È merito degli adulti se i giocattoli sopravvivono al Natale?

Nello shopping di dicembre, i giocattoli non sono più alla moda. Il settore in Italia ha fatto registrare un calo del 3,3% rispetto allo scorso anno e non va meglio in Europa, dove il crollo sale al 5,1% . In realtà, il mercato è tanto frammentato da rendere difficile ogni lettura dei dati: giocattoli si vendono in negozi specializzati, centri commerciali, edicole, bazar “e addirittura farmacie”, commenta il direttore di Assogiocattoli Maurizio Cutrino. Eppure, “la tendenza va avanti da anni” e si affianca a una generale riduzione dei consumi sotto le feste. La spesa destinata ai regali, secondo le stime della Cgia di Mestre, si ridurrà nel 2024 di un miliardo di euro rispetto allo scorso Natale, scendendo a 10 miliardi complessivi . Nel caso dei giocattoli, però, non bastano inflazione e denatalità a spiegare il calo delle vendite: “Per godersi i giocattoli serve tempo: non sono come un video su un tablet o una partita a un videogame – commenta Cutrino – Hanno bisogno del confronto”. Serve qualcuno, come in un buon film d’avvento, che salvi i giocattoli di Natale. E forse c’è, ma non sono i bambini. “Gli adulti si sono avvicinati sempre di più a questo mondo – spiega il direttore di Assogiocattoli – perché offre un distacco dalla routine digitale, serve a evadere dallo smart working”. I dati confermano la tendenza: per il segmento che viene chiamato kidult, gli adulti-ragazzi, le vendite sono in crescita del 2% rispetto allo scorso anno. Le vendite agli over-18 valgono oggi circa il 20% dell’intero mercato del giocattolo italiano e il 28% a livello globale . “Qualcosa è cambiato con la pandemia: ha reinsegnato alle famiglie il valore di prendersi del tempo per sé. Non a caso c’è un grande ritorno ai giochi educativi e alle ludoteche. Prevediamo che potranno crescere nei prossimi anni”. Effetto nostalgia La gran parte del mercato kidult si regge sull’effetto nostalgia. Tamagotchi, set Lego , puzzle, minifigure dei personaggi cult del cinema e carte collezionabili . Tutto richiama a un’infanzia o a un ricordo felice dell’adulto che si fa un regalo “da bimbo”. “Le aziende lo hanno capito – spiega Cutrino – e cavalcano questo effetto. Stanno rilanciando giochi che andavano bene negli anni ’90: penso alle costruzioni, ma anche ai puzzle 3D di varie forme che si prestano a essere giocati anche in famiglia”. A muovere il mercato sarebbero anche i giochi “sociali”: dal 2019 ogni anno le vendite dei board games, o giochi da tavolo, crescono del 2-3%. “Ci sono giochi per tutte le età: da quelli per bambini a quelli per adulti con manuali alti due o tre dita. In questo spazio si inseriscono i kidult. Le aziende lo sanno e sviluppano linee che vendono moltissimo”. Nel caso dei collezionabili invece – minifigure o carte che siano – è nato persino un mercato secondario. I cui prezzi, talvolta altissimi, sono giustificabili anche con l’ambizione di quei piccoli ragazzi, ormai cresciuti, che investono i risparmi del lavoro negli sfizi natalizi. “Alcuni prodotti arrivano da film o videogiochi che hanno fatto l’infanzia di tutti – chiosa il direttore di Assogiocattoli – Con certe collezioni ci si comprano case ormai”. Strategie di sopravvivenza: giochi per tutti Per le botteghe storiche, però, resistere alla chiusura è un’impresa. Dreoni è aperto dal 1923, è il più grande negozio di giocattoli di Firenze e il più vasto in Italia per la vendita al dettaglio: oltre 1000 metri quadrati di balocchi. Eppure, da qualche decennio ormai, non bastano pupazzi, bambole e castelli per salvare l’azienda. “La maggior parte degli adulti li portiamo a giocare in negozio con i modellini – spiega la titolare Laura Dreoni – Si colleziona di tutto: chi fa solo le Porsche 1:43 e chi le riproduzioni dei manga Gundam”. Da quando ha ereditato il negozio, Laura Dreoni ha visto cambiare il suo pubblico: “I bambini sono sempre meno e, soprattutto, giocano per meno tempo. A otto anni non c’è più nessuno con un giocattolo in mano”. Così, la bottega storica ha seguito la tendenza delle grandi aziende: che siano minifigure, set di costruzioni o puzzle, quasi tutto richiama a serie tv o film degli anni ’80 e ’90. Ma c’è spazio anche per i giocattoli più tecnologici: “Se un genitore entra a comprare un drone, lo vuole potente perché deve giocarci più lui del bambino”, commenta col sorriso Dreoni. Che in negozio cerca di tenere un po’ di tutto: “Ci siamo dovuti allargare, perché i bambini si sono ristretti”. Strategie di sopravvivenza: "la camera delle meraviglie" Camminando, in centro a Milano, la vetrina di Old Toys non passa inosservata. Quadri, stampe, carillon, bambole fatte a mano, giocattoli in legno e mobili in faggio vaporato. “A Natale pensiamo ai giochi di luci: sembriamo la bottega di Babbo Natale, una camera delle meraviglie, mancano solo gli elfi”, scherza la proprietaria Michela Baccinetti. Che ha ereditato, assieme alla sorella, il negozio dal padre e dal nonno che lo aprì nel 1930. “Alcuni pezzi sono passati attraverso la guerra mondiale per finire a noi”. Ma anche Old Toys, per sopravvivere, è diventato altro. “Per noi è stata più una passione che una strategia – spiega la titolare – ma ora siamo un negozio antico tout courts, perché vendiamo elementi d’arredo di ogni genere. Le nostre bambole sono realizzate da ceramisti che le curano come si faceva nell’800. E lo spazio che dedichiamo al giocattolo rimanda sempre all’antico: macchinine degli anni ’50, treni degli anni ’40 e altre chicche”. Il pubblico è una nicchia, che compra perlopiù “per abbellire la casa”. E i clienti, ancora una volta, sono adulti: “Sono la maggior parte anche per noi – spiega Baccinetti – Ormai nel mondo dei giocattoli la massificazione è pazzesca: noi proviamo a fare qualcosa di diverso, ma siamo una mosca bianca”.