Inizialmente attribuita dai critici a una generica creazione di scuola signorelliana, la "Pala di Santa Cecilia", conservata alla Pinacoteca comunale di Città di Castello, è stata sottoposta a una delicata operazione di restauro, che ne ha permesso la riattribuzione. Il capolavoro è opera della mano del pittore Luca Signorelli, uno dei più grandi esponenti del Rinascimento
È opera della mano del pittore rinascimentale Luca Signorelli la “Pala di Santa Cecilia”, recentemente restaurata a Città di Castello. L'intervento di ripristino del capolavoro, conservato nella Pinacoteca comunale tifernate, ha permesso di rivelare il vero autore del dipinto. Inizialmente destinata al Louvre per volere del primo direttore Vivant Denon, uomo di fiducia di Napoleone, la Pala non partì mai alla volta di Parigi a causa delle sue dimensioni importanti (due metri per tre). La predella fu poi ritrovata nel 1945 tra i capolavori destinati al museo immaginario di Hitler. Offuscata dalla patina del tempo, da forti traumi e pesanti ridipinture, l'opera fu inizialmente attribuita dai critici a una generica creazione di scuola signorelliana. Oggi sottoposta a una delicata operazione di restauro, finanziata dall’Università E Campus tramite Art Bonus, la Pala è stata ufficialmente attribuita a Luca Signorelli, uno dei più grandi esponenti del Rinascimento.
Il restauro della “Pala di Santa Cecilia”
L’intervento, reso possibile da Università Ecampus tramite Art Bonus su ideazione del ricercatore Giuseppe Sterparelli, è stato condotto da Paolo Pettinari sulla pellicola pittorica, Marco Santi sul supporto ligneo e Francesca Rosi nelle indagini scientifiche, sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria. Il restauro multidisciplinare, che ha coinvolto anche CNR e Università di Perugia, si è rivelato determinate per la definitiva attribuzione al pittore rinascimentale, smentendo quanto scritto nel 1923 da Mario Salmi, che aveva associato l’opera al pittore eugubino Pietro Baldinacci, influenzando gran parte della critica successiva.
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Le caratteristiche dell'opera
Grazie all'operazione di recupero, Santa Cecilia ha “riacceso” il suo sguardo, lontanissimo dai tratti dimessi che la ricoprivano, così come è stato recuperato il San Francesco, le cui stimmate erano segnate da uno squarcio sul supporto ligneo. La Vergine ha ritrovato poi il tipico manto blu notte delle Madonne di Signorelli, senza le calzature posticce che le erano state aggiunte, mentre il Bambino è all’aspetto originario, libero dalle giustapposizioni tarde. Il suggello di questa storica operazione si coglie invece nel lembo della veste di Santa Caterina, dove riaffiora fascinosamente una firma nascosta con il nome del pittore (“LV-CA”) e l’anno di esecuzione, ovvero il 1516. Un’intuizione che ebbe dieci anni fa lo studioso umbro Raffaele Caracciolo, ma che solo ora - grazie all’analisi dei materiali utilizzati - viene confermata.
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Il capolavoro di Luca Signorelli
La "Pala di Santa Cecilia", nella pinacoteca tifernate dal 1912, è dunque un’opera ritrovata, specchio della feconda stagione di Luca Signorelli a Città di Castello. Nel comune umbro, il pittore esordì come allievo di Piero della Francesca e perfezionò, all’ombra della famiglia Vitelli, la “bizzarra e capricciosa invenzione” che gli ascrisse Giorgio Vasari. L’attribuzione dell'opera sarà significativamente rivista il prossimo 28 dicembre, in occasione della presentazione del restauro integrale della pala, nella pinacoteca cinquecentesca di Città di Castello, alla presenza di Tom Henry, professore emerito di Kent University e massimo esperto di Luca Signorelli, che ufficialmente proporrà la nuova autografia “Luca Signorelli e Bottega”.