodo. C’è ancora un tabù riguardo alla sessualità femminile? C’è un tabù legato alla scarsa rappresentazione dell’argomento. È un circolo vizioso: all’interno del dibattito pubblico, la visione e le esperienze delle donne non vengono rappresentate dal loro punto di vista e questo dà l’impressione che ci sia qualcosa di cui vergognarsi, che siamo condannate a vivere le nostre esperienze da sole nascoste in un angolo, che si tratti di qualcosa di anormale, ecc. Più se ne parla, invece, più verrà rappresentata e più prenderemo coscienza che il “normale” non è esiste. Ecco perché ritengo che sia importante condividere storie come questa, senza edulcorare o nascondere la verità. Ha descritto ostacoli medici, psicologici e sociali. Qual è stato l’aspetto più frustrante durante il percorso? La parte più difficile è stata scoprire che le figure professionali non possedevano i mezzi appropriati. Avevo la percezione che fossero ignare della tematica. E l’ho trovato sconcertante. Quando soffriamo e abbiamo la percezione che nessuno abbia risposte o soluzioni, iniziamo a temere che non esista una via di uscita. Ma non bisogna arrendersi: da qualche parte c’è qualcuno che sa come aiutarci. Dobbiamo continuare a cercare, parlarne con gli altri, non restare con le mani in mano. L’accesso alle cure in Belgio è gratuito? Quanto hanno pesato economicamente le tante visite a cui si è sottoposta per arrivare a una diagnosi? Fortunatamente il Belgio dispone di un buon sistema sanitario. Non è da dare per scontato, però: bisogna continuare a difendere questo sistema assistenziale che mette gli esseri umani al centro del discorso rispetto al profitto o agli interessi privati. Per le visite mediche, che fossero in uno studio medico o in un ospedale, ho pagato molto poco. Di contro, le psicologhe sono molto care... mi sono sentita privilegiata. Il sesso è sopravvalutato? Esiste un paradosso circa la sessualità: da una parte è onnipresente, ma spesso tramite doppi sensi o suggestioni, come una sorta di costrizione: per sentirsi completi e appagati, bisogna vivere la sessualità. Ma viverla come? Non abbiamo risposte. Non c’è un’educazione in tal senso, e la rappresentazione classica che ne viene data non corrisponde né alla realtà né ai bisogni psicologici del corpo per farci sentire realmente appagati. La sola rappresentazione esplicita viene dal porno, ed è l’esatto opposto di una guida verso il piacere. Cosa pensa del porno, dei messaggi che veicola? L’unico obiettivo del porno è giocare sulla finzione per trarne profitto, in chiave puramente maschile . Tutto questo genera un immaginario completamente viziato e svilente, perché alcuni rischiano di adottare comportamenti che pensano appartenere alla “sessualità”, ma che in realtà rientrano in una finzione poco aderente a quello che i loro corpi potrebbero vivere come piacere. E, di conseguenza, rimanere delusi e allontanarsene. E tutto a causa di una mancata educazione all’intimità o di preconcetti. Normalizzare un disagio può aiutare le persone a sentirlo meno pesante. Ha ricevuto feedback di donne che hanno vissuto un’esperienza simile alla sua? Sì, ricevo parecchie testimonianze, lettere, messaggi, e-mail o momenti di confronto durante i firmacopie da parte di donne o uomini che mi raccontano di aver vissuto la stessa esperienza. Le persone vivono con la vergogna e il senso di colpa, senza sapere a chi rivolgersi o come parlarne. La condivisione è commovente e gratificante, e dimostra fino a che punto questa parola deve essere liberata.

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