In Uk un adolescente su quattro si affida all’IA per la salute mentale

“L’uso eccessivo dell’IA per il supporto alla salute mentale potrebbe benissimo portare alla prossima emergenza sanitaria, se il governo non adotterà misure urgenti”. A parlare è Roman Raczka, membro della British Psychologycal Society, che così reagisce ha un fenomeno in preoccupante crescita in Inghilterra e Galles: circa un teenager su quattro in età compresa tra i 13 e i 17 anni su dieci si rivolge ai chatbot per alleviare il proprio disagio psicologico. Questo è anche dovuto al fatto che le fila di attesa nei centri paragonabili ai nostri consultori sono lunghissime. Conferma lo psicologo: “Non dovremmo sorprenderci del fatto che gli adolescenti si rivolgono a strumenti come ChatGPT in questo modo. Le liste d’attesa dell’NHS sono in aumento e un giovane su cinque convive con un disturbo di salute mentale. È inaccettabile che i giovani che hanno bisogno di aiuto per la propria salute mentale non riescano ad accedere ai servizi di cui sentono la necessità prima di raggiungere il punto di crisi”. Da qui l’invito ad agire: "Il governo deve prendere atto di questo duro monito e impegnarsi ad ampliare il personale dedicato alla salute mentale, per garantire che gli adolescenti in difficoltà possano accedere a un supporto tempestivo e in presenza, prima che le potenziali conseguenze si facciano sentire sulla prossima generazione», scrive il dottor Raczka in una lettera aperta al Guardian. Proprio il quotidiano aveva acceso un faro su questo fenomeno, raccontando la storia di Shan, adolescente di Tottenham che aveva deciso di farsi aiutare da ChatGPT dopo che un amico era stato ucciso da un colpo di pistola e un altro da una coltellata. La ragazza, racconta il giornale, si era rivolta in prima istanza al servizio sanitario, ma aveva poi preferito la tecnologia perché “si comportava come fosse un amico”. In altre parole, le dava una sensazione di maggiore sicurezza, risultava meno intimidatorio e, soprattutto, più facilmente disponibile quando si trattava di affrontare il trauma per la morte dei suoi giovani amici. Quando ha iniziato a consultare l’intelligenza artificiale, l’adolescente di Tottenham si è unita a circa il 40% dei ragazzi, inglesi e gallesi tra i 13 e i 17 anni, che hanno avuto un’esperienza diretta di violenza e che, secondo una ricerca condotta su oltre 11.000 giovani, si rivolgono a i chatbot per cercare di trovare una soluzione al proprio malessere. Lo studio ha rilevato anche che sia le vittime che gli autori di violenze sono nettamente più propensi a utilizzare l’IA per questo tipo di aiuto rispetto ad altri adolescenti. Tra i criteri che spingono a questo utilizzo ci sono la presunta riservatezza del chatbot e l’accessibilità: il fatto cioè che sia disponibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7. I ragazzi che fanno parte di gang, ad esempio, si sentono più al sicuro nel chiedere ai chatbot consigli su modalità alternative e più sicure per guadagnare denaro rispetto a un insegnante o a un genitore, che potrebbero far trapelare le informazioni alla polizia o ad altri membri della gang, mettendoli in pericolo. È stata la stessa Shan a spiegare al quotidiano britannico di trovare ChatGPT “più riservato e meno giudicante rispetto alla sua esperienza con i servizi tradizionali e con organizzazioni benefiche. “Più le parli come a un’amica, più lei ti risponderà come un’amica. Se dico alla chat: ‘Ehi bestie, ho bisogno di un consiglio’, la chat mi risponde come se fosse la mia migliore amica. Mi dirà: ‘Ehi bestie, ci sono io per te’. Secondo lo studio, un adolescente su quattro tra i 13 e i 17 anni ha utilizzato un chatbot di IA per la propria salute mentale nell’ultimo anno, con i ragazzi neri che hanno una probabilità doppia rispetto ai coetanei bianchi di averlo fatto. In molti casi questa scelta è stata resa necessaria dalle lunghe liste di attesa Lo scorso aprile un sedicenne californiano, Adam Raine si suicidò. La madre citò in giudizio Character.AI, sostenendo che suo figlio si fosse legato emotivamente a un chatbot e questo avrebbe contribuito alla sua decisione di togliersi la vita. OpenAI si oppose all’idea che la causa della morte del ragazzo potesse essere attribuita alla tecnologia. L’azienda ha poi reso noto di stare migliorando i propri strumenti “per riconoscere e rispondere ai segnali di disagio mentale o emotivo, de-escalare le conversazioni e indirizzare le persone verso un supporto nel mondo reale”. A settembre, la startup ha dichiarato che potrebbe iniziare a contattare le autorità nei casi in cui gli utenti inizino a parlare seriamente di suicidio.

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Tiziana Prezzo